29th Brussels International Fantastic Film Festival

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29th Brussels International Fantastic Film Festival
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Balade triste de trompeta (Ballata triste per tromba) di Alex de la Iglesia ha inaugurato il 29th Brussels International Fantastic Film Festival, la più importante rassegna di cinema della città. Presidente della giuria internazionale è Enzo G. Castellari. Numerosissimi gli ospiti, da Alex de la Iglesia a John Landis e a Renny Harlin. Tra i film, (quattro sezioni di concorso: in programma da sei a otto titoli al giorno), da notare un originale film del Kazakistan, Strayed  (Allontanato) di Akan Satayev, già selezionato per gli Oscar 2011. Interpretato da Andrei Merzlikin, illustra un largo incubo: padre, madre e bambino in auto nella steppa prendono una scorciatoia e si smarriscono. Rimproverato dalla moglie, l’uomo reagisce in maniera violenta, poi si scusa e raggiunge a piedi un casolare per chiedere informazioni. Al suo ritorno, moglie e figlio non ci sono più. Dalla casa escono una sorta di santone e sua figlia. Lo invitano a prendere un tè e aggiungono che non hanno visto nessuno. L’incubo del forestiero ha inizio. Non trova i suoi, né l’autostrada. Smarrito, accetta i consigli del santone: poi lo sospetta e lo aggredisce violentemente. Il film dura novanta minuti. Soltanto negli ultimi cinque minuti si capirà chi è chi nell’universo delirante del viaggiatore dove la realtà si confonde col suo mondo interiore. Dalle steppe dell’Asia Centrale un thriller fantastico che non lascia indifferenti.

Nella sezione europea l’anteprima del film italiano che il BIFFF definisce Apocalisse dell’Heavy Metal: Eaters (Mangiatori) di Luca Boni e Marco Ristori. Altro incubo, questa volta in un mondo rarefatto, colpito da un virus che ha ucciso tutte le donne. In un universo di morti viventi, Igor e Allen difendono una fabbrica abbandonata, dove uno scienziato conduce ricerche per sconfiggere il virus. Richiesti di catturare un paio di sopravvissuti quali cavie per l’esperimento, i due partono per la caccia lungo strade piene di pericoli, con frequenti scontri armati e bestiali corpo a corpo. Alla fine  del viaggio capiranno che il problema è un altro. Linguaggio forte, da apocalisse, appunto, per i due amici, esperti di arti marziali, che vogliono salvare un mond  nel quale il papa si è suicidato e il primo ministro è scomparso. Nella sezione thriller un curioso film di Jerzy Skolimowski, Essential Killing con Vincent Gallo ed Emmanuelle Seigner. Descrive in ottantatré minuti la fuga e la lotta per la sopravvivenza di un talebano. Catturato in Afghanistan e portato in un paese dell’est europeo, l’uomo scappa durante un incidente stradale. E’ inverno. Ferito e affamato, il fuggitivo è inseguito dai militari. Quasi privo di dialoghi, il film descrive gli espedienti per la sopravvivenza, la lotta senza quartiere, e la lunga fuga che assume i tempi dell’avventura e del thriller pur mettendo a fuoco la disumana condizione di un prigioniero dell’esercito Usa.

