50° SITGES Festival Internacional de Cinema Fantàstic de Catalunya

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50° SITGES Festival Internacional de Cinema Fantàstic de Catalunya
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1232371131In un momento abbastanza tormentato della storia catalana si sta per inaugurare uno degli eventi culturali che vanta il primato mondiale del cinema fantastico: il Festival Internacional de Cinema Fantàstic de Catalunya (Sitges) che compie cinquant’anni. Esordì nel 1968 con la proiezione di Aelita (1924) di Yakov Protazanov, classico film sovietico di fantascienza, e tenne a battesimo registi quali Sam Raimi e Quentin Tarantino, attori come Anthony Hopkins, Jodie Foster, Fay Wray, Max Von Sydow. Quest’anno   si tiene dal 5 al 15 ottobre nella città modernista di Sitges, località balneare dove ottobre è ancora estate, a una quarantina di chilometri a sud di Barcellona. E il Gran Premio Honorìfico del Festival andrà a Susan Sarandon, che sarà presente insieme con Frank Langella, William Friedkin, Udo Kier, Dario Argento, Robert Englund, Lamberto Bava, William Lustig e molti altri. Sergio Martino, popolare regista italiano, riceverà il Premi Maria Honorìfica.

E c’è da dire subito che gli appassionati di cinema fantastico incontreranno qualche difficoltà a scegliere i film da vedere durante undici giorni considerando che il catalogo contiene 255 lungometraggi, più alcune serie Tv e 27 lavori di realtà virtuale del Centro Cultural Miramar, l’entrata è gratuita, della sezione Samsung Sitges Cocoon dove figura anche il corto italiano Dreams of Blue di Valentina Paggiarin. Sarà invece una festa per i direttori dei Fantafestival di tutto il mondo che qui si danno convegno per selezionare gran parte dei film da inserire nei loro cataloghi. Maestro di cerimonia, il regista messicano Guillermo del Toro che a Sitges è di casa. Vi esordì nel 1993 col suo primo film, Cronos, e vi ha presentato tutti i suoi film oltre a una memorabile Master Class e a numerosi incontri con gli spettatori. Il suo film, premiato a Venezia, La forma del agua, sarà il titolo d’inaugurazione. Doppia invece la chiusura che si terrà nell’Auditori col film irlandese The Lodgers di Brian O’Malley, mentre il famoso gruppo La fura dels Baus ha preparato uno spettacolo fantastico che si terrà nello spazio dinanzi all’emblematica chiesa di Sitges. Dal 5 al 15 i film saranno principalmente presentati nell’Auditori del Melià (1.500 poltrone) dalle 08.30 alle 03.00 e in altre quattro sale oltre a tre spazi gratuiti. Molte le manifestazioni collaterali incluse sei mostre a cominciare da Ink of Dracula: A Comic Tribute, omaggio a quello che è il leit motiv di Sitges 2017, e concludendo con Casa Bacardi dove 16 artisti rielaborano in chiave fantastica sette copertine della celebre rivista Fotogramas. Da non dimenticare i libri che saranno editi per il 50° anniversario da Sitges 50 años celebrando la oscuridad alla biografia di Bram Stoker Algo en la sangre di David J. Skal. Delle otto giurie internazionali, in relazione a otto differenti sezioni del fantastico, da citare almeno quella della sezione ufficiale, presieduta dal regista statunitense Gary Sherman e composta da David J. Skal (scrittore), Hattie Yu (produttrice), Nick Antosca (scrittore), Alberto Marini (regista).


