Cinema ungherese e calcio

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Ungheria: i molti modi di sposare pallone e cinepresa

Il rapporto fra cinema e sport non è mai stato facile; apparentemente le varie competizioni offrono materia più che abbondante per un loro utilizzo drammatico sullo schermo. In realtà così non è, in quanto ogni attività agonistica ha una precisa area di gradimento e ciò scoraggia i film tendenzialmente destinati ad una diffusione planetaria. Questa è una delle ragioni per cui il cinema americano, soprattutto quello degli ultimi trent'anni, è abbastanza povero di opere incentrate sugli sport. Qualche titolo sul baseball, la pallacanestro, il golf, il pugilato, ma, nel complesso, ben poca cosa se rapportata ai film sulla guerra, alle avventure spionistiche o a quelle spaziali.
Inoltre la stragrande maggioranza di queste opere sono biografie, vere o inventate, di campioni famosi, oppure utilizzano lo sport come metafora di complesse relazioni psicologiche. Due esempi per tutti: "Tin Cup" (1996) sul golf di Ron Shelton - un quasi specialista di film sportivi, visto che è suo anche "Bull Durham" sul baseball - e "He Got Game" (1998) sul basket di Spike Lee. Questa diffusione dei vari sport per aree è alla base della scarsa fortuna del calcio quale argomento di film a dimensione internazionale. Intanto, non essendo uno sport di successo negli Stati Uniti, non è quasi mai stato affrontato da produzioni di ampio respiro. Non è un caso se uno dei pochi film spettacolari sul calcio, "Fuga per la vittoria" (Escape to Victory, 1981), è stato realizzato da John Huston, un regista che aveva una vera passione per l'Europa. Inoltre si tratta di un rifacimento, quasi fedele, di "Két félido a pokolban" (Due tempi all'inferno, 1961) di Zoltán Fabri di cui parleremo fra poco. In alcuni paesi calcisticamente sensibili, ad esempio in Italia, i film sul football sono più numerosi, ma anche in questo caso spesso tendono alla commedia (da "Il presidente del Borgorosso Football Club", 1970, di Luigi Filippo D'Amico al recente "Tifosi", 1999, di Neri Parenti). Nel cinema europeo non mancano i casi, indicativi anche se numericamente molto limitati, di approcci più approfonditi e drammatici. Tuttavia, anche in queste situazioni il fatto sportivo diventa metafora di altri conflitti: dilemmi morali come in "Gli eroi della domenica" (1953) di Mario Camerini, con Raf Vallone nel ruolo di un centrattacco insidiato da un tentativo di corruzione o come in "Hooligans" (ID, 1995) dell'inglese Philip Davis, in cui il dramma del fondo violento dell'essere umano è filtrato attraverso quello dei teppisti che compiono disastri in nome della passione per una certa squadra. Un tema che ritroviamo anche in "Ultrà" (1991) di Ricky Tognazzi. Pregevoli anche alcuni scandagli psicologici in cui la passione calcistica s'intreccia con le difficoltà del vivere; anche in questo caso un titolo per tutti: "Febbre a 90°" (Fever Pitch, 1997) di David Evans il cui sfondo è il sofferto campionato dell'Arsenal di Londra nella stagione 1988 - 99. In questa situazione il cinema ungherese rappresenta un'eccezione. Nel corso di una trentina d'anni a Budapest sono stati realizzati almeno sei film in cui il calcio ha un ruolo fondamentale. Non solo, ciascuno di questi titoli rappresenta, con maggiore o minore riuscita artistica, un tipo di approccio diverso, rispetto al rapporto fra uso del fatto sportivo e riflessione sociale o psicologica. Il titolo di più antica produzione è "Két félido a pokolban" (Due tempi all'inferno, 1961) di Zoltán Fábri, basato su una storia inventata da Péter Bacsó. Primavera 1944, siamo in un campo di lavoro sorvegliato da militari ungheresi in cui sono rinchiusi soldati puniti, sovversivi ed ebrei. I carcerieri lavorano, di fatto, alle dipendenze dei nazisti. Per festeggiare il compleanno di Hitler un generale organizza una partita di calcio fra una squadra di detenuti e una rappresentativa dell'esercito tedesco. Uno dei prigionieri è incaricato di mettere assieme il gruppo e lo fa tra l'aperta ostilità di una parte dei reclusi che rifiutano ogni collaborazione con gli aguzzini. Durante un allenamento la squadra degli internati tenta la fuga. Sono ripresi e condannati alla fucilazione che sarà eseguita dopo la partita. Riluttanti vanno ugualmente in campo e stanno per trionfare quando è offerta loro la possibilità di una grazia, solo che lascino la vittoria agli avversari.