Il film cinese di cappa e spada Reign of Assassins (Il regno degli assassini) dura due ore e si lascia vedere senza che lo spettatore si renda conto dello scorrere del tempo. Non a caso il regista è Chao-pin Su (Double vision, Silk), il co-regista e produttore è John Woo (Face/off, The Killer), e la protagonista Michelle Yeoh. Il film ha letteralmente incantato il pubblico. Film d’azione nella tradizione cinese del Wu Xia Pian (cappa e spada all’epoca dei Mandarini), vanta sviluppi comici e romantici sullo sfondo di aerodinamici duelli medievali. I duellanti, assassini noti, infatti, corrono, saltano, volano e compiono giravolte nella migliore tradizione delle arti marziali, perché coinvolti nella ricerca dei resti di un mummificato monaco guerriero, il cui possesso permetterebbe di dominare il mondo. Protagonista è Drizzle, temibile spadaccina che decide di ritirarsi a vita privata: si fa cambiare la fisionomia da un chirurgo, va in un’altra città e vive di un piccolo commercio di tessuti. Anni dopo la troviamo felicemente sposata con un atletico corriere. Un giorno il marito è aggredito dagli assassini. Lei, per difenderlo, rivela tutto il suo valore suscitando il sospetto della congrega delle Dark Stones. E qui la vicenda si riempie di colpi di scena. Meno accattivante, quasi piatto, lo humour di un mancato Arsenico e vecchi merletti. Come dire il film inglese della regista indiana Gurinder Chadha, quella di Bend it like Beckham. S’intitola It’s a wonderful Afterlife (E’ un meraviglioso dopo vita) e narra della signora Sethi, madre indiana a Londra, la quale avvelena chi ostacola il matrimonio di Roopi, figlia grassa che nessuno vuole. Lo fa quasi con affetto, e presto la sua casa si riempie degli spiriti dei trapassati. Arriva anche la polizia, e un giovane detective di origine indiana che si fidanza con Roopi per scoprire l’autore dei crimini. Rischia l’avvelenamento: invece s’innamora e rende felice anche la suocera assassina.

 

Lo scontro mortale in un universo circoscritto è al centro del film marocchino Mirages, opera prima di Talal Selhami, qui nella sezione 7th Orbit Competition. Scritto da Christopher Mordellet, e girato dalle parti di Quarzazate, il film presenta cinque personaggi chiamati a sostenere una prova di ventiquattro ore per essere assunti da un’importante compagnia. Privati dei cellulari, quattro uomini e una donna salgono su un furgoncino che si ribalta in pieno deserto. Abbandonati dall’autista, dovranno ingegnarsi per salvare la pelle. Come in un film di Hitchcock si dilanieranno. Soltanto uno ritroverà la strada di casa. Finale a sorpresa, che non spiega tutto, ma chiude 

 

 


 

Inconsueta e accattivante l’opera prima dello statunitense Scott Leberecht, da anni collaboratore per gli effetti speciali della Lucas e della Disney. Midnight Son (Figlio della mezzanotte), inserito nella International Competition del 29e Festival International du Film Fantastique, è un film a piccolo budget su un giovanotto che non può esporsi ai raggi del sole. Se ne era accorto a dodici anni, in spiaggia, col sole che gli aveva bruciato la pelle di un avanbraccio. Ora, a 24 anni, lavora come guardiano notturno e vive in un piccolo appartamento dalle finestre foderate da teli neri. Normale, esclusa l’incompatibilità col sole, Jacob scopre che il cibo non attenua il suo appetito. Vi rimedia comprando dal macellaio carne piena di sangue. E si rimette in forze, tanto da uscire e rimorchiare una ragazza, ma nei giorni seguenti dovrà nutrirsi di sangue, e verrà aiutato da un infermiere che vende sacchetti di sangue umano. Gli avvenimenti dei giorni successivi renderanno evidente la sua natura di vampiro. Originale l’approccio col tema, e intriganti le fasi del racconto che portano alla scoperta e all’accettazione di una natura diversa. Il film dura 88 minuti ed è interpretato da Zak Kilberg e Maya Parish

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Lungo e brutale, invece, il film della Corea del Sud I saw the Devil (Ho visto il diavolo) di Jee-woon Kim. L’autore di A Tale of two Sisters (Storia di due sorelle), concorre nella International Competition con un film che il comitato di censura coreano ha accusato di attentato alla dignità umana. Due i protagonisti:  Soo-hyeon, giovane agente dei servizi segreti, e Kyung-Chul, sadico assassino che squarta le vittime e le dà a un amico cannibale. Uccidendo la moglie dell’agente, il predatore diventa preda. Soo-hyeon, infatti, chiede un congedo di 15 giorni per elaborare il lutto, ma in realtà prepara la vendetta. Servendosi delle informazioni della polizia, trova l’assassino e lo massacra, lasciandolo in vita per impartirgli altre lezioni di dolore. Durante 143 minuti di film, il sadico commette altre nefandezze. L’agente lo tallona e lo ferisce. Ma Kyung-Chul sopporta il dolore , e compie ancora un paio di crimini prima che l’agente decida di sopprimerlo. Esasperato gioco di massacro, tirato per le lunghe come un videogioco violento, il film lascia allo spettatore il dilemma di capire chi dei due, guardandosi, abbia visto il diavolo.