indexSenza privilegiare alcuna sezione, i primi film visti al Festival vengono dall’Oriente. Il più sgangherato, ma non per questo meno interessante, è l’opera prima del regista indiano Shanker Raman, già direttore della fotografia e sceneggiatore. Gurgaon, titolo del film e nome della città dove si svolgono i fatti, dura 107 minuti. Kehri Singh, giovanotto ambizioso e capo di una banda di giovani criminali, vorrebbe costruire un centro commerciale, residence e alberghi, su un terreno di proprietà della sorellastra. In debito con un’altra banda, Kehri chiede al padre di finanziare il progetto, e soldi per saldare i conti. Il padre, però, lo considera frustrato e senza idee, e preferisce sostenere il progetto della figliastra architetto che ha disegnato un centro educativo. Privo si scrupoli e di sentimenti, Kehri decide di far sequestrare la sorellastra e di chiedere un riscatto al padre. Determinato, ma incapace, assolda uno sbandato che, con l’aiuto del fratello, rapisce la ragazza. Il fratello complica il lavoro del rapitore che dà fuori di testa, aggredisce un addetto al traffico e viene ferito. Il padre chiede a suo fratello di consegnare il denaro per il rilascio della ragazza e la faccenda si complica. Il racconto ondeggia tra presente e passato, illustrando il senso di colpa del padre che si era liberato di una figlia indesiderata seppellendola viva e per questo rompendo qualsiasi relazione col fratello. Poi un indovino gli aveva detto che l’unica via per ritrovare la pace era quella di adottare una figlia, e da allora la figliastra è diventata la luce dei suoi occhi. Lasciando scoprire allo spettatore scontri, uccisioni, sotterfugi, violenze e ribaltamenti di campo, va detto che il film si avvale di un ritmo narrativo sostenuto e che è disseminato di spunti divertenti, la maggior parte sfuggiti al regista.
Per quanto ambientato a Copenhagen e diretto da Fenar Ahmad, nato nel 1981 in Cecoslovacchia, darkland dk-39724480-Underverden (Darkland) mette a fuoco lo scontro tra bande armate di arabi di prima e di seconda generazione. Protagonista è Zaid, rinomato chirurgo, sposato e in attesa di un figlio, il quale si rifiuta di pagare i debiti che il fratello Yasin ha contratto con una banda. Ha una festa in famiglia e dice al fratello di parlarne il giorno dopo. Sarà troppo tardi. Davanti al cadavere del fratello, Zaid è oppresso da un profondo senso di colpa e decide di vendicare la sua morte. Dice alla moglie di doversi trattenere in ospedale, e spostandosi di notte in motocicletta porta scompiglio e morte nella banda criminale. Il film dura 113 minuti e illustra un serrato gioco di massacro che si svolge dall’inizio alla fine con continui ribaltamenti di campo e con un giustiziere che si gioca tutto per compiere la sua vendetta.
index1Se i fan non dovessero rimaner soddisfatti dei crimini e delle violenze dei due film appena citati, tanto varrà vedere il sudcoreano The Villainess, quarto film di Jung Byung-gil di 129 minuti che offre un centinaio di morti violente nei primi dieci minuti. Il film, che era fuori concorso a Cannes, narra la vicenda di una ragazza addestrata fin dalla pubertà ad assassinare senza pietà. Assoldata dal capo del servizio informazioni, accetta di servire per dieci anni in cambio di un vitalizio e di una nuova identità alla scadenza del contratto. Senonché due uomini del suo passato la ritrovano sotto la falsa identità e le cose non andranno come previsto. Girato con larghi mezzi, lo spettacolo è assicurato, ma stiamo parlando di morti violente!


Cold-Skin-new-PosterNel diluvio di film che in questi giorni ha invaso il Festival da notare Cold Skin (Pelle fredda) che il francese Xavier Gens, al suo quarto film, ha tratto dal romanzo di Albert Sànchez Piñol. Interpretato da David Oakes, Aura Garrido e Ray Stevenson, dura 108 minuti e incontra il favore del pubblico e della critica. Narra di un giovane meteorologo che nel 1914 sbarca su un’isola vicino al Circolo Polare Artico e al di fuori delle rotte commerciali. Deve sostituire un anziano ufficiale e studiare venti e maree. Sull’isola, però, c’è soltanto il guardiano del faro che sostiene di essere l’unico sopravvissuto a un’epidemia di tifo. Sebbene il capitano gli consigli di tornare a bordo, il giovane decide di fermarsi per un anno. E presto capirà perché lo scorbutico guardiano ha eretto barriere di difesa intorno al faro. Di notte, creature marine dalle sembianze umanoidi assaltano la sua casa costringendolo a rifugiarsi nella cantina. E a partire dal giorno seguente sarà ospite del guardiano. La solitudine sull’isola fa pensare a Robinson Crusoe, ma qui i protagonisti sono tre: il giovane, il guardiano e una creatura marina di sesso femminile, salvata dall’anziano del quale è diventata serva e amante. Per larga parte il film illustra la strenua difesa dei tre dagli assalti notturni delle creature del mare fino a quando, dopo una strage provocata da candelotti di dinamite, il giovane incontra gli alieni al tramonto. Dimostrano di secernere il bene dal male e di essere pronti per una pacificazione con gli invasori, ma il guardiano non ci sta. Ben descritti i caratteri dei protagonisti e lo scontro tra generazioni in un racconto serrato in una landa desolata che ancora una volta pone il problema dello straniero. L’alieno, chi è?
