28° Festival Cinéma Méditerranée di Montpellier - Pagina 2

Stampa
PDF
Indice
28° Festival Cinéma Méditerranée di Montpellier
Pagina 2
Pagina 3
Pagina 4
I premi
Galleria fotografica
Tutte le pagine
Image
Come l'ombra
La giuria dei critici ha assegnato il premio a sua disposizione, il secondo per importanza nel palmares del festival, a Come l’ombra di Marina Spada. E' un film povero di mezzi, ma di gran valore inventivo ed intellettuale. L’impiegata di un’agenzia di viaggi studia il russo con un insegnante che viene da Kiev. Il docente - per il quale lei prova una certa attrazione, ma che conduce un’esistenza misteriosa - le chiede di ospitare una supposta cugina, che arriva a Milano senza alcun appoggio. Lei accetta a malavoglia, poi riesce a stabilire un rapporto molto umano, quasi erotico, con la bella ucraina. Un giorno la straniera scompare, lasciando in casa tutto ciò che possiede. Qualche tempo dopo la polizia ne ritrova il cadavere. La donna è preda di una sorta d’ossessione, ma anche affascinata dà un fatto che da un senso nuovo ad una vita solitaria e triste.
Con questo spirito parte alla ricerca della scomparsa, un percorso che la porterà a prendere un autobus per la capitale ucraina. Il film, segnato da molti omaggi – influenze al cinema di Michelangelo Antonioni, soprattutto a La notte (1961), e a quello d’Ermanno Olmi, appartiene a quel genere d’opere capaci di costruire una forte tensione psicologica ed emotiva partendo da fatti, gesti, immagini quotidiane. Un testo davvero sorprendente per maturità e stile.Veniamo ora ad una rapida panoramica degli altri film in concorso.
Image
Posto di frontiera
Karaula (Avamposto di frontiera) del croato Rajko Grlic porta sullo schermo un racconto del giovane scrittore Ante Tomic. Il film è ambientato sulle sponde del lago Ohrid, in Macedonia, nella zona di frontiera con l’Albania. Qui, nella primavera del 1987, vivacchia una guarnigione il cui compito è tenere d’occhio una possibile invasione nemica, un compito noioso e inutile – gli albanesi non tenteranno mai d’invadere la Jugoslavia – che i coscritti assolvono condendosi frequenti scappatelle con le ragazze locali e badando più la buon cibo, al bere e al fumo che non agli impegni militari. Il piccolo distaccamento è agli ordini di un tenente ubriacone e ringhioso che, un giorno, è costretto a cercare l’aiuto di uno studente di medicina che sta adempiendo al servizio militare obbligatorio.
L’ufficiale soffre di una malattia venerea e non sa come fare. Il soldato approfitta della situazione per prendersi frequenti permessi nella vicina città, dove intreccia una relazione con la moglie insoddisfatta del superiore. La donna progetta di fuggire con l’amante, ma questi non ha alcuna intenzione di trasformare un legame occasionale in una relazione stabile. Il finale è tragico con la morte della fedifraga e l’arresto del graduato che sì e ribellato ad un superiore vanesio. Il film si muove sul crinale tipico del cinema balcanico post Emir Kusturica, come dire un miscuglio di violenza, ironia, disperazione. E’ un’opera che naviga fra grandi bevute, sesso, irriverenza e timore verso il potere e indifferenza ai valori conclamati dal sistema. Lo stile non è troppo originale, le trovate registiche latitano e la storia non evita le cadute nella prevedibilità, ciò nonostante il quadro rappresenta bene un universo sull’orlo del collasso, un paese che la morte di Tito, avvenuta otto anni dei prima i fatti raccontati, sta avviando alla disgregazione.