 

Violenza per violenza, tanto vale raccontare anche quella di Territories (Territori), opera prima di Olivier Abbou. Prodotto da Francia e Canada, narra il passaggio di frontiera di cinque amici  di ritorno da un matrimonio in Canada. Di notte vengono fermati da due agenti psicopatici, tormentati da allucinanti ricordi della guerra in Irak.  Notando il nome arabo del conduttore del veicolo, li fanno scendere  e li provocano trattandoli da terroristi. Sparano su uno che tenta di difendersi e rinchiudono gli altri, due donne, un giovane e un ragazzo, in gabbie di ferro nascoste nel bosco. Peggio finirà un amico partito alla loro ricerca. Seguendo il modello di Guantanamo, e prendendo spunto da un caso che nel 2009 scosse l’opinione pubblica canadese (il caso di Omar Khadr), il film dà sfogo alle nevrosi americana del terrorismo spingendo all’estremo le azioni di due reduci. Un racconto che incominciava a ripetersi.

 


 

Detective Dee and the Mystery of the Phantom Flame (Il Detective Dee e il mistero della fiamma fantasma) segna il ritorno dietro la cinepresa del leggendario regista e produttore di Hong Kong, Tsui Hark. Due ore di grande spettacolo ambientato nel 690, epoca della dinastia Tang, e d’intrighi di corte, col corredo di coreografici duelli. In concorso al 29° Festival du Film Fantastique, il film si apre alla vigilia dell’incoronamento dell’imperatrice Wu. Dinanzi al palazzo imperiale fervono i lavori per la costruzione di una gigantesca statua di budda ma improvvisi casi di autocombustione ne ostacolano il completamento. Conscia dello scontento di alcuni dignitari e sospettando complotti, l’imperatrice fa liberare il detective Dee, in prigione da otto anni per aver contestato le scelte del governo. Spirito indipendente ma suddito rispettoso delle leggi, Dee accetta di indagare sull’origine dei fuochi che ostacolano i lavori. Basato sui romanzi orientali dello scrittore olandese Robert Van Gulik e interpretato da famosi attori cinesi: Andy Lau, Carina Lau Ka Ling, Li Bingbing, il film si avvale di sontuose scenografie nelle quali si muovono personaggi ambigui. Fino a quando non colpiscono, non si capirà da che parte stanno, ma Dee, esperto di arti marziali, ha deciso di battersi fino all’estremo. Teso alla ricostruzione di un fatto storico, e invaso da numerosi duelli e da frequenti scene d’azione, il film cura poco la psicologia dei protagonisti e le storie individuali fornendo un movimentato e colorito spettacolo d’intrighi e di lotte.

Da Taiwan è arrivato un piccolo film alla ricerca di senso. Ayu, settantacinque minuti, diretto da Lai Chunyu, mostra una sedicenne, Ayu, che si risveglia in un luogo sconosciuto. Non è casa sua: è un ospedale. E non ci sono i genitori, ma persone anziane. Presto si rende conto di essere all’interno di un sogno e di non saperne uscire. Non solo: ha un comportamento bizzarro, pieno di dimenticanze e d’incoerenze. Conosce un anziano che sa tutto di lei, la segue nei suoi continui spostamenti e la rassicura. Ayu ha sensazioni del suo vissuto, ma non riesce a far emergere i ricordi. E non si rende conto che la sua ricerca delle memorie perdute addolora le persone che le sono vicine. Quando le attenzioni dell’anziano lo aiutano a recuperare il passato, Ayu capisce che era lei a essersi persa. Il film è interpretato da Tian Ming e Lee Chia Ying e sviluppa un inconsueto e poetico approccio al mondo dei malati di Alzheimer.