1493387022494 0570x0400 1493387058610Pochi anche i personaggi dell’opera prima di un ingegnere spagnolo, Andrés Goteira, che in Dhogs, contrazione di Dogs + Hogs, descrive scene di violenze urbane partendo da una giovane donna in un bar dove consuma un drink e in maniera simpatica e spavalda provoca un manager che le siede accanto. Vanno in albergo per una relazione consenziente, poi lui si prepara per la notte e lei prende la strada di casa. Senonché un brutto ceffo la sequestra, la carica su un camioncino e la porta fuori città. Dopo una sosta a una pompa di benzina dove una madre astiosa tiranneggia il figlio, il rapitore porta la ragazza in una radura e scava una fossa. Poi le punta un’arma da fuoco: la ragazza è terrorizzata, ma si dà il caso che un cacciatore, rattristato dalla malattia del suo cane, passi poco distante. Interpretato da Melania Cruz, Miguel de Lira, Antonio Duràn Morris, il film dura 86 minuti e segue il percorso della protagonista, una spirale di violenze, sul quale si inseriscono nuovi personaggi. Spesso le scene, interni ed esterni, sono corredate da immagini di un pubblico che assiste silenzioso, e al quale vengono servite le schermaglie dell’approccio sessuale, il film nero e il western.
MV5BNGNlNWY4OWYtNTgwYy00Y2NjLTk0YzYtMDIyNmU3MmZjZTUxXkEyXkFqcGdeQXVyNDg4MzI5Ng. V1 UY1200 CR11606301200 AL E per chi desiderasse scene più violente, nella sezione òrbita è passato un film proiettato a mezzanotte a Cannes: A Prayer before Dawn (Una preghiera prima dell’alba) di Jean Stéphane Sauvaire. Prende spunto dalla autobiografia del pugile britannico Billy Moore, incarcerato in Tailandia per tre anni per spaccio di droga. Durante 117 minuti vengono descritte le violenze viste in molti film di carattere carcerario, maggiorate dalle pessime condizioni del famigerato carcere Klong Prem di Bangkok e dal fatto che Billy Moore era un occidentale inserito in un gruppo di criminali locali. Interpretato da Joe Cole, il film si chiude con un atto di redenzione, ma c’è da soffrire per un paio d’ore!


Have a Nice Day film poster.jpegEra in concorso alla Berlinale ed è stato inserito nella sezione ufficiale del 50° Festival un film che sembra fare il verso a Quentin Tarantino. Have a nice Day (Abbia una bella giornata) di Liu Jian, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Nanchino, è un film d’animazione di 77 minuti. Il movimento delle immagini non è il suo pregio maggiore, ma la caratterizzazione dei personaggi, le atmosfere dei paesaggi urbani e il ritmo sostenuto nell’illustrazione di una contorta storia di assassini a contratto, gangster e sbandati, lasciano il segno. Non nuova la storia, ma ben congegnata nel raccontare il furto di un milione di yuan operato da un dilettante, scippato poi da personaggi incompetenti che non sanno che si tratta di denaro della malavita che interviene con altri metodi. Liu Jian, che nel 1910 aveva girato l’interessante Piercing 1, ha realizzato un film nero intriso di spunti divertenti che rende omaggio alle nuove tecnologie e che mostra un volto nuovo della Cina capitalista!
