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18 regali

Difficile realizzare un film ispirato a una storia vera, ancora più se a questa viene aggiunta una struttura narrativa che tiene poco conto della realtà di una donna che è mancata nel 2017 a 40 anni con la figlia appena avuta e che non potrà conoscere davvero. 

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City of Crime

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City of Crime

Al cinquantaduenne irlandese Brian Kirk è stata affidata la regia di un classico poliziesco in cui nulla capita che non sia ampiamente prevedibile. Al suo debutto nel lungometraggio cinematografico dopo molto lavoro fatto per la televisione, non riesce mai a trovare la chiave per rendere interessante l’azione, per dare vigore ai personaggi che hanno difficoltà ad emergere dalla piattezza della sceneggiatura scritta a quattro mani da Adam Mervis (attore e autore soprattutto per il teatro) e dal più esperto Matthew Michael Carnahan con vari film d’azione e polizieschi all’attivo. 

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Piccole Donne

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Piccole Donne

Piccole donne, pubblicato nel 1868 da Louisa May Alcott, inizia dall’età adulta delle sue protagoniste per andare a ritroso nel passato, a scorrere l’album dei ricordi dell’infanzia, quando il mondo appare attraverso la lente calda della speranza e della spensieratezza. 

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La ragazza d'autunno

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La ragazza d'autunno

Il ventottenne Kantemir Balagov è da considerare un enfant prodige del cinema deli’Est, ma non solo. Con la sua opera prima, Tesnota (Closeness, 2017) ha ottenuto grande successo anche a Cannes e Torino: trattava di temi difficili come la delinquenza nel suo paese, le minoranze ebraiche che vivono un’esistenza distaccata dal contesto della società e disposte a tutto pur di non chiedere aiuto a gente esterna al loro clan anche se devono trovare denaro richiesto dai rapitori di una ‘loro’ ragazza. 

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Hammamet

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Hammamet

Bettino Craxi (all'anagrafe Benedetto) è stato un uomo politico di grande prestigio. Fu segretario del Partito Socialista Italiano, primo ministro ed esule (definizione adottata dai suoi sostenitori mentre i giudici lo giudicarono latitante) in Tunisia, nella sua villa di Hammamet, protetto dal primo ministro locale Zine El-Abidine Ben Ali sino alla morte (2000). 

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Aspromonte -La terra degli ultimi

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Aspromonte -La terra degli ultimi

“Aspromonte la terra degli ultimi” di Mimmo Calopresti, tratto dall'opera letteraria di Pietro Criaco “Via dall'Aspromonte” è un bel film. Racconta la storia vera delle condizioni disperate, in cui erano costretti a vivere gli abitanti di Africo, paesino incastonato tra le montagne, luogo geografico e luogo dell’anima, dove ancora agli inizi degli anni ’60 non c’è la luce elettrica né la strada, né un medico per curare la gente. Il regista avvia un’operazione coraggiosa: raccontare gli ultimi, la loro condizione tramutandoli in eroi, capaci di prendere in mano il loro destino e compiere una piccola rivoluzione, costruire finalmente la strada che colleghi il paese alla marina. Attraverso i personaggi simbolo che animano la storia, come Ciccio ( Marcello Fonte, il poeta di Africo, che è l’unico che sa leggere e scrivere9 e disegna con la mano e la penna traiettorie impossibili nel cielo, la maestra (Valeria Bruni Tedeschi) il brigante Don Totò (Sergio Rubini), che spadroneggia sul territorio, va in scena l’eterno conflitto tra bene e male, tra nord e sud, tra città e campagna, tra ricchi e poveri e dove una banale strada si trasforma nel sogno di conquista della libertà.

