01 Novembre 2016
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22 Medfilm Festival Roma |
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Al Festival si sono visti due film nuovi di zecca. Dalla Tunisia Thala mon amour (Thala amor mio) di Mehdi Hmili nella sua prima visione fuori dalla Tunisia; dall’Iran Khaneyee dar Khiyaban-e Chehelo Yekom (Una casa sulla 41° Strada) di Hamid Reza Ghorbani, in uscita in questi giorni a Teheran. Nativo di Tunisi e laureato a Parigi, Mehdi Hmili è al suo quarto film dopo X Moment (2009), Li-La (2011), La notte di Badr (2012). Poeta popolare per le sue opere di protesta contro il regime di Ben Ali, il regista ha girato un film ambientato durante la rivoluzione del 2011. Thala è la città di tredicimila abitanti dove Mohamed ritorna dopo essere fuggito dal carcere dov’era detenuto per motivi politici. Stordito da un contrabbandiere che lo vuole rapinare e che lo carica sul suo carro, il giovane riesce a superare le strade strettamente vigilate dalla polizia. Liberatosi, si mette alla ricerca di Hourya, la sua ragazza che era stata violentata in carcere quando lui veniva torturato. La madre e la sorella di Hourya gli sbattono la porta in faccia. Nascosto da un ex agente del regime in cerca di redenzione, Mohamed torna in strada attirato da colpi di arma da fuoco. I giovani sono in rivolta. Lui si nasconde, e appena la polizia se ne va, raccoglie un ferito e lo porta al pronto soccorso. Ripreso con un cellulare, si ritrova su Facebook. Hourya, che lo riteneva morto, si è sposata con Adel, vive a Kasserine e lavora in una sartoria. Quando una collega le indica il video, lei, che continua a militare a insaputa del marito, riesce a salire su un’ambulanza diretta a Thala. A casa della madre trova il marito che si era preoccupato per la sua assenza. Ciononostante si reca sul luogo della veglia del giovane che è appena morto e scorge Mohamed. Quando se ne va, lui la segue. E’ un incontro senza parole, un abbraccio tra fantasmi. Qualcosa si è rotto per sempre. Impossibile tornare indietro. Prodotto da Tunisia, Francia e Germania, il film dura 80 minuti articolati su due racconti che confluiscono nel finale rivelando la natura e le relazioni dei personaggi, ripresi sullo sfondo della rivoluzione che ha cambiato la loro vita. Sensibili e misurati gli attori, Ghanem Zrelli, Najla Ben Abdallah e molti altri.
Il film iraniano, (86 minuti), invece, ci porta all’interno di un conflitto familiare, uno dei temi più frequentati dal cinema del paese, ed è l’opera prima dell’ex assistente di Asghar Farhadi. Scritto da Azita Iraie, narra della disputa tra due fratelli per motivi di soldi e della morte accidentale di uno di loro. L’altro si nasconde provocando lo scontro tra la moglie e la cognata. Sarà l’anziana madre a tentare di mettere pace. Per farlo, incontra il figlio e lo consiglia di costituirsi per placare l’ira della cognata e dell’orfano dodicenne che non si da pace e non rivolge più la parola alla cuginetta. Entrato in prigione, le acque si calmano. Poi la madre decide di vendere il negozio, l’oggetto della disputa, e col ricavato paga la cauzione per la liberazione del figlio che va a vivere in un altro quartiere. Quando la cognata viene a conoscenza del fatto, reagisce sdegnata: decide di andare a vivere col figlio in un’altra città. E proprio allora appare il colpevole. Gioco d’attori, di affrontamenti e rivalse, mostra anche aspetti inediti della legge vigente in Iran. Illustra interessi che penalizzano affetti familiari, e scontri caratteriali sullo sfondo dell’attuale Teheran. Gli interpreti: Mahnaz Afshar, Ali Mosaffa, Soheila Razavi, Sara Bahrami, Arash Majidi.
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