Dalla Cina all’Europa, due film che mettono a fuoco il conflitto padre - figli attraverso vicende paranormali. Il danese Joachim Trier, formatosi alla England’s National Film School, e alla thelma-postersua quarta regia, ha presentato Thelma, storia di un adolescente che inizia studi di biologia all’università allontanandosi per la prima volta da casa e da un padre possessivo, medico e cattolico osservante. Un attacco epilettico durante una lezione spinge la ragazza a indagare sul suo passato, a scoprire la nonna, creduta morta è rinchiusa in un sanatorio e a far emergere strani avvenimenti della sua infanzia, dalla scomparsa del fratellino in fasce all’incidente che ha costretto sua madre su una sedia a rotelle. Trasgressioni quali bere alcolici con altri studenti e l’attrazione per una collega di corso la spingono anche a mentire al padre che la controlla telefonicamente. Il conflitto generazionale deflagra perché se da una parte si ha la sensazione che i genitori vogliano liberarsi della figlia che alberga il male, dall’altra, la protagonista si rende conto di essere vittima di un’educazione repressiva. Interpretato da Eili Harboe, il film dura 116 minuti e sembra voler dimostrare in maniera tecnica le tesi sostenute.
e7bafc88c2e262ba4f9e6d14d6858211Dalla Polonia il regista Kuba Czekaj che nel 1915 portò a Venezia il suo primo film, Baby Bump, ha presentato Kròlewicz Olch (The Erlprince) sul rapporto ambiguo madre figlio. Lui ha quindici anni, il padre è assente, la madre lo controlla in maniera ossessiva. Dotato di una mente prodigiosa, il ragazzo dovrebbe, secondo sua madre, partecipare e vincere un concorso con un premio di 10mila euro, nel quale spiegare come sia possibile la connessione tra universi paralleli mediante l’impiego della luce. Niente da fare: l’adolescente non ha alcuna intenzione di crescere, si sente in conflitto con la madre che ama, e sfugge alla realtà rifugiandosi in poemi che parlano del figlio del re degli elfi. Quando interviene il padre, che lavora al bioparco dando da mangiare ad animali feroci, e che non gode delle grazie della moglie, la faccenda si complica. Il ragazzo lascia a metà l’esposizione della sua tesi sulla connessione dei pianeti e scappa su un’auto che finirà galleggiando su un lago. Tre gli attori protagonisti: Stanislaw Cywka, Agnieszka Podsiadlik, Sebastian Lach. Il film dura 101 minuti e ondeggia tra i sogni dell’adolescente, accenni di musica heavy, e scontri quotidiani madre figlio tra risentimenti e segni di un adombrato incesto. Alcuni spettatori hanno lasciato la sala durante la prima mezz’ora di proiezione. 


salyut 7-698488634-largeKlim Shipenko è un Russo che ha studiato in California è tornato in patria per girare un film sui due astronauti sovietici, Vladimir Dzhanibekov e Viktor Savinykh, che riuscirono a mantenere in orbita la navetta spaziale Salyut – 7 destinata a schiantarsi sul nostro pianeta. Sulla scia di classici americani quali Apollo 13 o Gravity, il racconto si apre col ritorno in Terra di un astronauta accusato di una distrazione, e del suo allontanamento dalla ricerca spaziale. Cosa che permette al regista di descrivere quadri della sua vita familiare e di quella di altri cosmonauti, ma un guasto imprevisto alla navicella in orbita spinge il comandante della missione a richiamarlo in servizio perché ritiene che sia l’unico capace di sbrogliare la matassa. Niente obbliga l’ufficiale a tornare nello spazio ma lui accetta volentieri e parte con un collega per una missione impossibile che invece risolverà con successo. Il film dura un paio d’ore e si svolge con la tensione di un thriller o di un western, mostrando inconvenienti e imprevisti di un’operazione di salvataggio con almeno quaranta minuti girati nello spazio a gravità zero.
Di spazio si parla anche nel film del maestro giapponese Kiyoshi Kurosawa, Sanpo suru shinryakusha (Prima di scomparire), ma di uno spazio dal quale giungono alieni che vorrebbero cancellare gli umani dal pianeta. E’ un film lungo, 131 minuti, ed è girato completamente in un contesto urbano. Il marito della giovane Narumi fa ritorno a casa dopo essere Yocho Sanpo Suru Shinryakusha Gekijobanscomparso per qualche giorno. E’ cambiato. Non riconosce la porta di casa. E’ più gentile e più distaccato nei rapporti con la moglie che lo ritiene non del tutto in salute. Nello stesso tempo una famiglia viene assassinata. Indagando, un giornalista entra in contatto con un ragazzo che sostiene apertamente di essere un alieno venuto in Terra per capire come far sparire il genere umano. Nella psicosi generale di un’invasione dallo spazio, Narumi comincia a sospettare che suo marito sia un alieno. In una triangolazione tra la giovane donna e suo marito; il giornalista e due giovanissimi alieni; il ministro degli interni e i suoi agenti, il regista quasi si diverte nel mostrare una popolazione preoccupata e disperata che si riversa negli ospedali, concludendo nel finale che un male imprevisto e incontrollabile spinge i cittadini a chiedersi cosa hanno e cosa non hanno e a che punto della propria vita si trovino.