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Nancy

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Nancy

Christina Choe ha scelto per la sua opera prima di cimentarsi in tematiche complesse che avrebbero messo in difficoltà anche autori con maggiore esperienza. Il desiderio di raccontare una storia che la emozionava la ha resa troppo partecipe al dramma della sua protagonista, e non è mai riuscita a raccontarla in modo completamente efficace anche se riesce a fare vivere un certo disagio allo spettatore. Al centro della vicenda una donna che – dopo la morte della madre - si convince sempre più di essere stata rapita da bambina. Quando incontra una coppia la cui figlia è scomparsa trent’anni prima, la realtà e la finzione cominciano a confondersi. Man mano che il loro legame si approfondisce, i dubbi ragionevoli lasciano il posto a certezze create artificiosamente, il potere dell’emozione minaccia di superare la razionalità. Il film impregna lo schermo di ansiogena umanità con la presenza di tutte le figure (la donna, la madre, i possibili genitori) che appaiono inconchiuse, incapaci di avere una vita serena. Presentato al Sundance Film Festival, ha una sceneggiatura che ha preso vita mentre lei si trovava in Corea del Nord per le riprese per un documentario. La complessità e le diverse sfaccettature dell’identità, in un paese sottoposto a un regime, a una dittatura così rigida dove realtà e menzogna spesso si sovrappongono hanno dato vita alla farraginosità di Nancy, sulla cui vicenda aleggia un senso di ambiguità dall’inizio alla fine con la personalità inquieta e complessa della protagonista che sa entusiasmarsi e crollare nel limbo della delusione in pochi attimi. 

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Il primo Natale

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Il primo Natale

Ficarra e Picone rappresentano un caso anomalo nel ridanciano mondo del cinema di intrattenimento che spesso propone commedie il cui unico intento è quello di fare ridere, in qualsiasi maniera, lo spettatore. Con una squadra di fidati sceneggiatori cercano sempre di trovare occasioni che funzionino sia sul fronte della comicità che su quello dell’impegno sociale o, quantomeno, trattando temi in grado di fare riflettere. Ma in questa occasione la magia non è scattata e siamo di fronte ad un’opera in cui forzosamente coesistono temi seri insieme alle loro battute che appaiono più scritte che improvvisate privandoli di quella caratteristica che permetteva loro di aggiungere un profumo di cabaret a quanto realizzato. Al loro sesto film anche come corresponsabili dello script e registi, si ha l’impressione che i due non siano entrati in sintonia con gli altri autori, tentando di soddisfare la Medusa che voleva un film che interessasse ad una fascia di spettatori maggiore e che permettesse di sfruttare al massimo l’uscita natalizia. 

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Last Christmas

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Last Christmas

Ambientato a Londra durante le feste di Natale, è scritto da Emma Thompson assieme al marito Greg Wise (sembrerebbe che l’idea fosse sua) ma poi cosceneggiato dall’attrice britannica con Bryony Kimmings - qui al suo debutto nello script cinematografico, con esperienze in performance e scritti teatrali nonché televisivi - sarebbe il classico film natalizio pregno di romanticismo e buoni sentimenti se non fosse per un finale che spiazza e di cui non è lecito anticipare nulla. Il problema fondamentale è che i due volti del film non sono esattamente in linea tra loro, forse perché si punta fin troppo sulla love story che rende felice la protagonista e non viene preparato bene lo sviluppo che la storia avrà. E’ comunque una buona commedia e la colonna sonora riesce a creare le giuste atmosfere. La canzone è l’effettiva base della vicenda, vicenda che sembra impossibile sia stata scritta in gran parte da Emma Thompson (che ci mette anche la faccia interpretando la madre della protagonista) vincitrice dell’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale con Ragione e sentimento (Sense and Sensibility, 1995). E’ molto convenzionale, priva di un dialogo accattivante e di qualche personaggio collaterale interessante. 

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La Dea Fortuna

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La Dea Fortuna

Il regista italo turco Ferzan Ozpetek – qui alla sua tredicesima regia di un lungometraggio – è autore riconoscibile sia all’interno di opere che trattano di fatti comuni di gente comune (o quasi) che in titoli più complessi come, ad esempio, Rosso Istanbul (Istanbul Kirmizis, 2017) e Napoli velata (2017). Con La Dea Fortuna è un po’ tornato alle sue origini, raccontando una storia basata su sentimenti e fatti della vita. La struttura narrativa, apparentemente semplice, è solo il veicolo più universale per raggiungere il suo pubblico ma, soprattutto, farsi meglio conoscere da chi considera il suo lavoro un insieme di costruzioni volte all’intellettualismo. Si immerge nel melò sporcandosi un po’ le mani ma riesce, tutto sommato, a gestirlo con bravura. Che la coppia protagonista della vicenda non sia eterosessuale poco conta: non è la storia di due gay ma di una coppia in crisi dopo 15 anni di convivenza apparentemente felice.

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