39° Settimana del Cinema Magiaro 2008 - Pagina 5

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39° Settimana del Cinema Magiaro 2008
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L'eredità di Ester
Anche Eszter hagyatéka (L’eredità di Eszter), che segna l’esordio dietro la macchina da presa del dirigente televisivo (Duna TV) Joseph Sipos, ha un’origine letteraria. Il testo di partenza è offerto dal libero omonimo di Sándor Márai (1900 –1989) pubblicato nel 1999. Vi si racconta la storia di una donna di mezza età che si vede piombare in casa un antico spasimante, che le aveva preferito il matrimonio con sua sorella, e che, dopo aver trascorso una vita di sperpero e deboscia ritorna alla carica per portarle via anche la casa in cui abita. Ci riuscirà con un sottile gioco di ricatti e colpi di scena chiudendo così un gioco al massacro in cui la vittima è cosciente e complice non meno del carnefice. Film d’attori nel senso più tradizionale del termine (straordinarie le prestazioni di Eszter Nagy – Kálózi, Mari Törősik e György Cserhalmi), il film appare solido anche dal punto di vista stilistico e narrativo.
Un altro filone tradizionale del cinema magiaro è quello che guarda al cinema indipendente e sperimentale. In questo campo si è affermato da tempo Péter Forgács. I suoi film – da Az orveny (Caduta libera, 1997) a Bibò breviárum (Il breviario di Bibó, 2001) a Fekete kutya (Il cane nero, 2005) – sono esempi di una forte capacità nel coniugare un discorso originale e innovativo con un’altissima sensibilità morale e sociale. Alla base delle sue creazioni ci sono, spesso, materiali amatoriali o documentaristici coniugati con colonne sonore molto espressive in modo da formare un racconto, inteso in senso lato, che affonda i piedi nel reale per poi innalzarsi sino a diventare metafora valida sotto qualsiasi latitudine.
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La propria morte
In parte è così anche per questo Saját halál (La propria morte) tratto da un libro in cui lo scrittore Péter Nádas ha raccontato il suo ricovero in ospedale, la crisi cardiaca che lo fece credere morto, il ritorno alla vita dopo lunghi, provvidenziali, interventi medici. E’ un fiume di immagini e parole in cui il passaggio dalla vita alla morte diventa oggetto di riflessione sull’esistenza, l’aldilà, il passato e la precarietà del futuro. E’ un’opera meno compatta e solida delle precedenti, anche perché il regista tende a filosofeggiare oltre il consentito, ma che ci offre un quadro straordinario di un cinema realmente innovativo.
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Off Hollywood
Sempre su questo versante, ma con risultati decisamente minori, Off Hollywood di Szabolcs Hajdu in cui si racconta, con stile da cinema indipendente tradizionale, la strada verso l’esaurimento nervoso di una giovane regista che sta aspettando gli esiti della prima del suo ultimo film. Lacerata fra rigore professionale – il suo produttore vuole sfarla partecipare ad una coproduzione con la Francia prevedibilmente foriera di annacquamenti commerciali – e dal difficile rapporto con il marito, un modesto attore, invidioso del successo della moglie.