Il mistero Henri Pick

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Il mistero Henri Pick

Tratto dall’omonimo best seller scritto da David Foenkinos, Il mistero Henri Pick è film gradevole che utilizza anche battute divertenti per lanciare spunti, lasciati qui e lì sotto forma di indizi e domande non evidenziati dal dialogo, indizi che dal microcosmo del mondo del libro riescono ad aiutare ad aprire una finestra sulla società, sulle leggi del mercato che lo reggono e sui tentativi di forgiare e plasmare ogni cosa. Si scopre molto di un mondo artistico in cui spesso emergono non i meritevoli ma chi è più sponsorizzato, chi ha un buon editor che unisce la sua esperienza a quanto scritto dagli autori, chi riesce a creare aspettative inventando a tavolino misteri che attirino l’attenzione pubblica. Studiosi che vengono chiamati ovunque per parlare di qualsiasi cosa (anche in Italia ne abbiamo decine di esempi), personaggi magari colti a cui vengono assegnate trasmissioni in cui è sempre importante tenere viva l’audience. Da qui parte tutta la vicenda raccontata che si snocciola per un centinaio di minuti. Il problema del film è quella certa pedanteria per i particolari, la ricerca di un dialogo che si allontana dal coinvolgimento dello spettatore divenendo opera innegabilmente interessante ma non per questo entusiasmante. La comicità ed il thriller spesso rimangono incompatibili uno con l’altro, creando un po’ di disagio.

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Dio è donna e si chiama Petrunya

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Dio è donna e si chiama Petrunya

“Dio è Donna e si chiama Petrunya”, della cineasta macedone Teona Strugar Mitevska è un bel film. Racconta la storia di una donna di nome Petrunya, disillusa dalla vita e senza un lavoro che lotta contro i pregiudizi e le discriminazioni. Ogni anno nella città di Stip, dove vive con la sua famiglia si svolge una festa religiosa durante la quale una croce viene lanciata nel fiume. Per tradizione solo gli uomini della comunità partecipano alla competizione per recuperare la croce e così giovare della buona sorte che il possesso dell'oggetto sacro porta con sé. 

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sorry we missed you

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Non è un mistero che Ken Loach stia da sempre con gli sfruttati e, film dopo film, ne denunci le sofferenze. In Sorry we mised you (Scusa ci sei mancato, frase che apre i foglietti che alcuni corrieri inglesi lasciano sulla porta dei clienti che non trovano) ci parla dei lavoratori che consegnano i pacchi spediti dalle multinazionali dell’e-commerce.

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Che fine ha fatto Bernardette?

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Che fine ha fatto Bernardette?

Richard Linklater è regista che ama mettersi in gioco creando opere molto dissimili tra loro, proponendo ottimi titoli ma anche prodotti mediocri. Che fine ha fatto Bernardette? è una via di mezzo tendente al brutto; non esalta ma nemmeno delude completamente con una storia interessante e uno sviluppo troppo buonista che rende protagonista del film la figlia di questa geniale architetto; la madre, forse priva di un buon dialogo, mai è interessante e l’interpretazione di Cate Blanchet mai riesce a dare vigore al personaggio. Le scene di scontro tra la donna e il mondo che la circonda - con tanto di incomprensioni col vicinato e coi genitori della scuola frequentata da Bee - sono di maniera, forzosamente sviluppate anche se funzionano nella parte più comica che vorrebbe rendere rilassante il contesto in cui si parla di ricovero in clinica psichiatrica, di mafia russa e quant’altro di drammatico. I problemi non vengono mai affrontati ma soltanto citati senza minimamente svilupparli. Ad un primo tempo in cui qualcosa accade, segue una seconda parte basata su viaggio in Antartide dove tutto l’ovvio appare nel meccanismo narrativo. Oltretutto, le belle immagini di una Natura sofferente sembrano più meritevoli di un documentario televisivo che base di un dramma esistenziale. I personaggi che la Blanchet incontra in questa gelida landa sono poco credibili, utili solo per dare una base per la trasformazione del ex architetto da persona stanca della propria esistenza a protagonista del suo futuro. Bernadette Fox è un ex enfant prodige dell’architettura moderna, vincitrice di premi e lodata ampiamente nell’ambiente, che a un certo punto della sua vita incontra il futuro marito impegnato nell’informatica e lo segue a Seattle dove lui lavora in un progetto per la Microsoft. Decide di smettere di creare, tenta molte volte di divenire madre (alla fine ci riesce) e si chiude progressivamente in un isolamento e in una misantropia autoindulgente e compulsiva, un mondo che le sembra gratificante ma che in realtà distrugge la sua voglia di vivere. 

