22 Medfilm Festival Roma - Pagina 6

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SCISSOR-STILL-8Molte le opere prime di giovani registi iraniani al Festival e non poche le sorprese. Oggi è la volta di un trentenne di Shiraz, Karim Lakzade’h, autore di sei corti e qui, nella sezione Focus Iran, col suo primo film, Gheychin (Forbici). Rama, giovanotto zelante e permaloso, ha 28 anni. Durante un diverbio con la fidanzata la colpisce a un occhio con un paio di forbici. Incarcerato, dovrà subire la legge del taglione: perdere un occhio. Il padre, personaggio influente, paga una forte cauzione che gli consente di portare il figlio a casa per un giorno e di preparare una cena in famiglia. Rama ne approfitta per contattare un amico cineoperatore che gli fornisce documenti falsi e cinepresa per farlo partire al suo posto con una mini-troupe che si reca verso sud, non lontano dalla frontiera. Per farlo dovrà tramortire il padre, che riterrà di aver ucciso, e abbandonare i compagni di viaggio e affidarsi ai contrabbandieri che lo porteranno in una piccola isola del Golfo Persico. Lì dovrà attendere un’imbarcazione che di notte lo trasferirà in un altro paese. Nell’isola semideserta, il caldo è soffocante e l’attesa della nave, sono sfibranti. Un’anziana donna gli dà acqua potabile e pesce. Oltre a lei c’è un vecchio marinaio che parla un dialetto incomprensibile, un bambino, e una giovane donna misteriosa dal volto completamento coperto. Passano alcuni giorni. Rama aiuta il vecchio nella pesca e a scambia poche parole con le due donne. La notte che appare l’imbarcazione per il suo trasferimento, la giovane misteriosa gli dice di essere incinta e di voler partire con lui.   Racchiuso in 85 minuti e illustrato con due lunghi flashback, il film è pieno di tensione e si avvale di tre ambientazioni: quella tradizionale della cena in famiglia e del rispetto delle leggi, quella moderna durante il viaggio in treno con la troupe, quella magica e misteriosa, la più lunga, su l’isola dove Rama si sente dapprima prigioniero, poi libero e disorientato, sempre in ansia e in attesa di una soluzione alla quale non sembra più credere. Interpretato da Abas Ghazali, il film segna l’esordio di un regista da non perdere d’occhio.
udN0iEE6yUO7oTCcwN4lDQ mediumDiverso il discorso per il film Marg-e Mahi (Morte del pesce) di Rouhollah Hejazi, 37 anni, nativo di Abadan. Al suo quarto film, il regista ha scritto e diretto uno psicodramma di cento minuti nel quale esplodono tensioni in un luogo circoscritto. La scena è quella della casa dell’anziana madre, deceduta improvvisamente, dove si ritrovano figli e nipoti in una giornata d’inverno. A parte il tentativo dei genitori di nascondere ai bambini la morte della nonna, restano le ultime volontà della defunta che ha chiesto di essere seppellita soltanto tre giorni dopo la sua morte e di non avvisare i parenti prima del funerale. Tocca al figlio maggiore dirimere i contrasti tra sorelle che vogliono rispettare i desideri della madre e coloro che trovano la cosa inammissibile adducendo anche considerazioni di carattere igienico. Si raggiungerà il compromesso di portare la salma nella serra, ma i tre giorni di veglia fanno emergere vecchi problemi e propizieranno inattesi e mal sopportati rancori. Guidati da Babak Karimi, presente al MedFilm insieme col regista e con quasi tutti i registi dei film iraniani, gli attori si cimentano tra grida e lacrime in un film che si potrebbe definire diligente.