Festival Internazionale del Film di Cannes 2018 - Pagina 2

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Festival Internazionale del Film di Cannes 2018
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lo sanno tuttiIl 71mo Festival di Cannes si è aperto con la proiezione, fuori concorso, di Toto lo saben (Lo sanno tutti) girato in Spagna dall’iraniano Asghar Farhadi. Lo si è detto già molte volte: quando un autore si allontana dalle sue radici culturali difficilmente riesce a mantenere la lucidità che aveva dimostrato in passato. Questo regista si era imposto nel circuito internazionale soprattutto con A proposito di Elly (Darbārehye Elly, 2009) e Una separazione (Jodái-e Náder az Simin, 2011), il secondo dei quali ha vinto, nel 2012, il premio Oscar per il miglior film in lingua non inglese. Entrambi questi titoli offrivano uno sguardo originale sulla società a cui appartiene il regista e sulle trasformazioni in atto nella borghesia di quel paese. Due aspetti di grande interesse che non si ritrovano in quest’ultimo film in cui si racconta, a mezza strada fra la telenovela e il thriller, il dramma di alcuni proprietari terrieri che devono far fronte al rapimento, con richiesta di riscatto, della giovane figlia di una donna, da tempo emigrata in Argentina e là sposatasi, ritornata a casa in occasione del matrimonio di una sua quasi coetanea. Il crimine fa detonate contraddizioni e tensioni mai estinte. Il maggior proprietario terriero è stato un tempo fidanzato con la donna e la rapita è, in realtà, figlia sua. Interessi personali e tensioni economiche s’intrecciano portando al recupero della rapita e alla spogliazione economica del suo vero padre. Melodramma, meglio telenovela, s’intrecciano senza una base realmente definita e trovano un appoggio, in negativo, nell’interpretazione particolarmente fuori registro di un Javier Bardem che sembra comparire nel film col solo scopo di tenere compagnia alla moglie Penélope Cruz. In altre parole un testo inutile che affoga una prestazione registica, indubbiamente professionale, in una sequela di banalità, molte delle quali iper-prevedibili.
DombassSegei Loznitsa è un regista ucraino che ci ha dato molti titoli di rilievo, il penultimo dei quali, Austerlitz (2016) è stato presentato anche sui nostri schermi. Dombass è la sua ultima fatica e ha aperto la rassegna della prestigiosa sezione Un Certain Regard, Il film è formato da 13 episodi, ciascuno dei quali racconta un fatto accaduto in quella regione ad est dell’Ucraina, fra il 2014 e il 2015, storie che sono servite al regista da spunto per confezionare un lungometraggio i cui dati di maggiore interesse riguardano le sofferenze e le terribili condizioni di vita a cui sono costretti i civili. Anche se il cineasta non fa nulla per nascondere le sue scelte in favore degli ucraini e contro i miliziani appoggiati dai russi, al fianco dei quali combattono anche alcuni fascisti italiani, ciò che emerge con chiarezza è l’insensatezza dei massacri e la ferocia con cui sono condotti i combattimenti. I un paesaggio innevato capita che giornalisti e operatori televisivi siano uccisi senza alcuna pietà, donne, bambini e uomini siano costretti a vivere fra le macerie senz’acqua corrente o servizi igienici, mentre gli uomini al potere continuano a rubare e ad aumentare il proprio patrimonio personale. Tutto questo avviene nel cuore di un’Europa che, non da oggi, ha preferito voltare la testa dall’altra parte.  Un film che non nasconde le scelte di campo del suo autore, ma che ci offre abbondante materiale di riflessione.