823da01886a0d95e00f12d982c5bb3e1Sempre rimanendo in Oriente, ma questa volta in mezzo a umani molto più spietati e più sadici degli alieni, incontriamo l’anteprima europea del film sudcoreano MI-OK (Una signora speciale) dell’esordiente Lee An-kyu. Ragionevole la durata, 90 minuti, ma in quanto a violenze supera il già citato The Villainess. Hyun-jung è una splendida bionda, che sa di arti marziali e di armi. Prostituta all’origine, è ora ai vertici di un’organizzazione criminale, e conserva registrazioni di relazioni sessuali di personaggi importanti che la rendono inattaccabile. Quando però si viene a scoprire che durante la sua breve permanenza in carcere ha avuto un figlio, anche lei diventa vulnerabile. In primo piano il rapporto contrastato con l’avvocato della banda, Dae-sik, di collaborazione manageriale e criminale ma anche di sentimenti non condivisi perché lei lo respinge, e quello col padre del figlio, anche se i rapporti personali servono soltanto da traccia nella descrizione di efferati scontri quotidiani dove mettere il concorrente nel cemento o farlo sbranare dai cani è pratica comune. Da citare almeno la protagonista, Kim Hye-soo, che nel 2010 interpretò Home Sweet Home. 


El-Habitante-posterIl Festival ha tenuto a battesimo l’anteprima mondiale del terzo film dell’uruguaiano Guillermo Amoedo, El habitante (L’abitante). Poco più di novanta minuti per raccontare la disavventura di tre sorelle che di notte s’introducono nella villa di un senatore per appropriarsi di una consistente somma di denaro. Il politico ne è entrato in possesso perpetrando una truffa truffando. Le sorelle, che ne hanno disperatamente bisogno, sentono anche di commettere un atto di giustizia sociale. E il colpo sta per riuscire: hanno legato moglie e marito, hanno preso i soldi e si avviano verso l’uscita quando odono gemiti provenienti dalla cantina. Scoprono una ragazza legata a un letto e con apparenti segni di tortura. La liberano e la mostrano al senatore che tenta di dire che la figlia è malata e che quello è l’unico modo per curarla. Prendano pure i soldi e che se ne vadano, ma lascino a lui la cura della ragazza. Le sorelle, però, vogliono vederci chiaro e incappano in una vicenda più grande di loro che le travolgerà. La ragazza, infatti, è indemoniata. Assumerà molti aspetti e le coinvolgerà in un gioco di morte. Prodotto dal Messico e interpretato da Maria Evoli, Vanesa Restrepo, Natasha Cubria, il film si avvale della tensione derivante dal pericolo incombente in un ambiente chiuso e dalla determinazione delle sorelle di ergersi a paladine del bene in uno scontro che le vede invischiate nella lotta in famiglia tra genitori consapevoli e una figlia posseduta dal male.  
http  media.cineblog.it e e4f a-ghost-storyAmbiente chiuso anche quello di A Ghost Story (Storia di un fantasma) del regista texano David Lowery che torna con i suoi due protagonisti di In un posto senza legge, Casey Affleck e Rooney Mara. L’attore, però, si vedrà molto poco perché muore dopo la prima scena, a letto con la moglie, e reciterà poi sotto un lenzuolo. Il film, di 93 minuti, è girato nel formato quadrato delle origini del cinema, e narra la solitudine del fantasma che non può uscire dalla casa e che assiste, senza esser visto, alle azioni quotidiane della sua vedova. Molte le scene fisse con riprese in tempi reali, e molti gli spettatori che hanno lasciato la sala durante la prima mezz’ora di proiezione. Per chi è rimasto, da rilevare l’originalità del fantasma che nessuno vede e che lo spettatore segue nei suoi movimenti indovinando i sentimenti che il lenzuolo nasconde.
