02 Maggio 2018
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Festival Internazionale del Film di Cannes 2018 |
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Burning (Ardente) del sud coreano Lee Chang-dong racconta una storia d’amore fra una giovane povera affascinata dall’Africa e un disoccupato che ha una comunione infantile con lei. In mezzo a loro s’insinua un uomo ricco che ha come hobby quello di incendiare le serre semiabbandonate. I due giovani hanno una prima relazione amorosa in cui lei mostra per intero la sua disinibizione, poi, quando ritorna dall’Africa lo fa assieme a un ricco misterioso che diventa una sorta di ambiguo terzo incomodo fra loro. A un certo punto la donna scompare e il ragazzo senza lavoro, che nel frattempo ha ereditato una casa diruta e una mucca spelacchiata, è convinto che sia stato il benestante a ucciderla. Dopo vari incontri – scontri il ragazzo tende una trappola al ricco, lo uccide e ne brucia il cadavere assieme ai vestiti che indossava quando ha commesso il delitto. Nudo, alla guida di un furgone scassato, si allontana forse definitivamente rappacificato. Il regista utilizza la contrapposizione ricchi – poveri come una cartina di tornasole utile a individuale i conflitti sociali che caratterizzano il paese asiatico. Una nazione in cui lo scontro fra indigenti e abbienti è particolarmente forte. In questo il richiamo all’Africa e agli scontri fra poveri e poverissimi, assume un significato non trascurabile così come quello, visivo, fra gli appartamenti in cui abitano i protagonisti: diruti e minuscoli quelli dei due amanti, esageratamente grande e pacchiano quello del terzo incomodo. Il regista inserisce tutto questo in una storia d’amore che ha le caratteristiche di una passione sfrenata, senza che questo metta da parte la forza del quadro sociale.
Il secondo film italiano in concorso è stato Dogman di Matteo Garrone. È un testo rimarchevole che prende spunto, alla lontana, dalla vicenda criminale del cosiddetto Canaro della Magliana. Marcello è un toelettatore per cani che gestisce un negozietto miserabile in una periferia degradata. Contornato da colleghi non meno scalcinati alterna l’attività in insegna con quella di piccolo spacciatore di droga e complice occasionale di furti. Separato dalla moglie, le sue uniche passioni sono la figlia e i quadrupedi. Come i suoi vicini è angariato da Simoncino, un ex-boxeur che ha fatto della violenza una ragione di vita. Per lui ha scontato un anno di prigione rifiutandosi di denunciare il bruto alla polizia quando questi ha commesso un furto nel negozio di compra oro situato muro a muro con il suo esercizio. Quando esce di galera è scartato da tutti gli ex – amici, per cui è costretto a chiedere al violento la sua parte di bottino ricevendone un netto rifiuto. Infuriato gli vandalizza la moto, a cui il bruto tiene più che agli esseri umani. La risposta è un pestaggio in piena regola alla presenza di tutti quelli che abitano nel quartiere. A questo punto il lava cani ha raggiunto il limite della sopportazione e reclama vendetta. Attira Simoncino in una trappola, lo strangola e ne brucia il cadavere. È un film di gande forza immerso in un’atmosfera piovosa e cupa del tutto consona ai caratteri dei personaggi che mette in scena. Non è solo la storia della vendetta di un umile nei confronti di un prepotente, è anche il quadro drammatico di una condizione umana abbruttita oltre il limite della bestialità. In altre parole un film importante, stilisticamente molto elaborato che si colloca ai massimi vertici del nostro cinema.
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