Un breve accenno merita il norvegese The Troll Hunter (Il cacciatore di Troll) di André Ovredal. Fenomeno scandinavo dell’anno, il film o si accetta o si rifiuta. Racconta, infatti, in maniera realistica  l’immaginaria storia di un gigantesco mostro a tre teste che si aggira nei boschi scandinavi uccidendo gli orsi. La storia è vista dagli occhi di un forestale, che li cerca e li pietrifica con una macchina per poi ridurli in pezzi, e di due studenti muniti di videocamera. Scommessa del regista sembra quella di narrare fatti straordinari con la pignoleria della redazione di atti ministeriali. E il publico sta al gioco.

 


 

In concorso al 29° Festival du Film Fantastique, un film coreano e un tedesco, Bestseller, opera prima di Jeong-ho Lee, un thriller di due ore che coniuga gli imprevisti scaturiti dal successo di una scrittrice con i misteri di una città di provincia. Hee-so (Jeong-hwa Eom), autrice di bestseller, è sulla cresta dell’onda, sposata con un giornalista, madre di una bella bambina, firma decine di copie del suo ultimo successo. Un’improvvisa accusa di plagio la spinge a traslocare con la bambina in una vecchia casa sul lago. Due anni dopo riprende a scrivere e si avvale del racconto straordinario della figlia che sostiene di aver ascoltato un’amica immaginaria. E’ di nuovo successo, ma l’accusa di aver copiato la seconda parte da un dimenticato libro di vent’anni prima, le fa perdere anche l’editore. Senza il sostegno del marito, rimasto a lavorare in città, senza la bambina, perita in un incidente, Hee-so è sola, sa, però, che la spiegazione di tanti misteri si trova nella vecchia casa dove spesso ha sorpreso un’anziana donna sfuggente con manoscritti stretti al petto. Scoprirà, infatti, tre quarantenni scavare sotto il pavimento della casa. La loro ricerca combacia col racconto della figlia, ma forse è tardi perché Hee-so è diventata testimone scomoda di un segreto.  Forse è troppo diluito su due ore questo racconto di taglio tradizionale, che tuttavia si lascia seguire con attenzione.

E’ di origine croata Vita Damir Lukacevic, che dal 1993 al 1999 ha studiato cinema a Berlino, dove risiede. Regista di Transfer, dramma di fantascienza ispirato da una novella della scrittrice spagnola Elia Barcelo, affronta il tema dell’eterna giovinezza, narrando di una coppia di anziani e benestanti professionisti tedeschi, Hermann e Anna, che decidono di affidarsi alle ultime scoperte della scienza. Pagando, e possono permetterselo, il loro vissuto e la loro intelligenza sono trasferiti nei corpi di due giovani e sani africani, che in cambio di denaro che servirà a salvare le loro famiglie, accettano il baratto. Il contratto, però, prevede soltanto venti ore al giorno di Transfer: durante quattro ore i due saranno sé stessi, Apolain e Sarah.  Il racconto, quasi un pamphlet settecentesco, mette a fuoco la ribellione di Apolain nelle quattro ore in cui recupera la sua personalità, e il disagio di Hermann e Anna che dopo aver sorpreso l’alta società tedesca con i loro splendidi corpi giovanili, ma con tutti i ricordi e le conoscenze di anziani coniugi, si vedono emarginare proprio a causa della diversità della loro presenza. Pur covando il sogno della vita eterna, giocando sul cambio d’identità e sul gap tra ricchi e poveri, il film ricorda che si è felici soltanto nell’essere sé stessi. Da ricordare, per gli appassionati di fantascienza, il programma di mezzanotte del Festival con film audaci, a volte scabrosi, spesso erotici. E cito per tutti Horny House of Terror di Jun Tsugita con le stelle del porno nipponico Saori Hara e Asami nei ruoli di due prostitute in un bordello che è l’anticamera dell’inferno. Loro compito è soddisfare i clienti in tutte le loro richieste per poi castrarli.

