39° Settimana del Cinema Magiaro 2008 - Pagina 4

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39° Settimana del Cinema Magiaro 2008
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Un altro pianeta
Fra i numerosi altri premi vogliamo segnalare almeno quello per la miglior fotografia del documentario andato a Egy másik bolygó (Un altro pianeta) di Ferenc Moldoványi, un altro film che avrebbe meritato ben maggiore attenzione. E’ un documentario creativo che guarda alla condizione dei bambini costretti a vivere, sfruttati e umiliati, in condizioni poverissime. Il film inanella una serie di paesaggi segnati da un atteggiamento di ferocia nei confronti dei piccoli. Si passa dall’Ecuador alla Cambogia, alla Repubblica Democratica del Congo, al Messico. Assistiamo, inorriditi, ai fanciulli costretti a vivere rovistando nelle discariche dell’immondizia, alle bambine che stanno sveglie tutta la notte per vendere dolciumi e sigarette, pena le botte dei genitori se non portano a casa una certa somma, ai piccoli che lavorano come muli per fabbricare mattoni, alla vita grama della prostitute infanti africane e asiatiche, ai ragazzini addestrati a diventare soldati. La regia fotografa, senza commenti, quadri terribili in cui piccoli esseri umani distrutti nel fisico e nella menta dalla povertà e dalla violenza tentano, spesso senza riuscirci, di sopravvivere. Un film cadenzato da una sorta di iato fra bellezza delle immagini, suggestione della musica e orrore delle situazioni mostrate e che lascia senza fiato per la forza con cui ci costringere a vedere crimini cui, anche senza rendercene conto, tutti noi partecipiamo.
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Ragazze
Il cartellone comprendeva molti altri titoli, il più interessante dei quali era Lányok (Ragazze), opera d’esordio di Anna Faur che ha preso spunto da un fatto di cronaca accaduto nel 1997, quando due ragazze uccisero a colpi di pietra un tassista cui si erano accompagnate e che si era dimostrato troppo esigente e violento nel pretendere le loro prestazioni. E’ un’opera che affronta temi gia visti, ma lo fa sviluppandoli in maniera psicologicamente approfondita e dura con un pigio fermo cui si aggiunge un ottima abilità nel girare. Ne deriva un nuovo e aggiornato approfondimento, espressivamente alto, di cose che gia sappiamo, ma acquistano forza dalla collocazione in una società passata dalle rigidità e i veti del socialismo reale all’eccessiva liberalizzazione neocapitalista. Ne nasce il disegno terribile di una gioventù che, ad est come ad ovest, ha perduto qualsiasi punto di riferimento, non solo morale. Il fatto ricostruisce un episodio realmente accaduto non è importante quanto la capacità della regista di muoversi con disinvoltura senza dare giudizi, ma tentare di rappresentare la realtà per quanto squallida può essere.
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Tranquillità
Il cinema ungherese ha una lunga tradizione di legame con il cinema di tradizione letteraria come hanno dimostrato, quest’anno, due titoli di ottima qualità. In Nyugalom (Tranquillità) un giovane, che ha avuto un rapporto incestuoso con la madre, quasi piu mentale che reale, vive ancora con lei, divenuta un’anziana ex gloria del teatro. Una coesistenza resa difficile dal fantasma di una ragazza, sua sorella, ottima violinista rifugiatasi negli Stati Uniti e lì scomparsa. Anche per questa fuga il regime aveva brigato affinché la madre fosse allontanata dalla scena. Il film ha una bella struttura teatrale, scenografie di taglio quasi viscontiano, ottimo livello di recitazione, ma è percorso da uno spirito vecchia maniera che fa serpeggiare un soffio di noia. Il romanzo del fotografo e scrittore Attila Bartis (1968) che ha pubblicato questo romanzo nel 2001. Quest’opera ha già avuto alcune riduzioni per il palcoscenico e il piccolo schermo. Dezső Garas ne ha fatto una riduzione teatrale, andata in scena al Teatro Nazionale con il titolo Mia Madre, Cleopatra. Mária Vizi, poi, ne ha curato una versione televisiva con l’interpretazione di Ági Szirtes. E’ un testo che guarda, in modo particolare agli snodi psicologici, anche il film si muove su questa strada valendosi di attrici molto brave (Dorottya Udvaros, Dorka Gryllus), mentre il personaggio maschile cui da vita Zalan Kakranczi rimane costantemente al di sotto della complessità necessaria. Il regista Róbert Alföldi, che ha buona fama come attore teatrale, è qui all’esordio dietro la macchina da presa. Cinematograficamente si rivela abile, anche se molto condizionato da un modo di fare cinema piuttosto datato.