Festival Internazionale del Film di Cannes 2016 - Pagina 9

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Festival Internazionale del Film di Cannes 2016
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Ma RosaMa’ Rosa del filippino Brillante Mendoza conferma lo stile di quest’autore solito pedinare i suoi personaggi restando loro addosso con la macchina da presa. Nel caso specifico l’obiettivo racconta i triboli della famiglia di una piccola commerciante e spacciatrice, per necessità di arrotondare il magro bilancio familiare, i cui membri devono raccogliere, nel giro di poche ore, una somma rilevante da consegnare a un gruppo di agenti della squadra narcotici affinché chiudano un occhio e liberino madre e padre che hanno arrestato. E’ un quadro impressionante della corruzione che regna fra le forze dell’ordine di un paese in cui tutto ha un prezzo, anche lo scagionamento da gravi reati. La protagonista e il marito passano una notte e un giorno in stato d’arresto in un commissariato da incubo in cui si alternano, senza soluzione di continuità e in un clima di sostanziale indifferenza, inviti a pranzo, botte, prestito di abiti e trattative economiche. Saranno queste ultime ad avere il sopravvento costringendo la donna a scatenare i figli alla ricerca dei cinquantamila pesos che gli agenti reclamano per rilasciare lei e il marito. Alla fine la somma sarà trovata e gli arrestati rimessi in libertà, ma questo causerà un ulteriore peggioramento in condizioni di vita al limite della sopravvivenza. Il film documenta questa esperienza infernale senza retorica, limitandosi a radiografare una realtà terribile e, a tratti, incredibile.
La sconosciutaLa prima cosa che viene alla mente dopo aver visto La fille inconnue (La sconosciuta) dei belgi Jean-Pierre e Luc Dardenne è che gli anni passano per tutti anche per i grandi cineasti. Infatti il film fa sembrare lontani i tempi di Rosetta (massimo premio al Festival di Cannes del 1999) e persino quelli del titolo che ha fruttato loro una seconda Palma D’Oro: L'Enfant - Una storia d'amore (L'Enfant, 2005). Questo perché l’ultima fatica di questi due autori appare lontana, seppure costruita molto bene, dallo spirito di ribellione e denuncia che segnava le altre opere. E’ la storia di una giovane dottoressa generica preda di un fortissimo senso di colpa per non aver aperto la porta dello studio a una ragazza di colore che si era presentata, trafelata e agitatissima, fuori orario di visita. La mattina dopo il cadavere della donna è scoperto da un operaio edile sul lungofiume su cui si affaccia lo studio medico. La dottoressa inizia una sua personale indagine che porta allo scoperta dell’identità della morta e a quella del suo uccisore. Se una morale se ne può trarre, sempre che questa operazione sia legittima, è che la società funzionerebbe meglio se tutti tenessero fede ai loro doveri. Il film ha il taglio di un poliziesco ben costruito e lineare nello sviluppo, solo parzialmente compromesso dalla fissità interpretativa di Adèle Haenel che attraversa fatti drammatici di cui è protagonista, comprese le aggressioni personali, senza mutare espressione. In altre parole un film di buon livello, ma lontano dagli standard a cui ci ha abituato la produzione di questi due cineasti.
varoonegiCi si aspetta molto da cinema iraniano dopo la liberalizzazione parziale legata alla fine delle sanzioni economiche. La sezione Un Certain Regard, da sempre attenta a questa cinematografia, non si è lasciata sfuggire l’occasione e ha presentato Varoonegi (Inversione) del regista Behnam Behzadi, sperimentato documentarista e autore di telefilm, qui al terzo lungometraggio. Siamo ancora a livello delle storie borghesi che hanno segnano gli ultimi tempi del cinema di questo paese.  Niloofar ha trentacinque anni e vive a Teheran, una delle città più inquinate del mondo. Qui assiste l’anziana madre e gestisce una piccola fabbrica di vestiti. Il peggiorare della condizioni di salute della genitrice ne causano il ricovero in ospedale con la decisione della famiglia di trasferirla in montagna, nel nord del paese. Poiché gli atri figli hanno famiglia, sarà lei a doverla accompagnare lasciando il laboratorio - i cui locali, nel frattempo i familiari hanno affittato senza consultarla – e troncando una possibile storia d’amore nel frattempo rivelatasi anch’essa ambigua. Dopo varie esitazioni la donna accetta di partire, ma pretende che i famigliari liquidino l’eredità e le versino subito la sua parte. Con questo capitale conta d’impiantare una nuova fabbrica là dove andrà. Il film spezza una lancia in favore del senso di responsabilità e dei diritti delle donne, lo fa in modo diretto, articolato e con grande maestria d’immagini. Davvero un film da non mancare quando e se arriverà sui nostri schermi.