MV5BZmZjYmZkMTctNDg3YS00MWMzLTlmYzgtNTg0ZjE5M2U5NTc2L2ltYWdlXkEyXkFqcGdeQXVyMjk5MjEwNTQ. V1 UY1200 CR10706301200 AL Novembre è il mese dei morti, e il regista estone Rainer Sarnet lo celebra ispirandosi al romanzo popolare Rehepapp del suo conterraneo Andrus Kivirähk. Girato in bianco e nero in un paesaggio innevato, November è ambientato all’inizio Ottocento in una campagna dai rituali pagani dove sembrano convivere uomini e lupi, vivi e morti, streghe e sacerdoti, e strani oggetti animati che intervengono nelle questioni quotidiane. Dura 114 minuti e si apre in una sorta di caos medievale con personaggi sudici e affamati che devono proteggersi dal duro inverno, che vivono nel timore della peste e che spesso rubano per sopravvivere. Molti vendono l’anima al diavolo e creano fantocci simili a totem che devono proteggerli. Così fa il giovane Hans, invaghito da una nobile che vive nel castello, e che finirà per incontrare Liina, la fanciulla del villaggio che lo ha sempre amato, ma non potrà esserci amore senz’anima. Il demonio la reclama: Hans muore e Liina lo raggiunge sul fondo del lago. Questo per sommi tratti il filo conduttore del film che mette in scena molti personaggi, la cui descrizione diventa lineare nella seconda parte della storia. Rea Lest, Jörgen Liik, Heino Kalm sono tre dei protagonisti di un testo singolare, corredato da splendide immagini in bianco e nero, da un sorprendente montaggio e da una sapiente fotografia (Mart Taniel). La produzione è firmata da Estonia, Olanda e Polonia.


459922Nella sezione Fantàstic Orbita del Festival un thriller francese, La prochaine fois je viserai le coeur (La prossima volta mirerò al cuore), terzo film dello scrittore e regista Cédric Anger. Interpretato da Guillaume Canet e Ana Girardot, rielabora avvenimenti sanguinosi verificatisi tra il 1978 e il 1979 nel nord della Francia. Una regione rurale è sotto shock per l’assassinio di adolescenti, freddate con colpi di pistola. Polizia e gendarmeria si occupano del caso. Difficile però la cattura del colpevole perché l’assassino psicopatico è anche un gendarme modello. Frank infatti ha due volti, quello dell’omicida freddo e spietato quando è colto da crisi che non riesce a controllare, e quello rigoroso e obbediente quando è in servizio. Il regista gioca a carte scoperte rivelando fin dalle prime scene l’identità dell’assassino, tuttavia la tensione nel moltiplicarsi dei delitti è data dall’attesa di un errore che lo possa tradire. Il film illustra anche il tentativo di relazione sentimentale del protagonista con una ragazza semplice. Lei però gli nasconde qualcosa, e provoca reazioni schizofreniche nel giovane. Per l’interpretazione, Guillaume Canet è stato candidato ai Premi César, segnalazione meritata per la tenuta di un film di 111 minuti tra notti ghiacciate e giorni senza sole.   
affiche-frankensteinNella sezione ufficiale due film che si ispirano a temi classici. Di Bernard Rose, regista di Candyman, un Frankenstein prodotto da Usa e Germania. Dura 89 minuti, si svolge a Los Angeles e tenta un approccio realistico pur all’interno del tema fantastico. Creato in laboratorio, un giovane di bell’aspetto ma con la mentalità di un neonato, Adam, si affeziona a una dottoressa. Però, qualcosa non funziona nell’esperimento, Adam si copre di vesciche e di bubboni, e gli scienziati tentano di eliminarlo. Lui scappa, insanguinato e seminudo, e sulla strada conquista l’affetto di un cane lupo. Dopo la scena del salvataggio di una bambina, che la polizia interpreta come tentativo di assassinio, è selvaggiamente picchiato dagli agenti e ritenuto morto. Risvegliatosi sotto coperto di ghiaia si trascina sotto i ponti dove stringe amicizia con un chitarrista cieco che gli insegna a parlare. Altre incomprensioni e altri disastri sono descritti in maniera quasi realistica fino a una chiusura di stampo romantico. Niente di nuovo sotto il sole, ma un’interpretazione personale e moderna del classico di Mary Shelley.  