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L'inganno perfetto

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L'inganno perfetto

Nicholas Searle è autore di tre romanzi di cui il primo, The Good Liar, è stato un bestseller del Sunday Times e selezionato per il CWA John Creasey New Blood Dagger – premio letterario di importanza internazionale basato soprattutto sul giallo - per il miglior romanzo poliziesco di debutto. Prima di diventare uno scrittore, Nicholas ha lavorato nell'intelligence britannica per più di venticinque anni. Queste origini le si vedono da come ha sviluppato la vicenda di anziano truffatore che si scopre essere alla stregua di un criminale di guerra. Quindi, non colpevole solo di delitti morali ed economici ma anche della effettiva morte di più persone. Questo volere rendere politico e di denuncia una storia alla Agatha Christie danneggia non poco la gradevolezza del romanzo, uscito ora in Italia in contemporanea col film che ha ispirato. L'inganno perfetto, questo il titolo italiano, regge soprattutto per la bravura di Helen Mirren e Ian McKellen, attori di grande esperienza che ogni volta riescono a convincere. La regia è affidata all’esperto Bill Condon che ha quale attore feticcio proprio McKellen che già ha diretto tre volte; artigiano del cinema di confezione, dirige i suoi protagonisti senza troppo intromettersi, lasciando spazio soprattutto a chi lo conosce bene e non ha bisogno di consigli o direttive; l’attore usa molto l’espressività del volto con sorrisi e smorfie di ogni tipo gigioneggiando fin troppo. Sicuramente più valida la Mirren, molto equilibrata e credibilissima nella trasformazione da ingenua vedova milionaria a irriducibile vendicatrice. Il film si vede ma non entusiasma, mai. Esperto malvivente truffa insieme ad un socio persone facoltose, soprattutto donne anziane, per avere accesso alle loro finanze. Tramite inganni e sotterfugi i due mettono a segno colpi particolarmente fruttuosi mettendo da parte un bel gruzzolo.

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Un sogno per papà

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Un sogno per papà

Questa graphic novel, senza mai drammatizzare troppo, racconta delle incomprensioni nel mondo del calcio e della società contemporanea in genere con attenzione per la relazione padre-figlio e l'amicizia tra bambini di varie nazionalità. Realizzata da Artur Laperla – dotto illustratore laureato in filosofia e impegnato in biografie di grandi personaggi nonché collaboratore di varie enciclopedie - e Mario Torrecillas – scrittore che ha avuto quattro testi utilizzati dal cinema – la avevano ambientata in Spagna, vicino a Valencia. La critica soprattutto iberica ha trattato con grande rispetto questo ‘fumetto’ dicendo che era degno dei migliori film di Almodovar, Ken Loach e Robert Guédiguian. Forse c’è un po’ di esagerazione, ma in mano del figlio d’arte Julien Rappeneau - suo padre è Jean-Paul, regista tra l’altro del Cyrano de Bergerac (1990) interpretato da Gerard Depardieu - questa graphic novel è divenuta una commedia un po’ banale e fin troppo prevedibile dove si trattano temi quali la separazione, l’affido, l’alcolismo, il razzismo senza peraltro fare una vera denuncia di situazioni di disagio comuni a molte società. Si trasforma in un piccolo film per famiglie che mai dona una sorpresa o, quantomeno, una situazione originale, ma si fa perdonare alcune forzature di sceneggiatura grazie all’impegno di tutto il cast che fa l’impossibile per credere in quello che dice e che fa. Per il regista questo è il secondo film; come il primo è tratto da una graphic novel ma Rosalie Blum (2014) era sicuramente più interessante. 

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L'Immortale.

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L'Immortale.