 


 

Ultimi due film in concorso al 29e Festival du Film Fantastique: The Child’s Eye (L’occhio del bambino), dei fratelli tailandesi Danny e Oxide Pang cui si è aggiunto Seconds Apart (Secondi a parte), dello statunitense di origini latine Antonio Negret. I famosi autori di The Eye, film consacrato da un rifacimento Usa, prendono spunto dai moti di Bangkok dell’aprile 2010 che coinvolsero anche i turisti per imbastire un piccolo film di terrore su tre coppie di studenti alla fine di una vacanza. Finiti i soldi per l’albergo di lusso, i sei riparano in una vecchia locanda perché l’aeroporto è bloccato. E’ l’inizio di un incubo che si apre con la scomparsa dei tre giovani e con le ragazze lasciate in balia dei fantasmi di un ostello infernale dal quale non riescono a uscire. Con ritmi lenti e ben cadenzati, e con immagini che sembrano riprese dal buco della serratura, i fratelli Pang tessono una tela di ragno nella quale annaspano le tre ragazze nelle cui menti i fantasmi interiori si confondono con violente sensazioni esterne.

La sorpresa, tuttavia, questa volta è venuta dagli Usa. Applausi, infatti, per il film nero e devastante Seconds Apart. Non nuova sugli schermi la presenza di due gemelli dalle menti diaboliche ma Jonah e Seth, fin da bambini, hanno dimostrato un sorprendente potere distruttivo. Interpretati dai gemelli Edmund e Gary Entin, i due protagonisti possiedono doti telecinetiche che coordinate possono indurre al suicidio e all’omicidio. Il loro potere, inoltre, riesce anche a cancellare dalla mente delle persone coinvolte qualsiasi traccia della loro influenza nefasta. Luogo di caccia preferito, l’High School che frequentano. E dopo ogni impresa, i due si divertono a filmare l’evento con una videocamera. Non passa però inosservata l’induzione al suicidio mediante roulette russa di alcuni studenti del College. Il detective Lampkin (Orlando Jones), già ossessionato da incubi notturni nei quali rivede la moglie perire in un incendio del quale lui stesso conserva molte cicatrici, conduce un’indagine che lo porta in casa dei gemelli. I genitori lo accolgono in maniera glaciale, trasformando l’etichetta in arma di difesa. Il detective non verrebbe mai a capo di tante morti misteriose se una studentessa appena iscrittasi, Eve, (Samantha Droke), non facesse la posta a Jonah. La ragazza, infatti, fa breccia nel cuore del giovane provocando l’ira del gemello che comincia a sentirsi emarginato. Il dissidio impedisce la coordinazione dei loro poteri, e in pratica li annulla sul piano operativo. Non placa però l’ira di Seth che la scarica sul fratello dando inizio a una lotta mortale. Il regista descrive Seth come un killer psicopatico e tratta Jonah con maggior equilibrio pur isolandoli dentro una sfera di potere eccezionale. La breccia aperta da Eve rivela a Jonah il piacere dell’autonomia e il fascino di scoprire la propria personalità, e mette in discussione l’educazione ricevuta provocando una furente ribellione contro i genitori. Nel 2008 Antonio Negret è stato inserito da Hollywood Reporter tra i dieci registi di origini latinoamericane da osservare con attenzione nei prossimi anni.


I premi

La giuria internazionale del 29e Festival du Film Fantastique, presieduta da Enzo Castellari, e composta da Jake West, Simon Boswell, Nicolas Gob ha assegnato il Corvo d’oro, gran premio del Festival, al coreano I saw the Devil di Ji-woon Kim. Il Corvo d’argento, premio speciale della giuria, è andato ex-aequo al film Usa Midnight Son di Scott Leberecht e al cinese Detective Dee and the Mystery of the Phantom Flame di Tsui Hark.

La giuria europea, presieduta da Maud Van de Velde, ha premiato il film tedesco Transfer di Damir Lukacevic. Il film parteciperà a ottobre, al Festival di Sitges, al concorso per l’assegnazione del Mèliès d’oro.

La giuria 7th Orbit, presieduta da Jean-Jacques Rousseau, ha considerato miglior film della sezione il finlandese The Temptation of St. Tony” di Veliko Ounpuu.

Miglior film della sezione Thriller, è stato considerato il film franco-canadese Territories del francese Olivier Abbou.