miss-hokusai-sarusuberi-miss-hokusai-year-2015-japan-director-keiichi-F65T4BClassica anche la figura del pittore giapponese Katsushika Hokusai che visse a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo. Ora il famoso regista di film d’animazione Keiichi Hara, (Shin Chan, Colorful), racchiude in novanta minuti il manga di culto di Hinako Sugiura Sarusuberi, sulla vita di una delle quattro figlie del pittore, O-Ei, l’unica che ereditò il talento artistico del padre. Miss Hokusai è ambientato nell’antica Edo, oggi Tokyo, e descrive attraverso i cambi di stagione la vita di una donna che tenta di imporsi in un mondo decisamente maschile, l’attenzione per la sorella cieca, le relazioni amorose, e i dissidi col padre. I conflitti nascono dall’impulsività di una donna che tenta di ritagliarsi uno spazio d’artista e il maestro che agisce in relazione alla propria esperienza e al proprio successo. Inoltre il pittore temeva malattie e infezioni: lasciò a O-Ei la cura della figlia cieca e si allontanò dalla moglie. Film per appassionati ma anche rievocazione dei quadri del pittore spesso riproposti sotto l’aspetto accattivante del cinema d’animazione.


a martfui rem strangled-684729593-largeNon solo fantasmi, eroi spaziali e universi paralleli sugli schermi del Festival, ma anche thriller, commedie nere e detective story. Tirando fuori gli scheletri dagli armadi, l’Ungheria ha presentato A Martfüi Rem (Strangolato) di Arpàd Sopsits che aveva esordito nel 1989 con Shooting Gallery. Due ore per raccontare vicende avvenute dopo i fatti rivoluzionari del 1956, imperniate sulla ricerca di un serial killer di giovani donne in un piccolo paese noto soltanto per la sua fabbrica di scarpe. Il problema, oltre a quello degli omicidi, era rappresentato dalla nomenclatura del regime che non ammetteva errori nel suo operato. Quando si verificarono altri omicidi, parve chiaro a molti che da sette anni nel carcere di Martfüi era stato rinchiuso un innocente. Soltanto la nomina di un giovane detective portò alla riapertura del caso, ma nessuno volle cooperare col giovane e molti lo minacciarono. Il regista mette in evidenza funzionari preoccupati unicamente della propria carriera, un giovanotto deciso a portare a fondo il suo incarico e uno psicopatico che non violenta le sue vittime. Girato in larga parte con scene notturne dove il carnefice miete le sue vittime, il film si avvale di un ritmo narrativo sostenuto che in parte compensa la lunghezza del racconto.
matar a dios-273300725-largeNella sezione ufficiale una commedia nera di novanta minuti, un esordio nel lungometraggio firmato da due spagnoli, Albert Pintò e Caye Casas. S’intitola Matar a Dios (Uccidere Dio) e si apre con uno strano personaggio, anziano, straccione e prepotente. In una casa isolata dove un marito geloso deride la moglie durante la preparazione del cenone di fine anno, e mentre aspettano la visita del padre e del fratello della donna, il vagabondo s’introduce nell’abitazione e occupa il bagno. Si manifesterà quando i quattro saranno a tavola, e con fare deciso affermerà di essere Dio, che l’umanità sta per estinguersi e che due dei quattro morranno prima dell’alba. Increduli dapprima, poi timorosi, i quattro pendono dalle labbra dello sconosciuto che servono con molto rispetto fino a quando un segno di debolezza provoca la rivolta e alcuni ferimenti. Bravi gli attori, Eduardo Antuña, Itziar Castro, Boris Ruiz, tanto che il pubblico ha riso molto durante mezz’ora. Poi il tono è cambiato e pur navigando sulla falsariga della tragicommedia i protagonisti sembrano seguire imbambolati il percorso tracciato dallo sconosciuto.
