34° Festival Cinéma Méditerranée di Montpellier - Pagina 5

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34° Festival Cinéma Méditerranée di Montpellier
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cronaca di un cuore perdutoCroniques d’une cour de récreè (Cronache di un cortile per la ricreazione) di Brahim Tritah è piacevole film, leggero e prevedibile, sulla fine dell’adolescenza di un ragazzino d’origine maghrebina, processo personale che coincide con la chiusura della fabbrica in cui suo padre lavora come operaio e custode. Un film di memoria ambientato nel 1980 in cui s’intrecciano sogni infantili, primi accenni d’interesse verso l’altro sesso, echi di eventi politici (colpo di stato in Cile, lotte sindacali, difficoltà economiche diffuse,..). Tutto questo è visto con occhio venato di nostalgia personale e senza troppe preoccupazioni per l’approfondimento né politico né psicologico. Se lo avesse diretto un regista italiano potremmo parlare di film ombelicale, con riferimento a molti titoli in cui gli autori sono convinti che la condivisione dei loro ricordi di giovinezza sia interessante per il pubblico.
sorridiGaigimet (Sorridi) della georgiana Rusudan Chkonia ruota attorno a un demenziale concorso per la Madre dell’Anno in cui sono coinvolte una decina di donne di varia età e condizione sociale. La maggior parte di loro è attratta dal premio finale: 25 mila dollari e un appartamento di quattro vani. Quando s’imbarcano nell’avventura nessuna di loro sa quali umiliazioni le attendono: balletti di stile televisivo, sfilate in bikini, foto rubate mente si cambiano, minacce e ricatti sessuali. Il tutto gestito da un impresario cinico e violento i cui disegni, tuttavia, naufragano in un finale concitato, punteggiato di ribellioni, disguidi organizzativi e concluso con il suicidio di una delle concorrenti. E’ un film socialmente molto importante e s’inscrive in quel filone, piuttosto numeroso, di opere che denunciano i guai arrivati sia con la fine del socialismo reale sia con la feroce e repentina occidentalizzazione di paesi un tempo posti sotto l’influenza dell’Unione Sovietica. In altre parole un film politicamente importante, ma di non grande spessore stilistico.
il sacco di farinaMolto più interessante Le sac de farine (Il sacco di farina) di Kadija Leclere, attrice belga d’origine marocchina diplomata alla scuole d’arte di Bruxelles e qui alla regia del primo lungometraggio. Il film racconta una storia vicina ai ricordi dell’autrice ed è ambientato alla fine degli anni sessanta quanto i movimenti studenteschi iniziano a far sentire la loro voce anche in Marocco. Fra i giovani che sono suggestionati da questa nuova tensione c’è anche Sara, nata in Belgio, educata in un istituto religioso cattolico e riportata in Marocco dal padre con l’inganno per abbandonarla alle cure di una zia premurosa e comprensiva, ma che non certo le possibilità per soddisfare i desideri della ragazza. Nel pieno delle tensioni politiche e sociali Sara ha la possibilità di ritornate in Belgio, dovrà sposare solo formalmente un marocchino per fargli avere il permesso di soggiorno, dopo divorzieranno e ciascuno andrà per la sua strada. Lacerata fra la possibilità di ritornare dove è cresciuta e la solidarietà con i giovani rivoltosi, decide di partire, anche se questo costituirà un peso permanente sulla sua coscienza. Il film è realizzato molto bene, con grande professionalità e con notazioni psicologiche non banali, anche se il centro del discorso ruota attorno al conflitto fra arcaicità marocchina e modernità occidentale. Un buon film in cui le intenzioni politiche si sposano armoniosamente a quelle individuali.

U.R.