Per chi ha seguito e segue Gomorra in televisione, l’Immortale (alias Ciro) è un personaggio amato tanto che, dopo essere stato ucciso nella terza serie (ora è in programmazione la quarta), la produzione ha ritenuto di resuscitarlo – e di realizzare un film / ponte che renda logiche certe situazioni – con un film scritto (è coautore della sceneggiatura), interpretato e diretto proprio da lui, Marco D’Amore. Sì, perché Ciro lo rivedremo nella quinta stagione: questo a dimostrare, ce ne fosse stato bisogno, che il pubblico ottiene quello che vuole, pena il suo rivolgersi ad un altro prodotto, di un’altra emittente riducendo l’appeal pubblicitario, quell’insieme di spot che di fatto rende possibile l’esistenza dei vari network. Vi è da dire che la storia non è facile da trasporre sullo schermo per la quantità di intrecci che complicano non poco la fruizione di quanto accade: se ci si distrae un attimo si rischia di non capire molto. Ma la sensazione è che il rischio di ‘perdere’ lo spettatore ci sia sempre non nel disamoramento per il personaggio ed il film – attualmente è primo al box office – ma nell’incapacità di coinvolgerlo davvero. 

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Star wars l'ascesa di skywalker

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Star wars l'ascesa di skywalker

La saga Guerre stellari (Star Wars) è la più longeva del cinema moderno, ad oggi annovera 9 episodi che sono susseguiti al primo del 1977 intitolato Star Wars: Episodio IV - Una nuova speranza (Star Wars: Episode IV - A New Hope), scritto e diretto da George Lucas che ha tenuto per se la serie sino al 2012 quando il regista e produttore la cedette The Walt Disney Company che avviò la produzione di una trilogia sequel, iniziata con Star Wars: Episodio VII - Il risveglio della Forza (Star Wars: The Force Awakens, 2015), proseguita con Star Wars: Episodio VIII - Gli ultimi Jedi (Star Wars: The Last Jedi, 2017) e conclusa con Star Wars: Episodio IX - L'ascesa di Skywalker (Star Wars: The Rise of Skywalker, 2019). 

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L'ufficiale e la spia

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L'ufficiale e la spia

La fine dell’Ottocento rappresenta un periodo molto tormentato per la Francia. Pesa ancora la sconfitta subita nella guerra con la Prussia con la perdita dell’Alsazia e parte della Lorena e l’umiliazione legata alla distruzione della Comune di Parigi. Facile, in queste condizioni, incolpare qualcuno dei disastri subiti dall’armè, ecco allora che ogni responsabilità è addossata a sabotatori e spie. In quest’atmosfera si colloca uno dei casi più odiosi di persecuzione antisemita dei tempi moderni, Lo stato maggiore, in particolare i servizi segreti, individuano in un ufficiale alsaziano di religione ebraica, il capitano Alfred Dreyfus, la spia che sarebbe stato uni dei respirabili della disfatta, avendo passato al nemico importati informazioni sugli armamenti e il dislocamento delle truppe.

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Il peccato - Il furore di Michelangelo

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Il peccato - Il furore di Michelangelo

Andrey Konchalovskiy ed Elena Kiseleva sono gli sceneggiatori di questo mal riuscito film bibliografico che spesso ha il taglio del melodramma. Dalla collaborazione dei due, sono nati gli ultimi quattro film del regista russo. Belye nochi pochtalyona Alekseya Tryapitsyna (Le notti bianche del postino Alexei Tryapitsyn, 2014) racconta di villaggio isolato dove l’unico collegamento è un postino che si sposta in barca, Paradise (Ray, 2016) che racconta di tre persone di diversa nazionalità e ceto che si incontrano durante la Seconda guerra mondiale, Il peccato - Il furore di Michelangelo (Il peccato, 2019) e Dear Comrades (Cari Compagni) previsto in uscita nel 2020 su cui si hanno giudizi discordanti. Assieme lavorano con soddisfazione (questo dichiarano), ma il risultato finale non è mai esaltante. La vita di Michelangelo è probabilmente il peggiore e nel corso delle sue oltre due ore difficilmente riesce ad interessare. Produzione italiana con una compartecipazione russa di una emittente televisiva ed in prima persona del regista con la Production Center di Andrei Konchalovsky, è girato in italiano, interpretato da buoni attori, fotografato benissimo dal suo fido collaboratore Aleksandr Simonov: quello che manca è una vicenda che coinvolga, un film degno di questo nome. C’è il filo conduttore dei vizi capitali che affliggevano Michelangelo, e questi sono ben delineati, ma la trama è molto frammentaria, priva di logica soprattutto nel finale. 

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