Lasciate abbronzare i cadaveriSempre nella sezione ufficiale, ancora due firme per un film prodotto da Belgio e Francia: Laissez bronzer les cadavres (Lasciate abbronzare i cadaveri) di Hélène Cattet e Bruno Forzani. Gioco di massacro dove la confusione regna totale, si svolge in un paio di case diroccate su un promontorio davanti al Mediterraneo dove lo scrittore Bernier è ospite dell’artista Luce e di una banda di criminali. Dopo un furto di lingotti d’oro e dopo l’arrivo della famiglia di Bernier, un paio di poliziotti s’introducono tra le rovine e ha inizio uno scoppiettare di armi da fuoco, ferimenti e tradimenti in un continuo cambiamento di fronti dove non si sa più che è contro chi, ma di pallottole vaganti ce ne saranno per tutti i novanta minuti della durata del film.


 I premi

jupiters-moon-stillIl 50° Festival si è concluso in pompa magna con due differenti luoghi di premiazione e con due diversi spettacoli di chiusura. Mentre il gruppo teatrale La Fura dels Baus si esibiva davanti alla chiesa di Sitges, un’icona del Festival, nell’Auditori veniva proiettato The Lodgers (Gli inquilini) dell’irlandese Brian O’Malley, una vicenda di orrore gotico ambientata nell’Irlanda rurale d’inizio Novecento.
Questa di Sitges 2017 è stata un edizione monstre con 255 lungometraggi in dieci giorni che, a due giorni dal Gala di chiusura, aveva già registrato un aumento del 10 % della vendita dei biglietti. Con più di dodici sezioni e con ben nove differenti giurie, ha elargito una montagna di premi. E sarà bene cominciare da quelli della sezione ufficiale di Sitges Fantàstic 2017, assegnati dalla giuria presieduta dal regista statunitense Gary Sherman.
Miglior film e anche premio per i migliori effetti visivi, l’ungherese Jupiter’s Moon (Luna di Giove) di Kornél Mundruczò, già in concorso a Cannes.
Premio speciale della giuria e premio per la migliore sceneggiatura a Thelma di Joachim Trier.
Il premio di regia è andato al violento film di Coralie Fargeat, Revenge (Vendetta) che ha ottenuto anche il Premio Citizen Kane alla migliore opera prima.
Il premio d’interpretazione femminile è stato assegnato a Marsha Timothy, protagonista di Marlina the Murderer in four Acts (Marlina omicida in quattro atti) di Mouly Surya, già alla Quinzaine di Cannes. Quello d’interpretazione maschile è andato a Rafe Spall, protagonista di The Ritual (Il rito) di David Bruckner.
Il premio per la migliore fotografia è stato assegnato a Andrew Droz Palermo per il film A Ghost Story (Storia di un fantasma) di David Lowery, che ha vinto anche il premio della sezione Jurat Carnet Jove.
Matar a Dios (Uccidere Dio), opera prima degli spagnoli Albert Pintò e Caye Casas ha vinto il premio del pubblico. Il loro corto R.I.P. ha vinto il premio della sezione ufficiale.
Di seguito alcuni premi delle altre giurie.
Focus Asia. Miglior film: A special Lady (Una signora eccezionale) di Lee An-kyu.  Menzione speciale per Marlina the Murderer in four Acts.
Órbita. Gun-ham-do, The Battleship Island: Director’s Cut, (Hashima Island)  di Ryoo Seung-wan.
Panorama fantàsticCreep 2 (Brivido 2) di Patrick Brice.
Panorama Documenta78/52 di Alexandre O. Philippe.
Noves Visions OneDave made a Maze (David costruisce un labirinto) di Bill Watterson.
Noves Visions PlusDawson City: frozen Time (Dawson City: il tempo tra i ghiacci) di Bill Morrison, film presentato a Venezia.
Noves Visions Petit Format. Miglior corto Hoissuru di Armand Rovira.
Il premio della critica, José Luis Guarner è stato assegnato ex-aequo al film brasiliano As boas maneiras (Le buone maniere) di Marco Dutra, che era anche a Locarno, e a un film di Cannes, The Killing of a sacred Deer (L’uccisione di un cervo sacro) di Yorgos Lanthimos.
Miglior Film DiscoveryBrigsy Bear (Le avventure di Brigsy Bear) di Dave McCary.
E il film candidato per il Méliès d’argento è Thelma di Joachim Trier.