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nordvest - plakat 895248mNella rassegna dei film in competizione per il trofeo Transilvania, tutte opere prime o seconde, vari titoli interessanti che hanno incontrato, soprattutto, il gradimento del pubblico dei giovani. A parte Wadjda (La bicicletta verde, 2012) della giovanissima regista araba Haifaa al Mansour già uscito con successo in Italia, gli altri titoli non sono ancora giunti sui nostri schermi. Per ora è il film più gradito dal pubblico, che potrebbe essere il vincitore del premio popolare è Nordvest (Nord Est, 2013). Un’opera non originalissima come vicenda ma che il regista danese Michael Noer è riuscito a raccontare col giusto distacco, evitando quasi sempre le cadute nel facile melodramma. Il Nordvest è una delle zone più povere e multietniche di Copenaghen. Casper vive qui con la giovanissima madre, il fratello minore e la sorella più piccola che adora. Ha 18 anni e per sbarcare il lunario vendere merce rubata. Quando il crimine organizzato giunge nel Nordvest, al ragazzo è offerta la possibilità di divenire un piccolo boss. Presto si trova completamente assorbito nel mondo della droga e della violenza vista e della prostituzione. Quando si accorge che il gioco è troppo pericoloso, non ha più possibilità di fare marcia indietro. Ci sono i classici elementi di questo tipo di film pseudo sociologico: il padre che non è presente, la madre che lavora onestamente ma non riesce a mantenere la famiglia, il figlio maggiore che, a fin di bene, si impegna sempre di più nella micro delinquenza. In questo caso, c’è anche un fratello minore che lo imita e una sorella che trasferisce nel ragazzo la figura del padre. Detto questo, la bravura di Michael Noer, che aveva debuttato col riuscito R (R, 2010) su di alcuni carcerati e le loro storie, sta nel mantenere il distacco da quanto avviene sullo schermo, evitando di giudicare o di parteggiare. Suono in presa diretta, macchina a mano, colore livido, musiche molto hard.
callgirlCall Girl (Call Girl, 2012) è diretto dal regista svedese Mikael Marcimain, qui alla sua opera prima, ha trattato con grande bravura e levità un tema non facile. Difficolta su difficoltà, alla prostituzione minorile aggiunge l’aggravante di una vicenda realmente accaduta in Svezia pochi anni orsono, a Stoccolma alla fine degli anni settanta. Dall’esterno la Svezia viene presa come esempio ed invidiata per la  neutralità politica, il no al nucleare, la liberazione della donna, la rivoluzione sessuale. Tuttavia sotto questa apparente perfezione vi sono desideri meno condivisibili che hanno segretamente lo stesso livello di interesse da parte dei politici. Nei pressi dei palazzi del potere prolificano case d’appuntamento anche con minorenni, il mondo seducente scintillante e marcio dei club del sesso, strip show, discoteche e appartamenti usati da escort di lusso per le loro illecite attività. Il  film racconta la storia della quattordicenne Iris che vive in una casa protetta. Con la cugina scappa spesso in città e viene notata da una maitresse che con estrema facilità le convince che quel mondo è solo denaro e felicità, tra ricchi clienti, padri di famiglia, politici, addirittura ministri. A due detective viene dato l’incarico di indagare su questi loschi traffici ma, quando scoprono che ci sono nomi illustri, sono messi in condizioni di non creare problemi. Il film è ben girato, ma ha il difetto di durare oltre due ore, togliendo un minimo di concentrazione da parte del pubblico. Sofia Karemyr è brava e spontanea all’interno di un cast ben calibrato.