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hors le mursDue titoli interessanti e difficili proposti per la sezione This is the End dedicata a un modo diverso di intendere il tema morte, il primo parla della fine di un rapporto, il secondo dell’incapacità di staccarsi da un caro che è deceduto convivendo col suo spirito e maturando piano piano il lutto. Hors les Murs (Fuori le mura) è opera prima del regista belga David Lambert. Con grande delicatezza, anche se con scene di vera passione, racconta una vicenda di acquisto della coscienza della sua omosessualità per un giovane musicista. Paulo è un pianista che lavora alla Cineteca di Bruxelles, eseguendo gli accompagnamenti musicali dei film muti, vive con la bella fidanzata un rapporto che non conosce da tempo la passione. Quando Ilir, un giovane di origine albanese che lavora in un bar, lo porta a casa sua perché completamente sbronzo, il suo piccolo e rassicurante universo viene sconvolto. Bassista in un gruppo rock, spavaldo e dannato, l’uomo irrompe come un terremoto nella vita dell'insicuro e fragile Paulo. Il percorso di formazione di un uomo alla ricerca dell'amore, ma soprattutto della sua vera identità è legata alla condizione omosessuale. Tuttavia, la crescita del protagonista potrebbe coincidere con quella di qualsiasi uomo o donna alle prese con la faticosa e travagliata ricerca del proprio posto nel mondo. L'iniziazione sessuale e sentimentale di Paulo non è altro che un avviamento alla vita, con tutto ciò che questa comporta: dolore, senso di inadeguatezza, difficoltà nell'accettarsi, ma anche gioia e soprattutto autenticità. Solo dopo aver gettato ogni maschera è possibile donarsi completamente a un'altra persona e confessarle il proprio bisogno di cura. Ma non può esserci libertà in un rapporto basato sulla dipendenza e sull'ossessione di annientare nell'altro le proprie fragilità. La storia d'amore tra Paulo e Ilir conoscerà è drammaticamente altalenante in un incessante saliscendi dal paradiso all'inferno. Il merito della sceneggiatura, prima, e della regia, poi, è quello di spingere sull'acceleratore delle emozioni, senza mai banalizzare o involgarire, facendo vivere allo spettatore il turbinio della passione che satura e lacera i due amanti, con la complicità di un accompagnamento rock intimista che accentua e valorizza la sensualità o lo strazio di alcune scene. Bello, difficile perché non concede sconti allo spettatore, affascinante per la storia d’amore raccontata, perfetto nella costruzione dei momenti più difficili. I giovani Matila Malliarakis e Guillaume Gouix sono i protagonisti convincenti che hanno lavorato assieme al regista per definire ancora meglio i loro personaggi. Da vedere senza pensare ad un film sull’omosessualità: racconta dell’amore, quello vero.
livingЖить - Living (Vivere, 2012) del russo Vasily Sigarev è un film tra l’onirico ed il visionario, la fantasia e l’allucinazione, l’amore e la follia. Un ritratto esistenziale dei protagonisti costruito attraverso varie storie, figure che vivono nella provincia russa e stanno trascorrendo un duro inverno. Una madre vuole riunirsi alle sue figlie gemelle, morte in una brutta situazione e per fare questo le disseppellisce, le lava, le mette in un luogo dove gli altri non le possano trovare; quando si rende conto che non può fare nulla, si suicida facendo esplodere una bombola di gas. Una giovane e anticonvenzionale coppia decide di sposarsi in chiesa, ma subito dopo la cerimonia il destino mette alla prova il loro amore nel modo più brutale facendo morire per una rapina il giovane. Lei crede che il morto sia tornato a casa malconcio, lo lava, lo mette a letto ma lui in realtà non c’è. Un ragazzo vuole vedere suo padre separato, nonostante le violente proteste di sua madre, per fare questo è disposto a fare tutto, proprio tutto. Ognuno di questi personaggi vive attraverso la propria allucinata realtà che li porta a credere per amore di potere sconfiggere il destino. Un film difficile da intendere in prima battuta, ma quando si giunge sulla stessa lunghezza d’onda del regista ci si emoziona e si rischia di credere possibile l’impossibile. La bravura di Vasily Sigarev sta soprattutto nell’essere riuscito a coinvolgere emotivamente ed a fare vivere come possibile l’impossibile. Giunto a realizzare questo suo secondo film dopo tre anni da Volchok (Oltre il fondo, 2009) dimostra di essere autore interessante anche se sicuramente di nicchia.