Festival Internazionale del Film di Cannes 2016 - Pagina 4

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Festival Internazionale del Film di Cannes 2016
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Ma LoutteBruno Dumont è uno dei registi più interessanti del cinema francese, i suoi film mescolano realtà e situazioni surreali, riferimenti mistici e ironia. E’ quest’ultima a dominare in Ma Lutte in cui il paesaggio naturale, magnificamente riproposto, e i riferimenti agli anni dieci del secolo scorso convergono in una storia a mezza strada fra la metafora e il racconto morale. 1910 la baia di Slack, nel nord della Francia, è percorsa da una ventata di terrore legata alla scomparsa misteriosa di alcune persone. Qui soggiorna una famiglia altoborghese venuta a passare le vacanze e vi circola anche un improbabile commissario di polizia, grassissimo e super imbranato, che si porta dietro un aiutante smilzo e non troppo intelligente. Ben presto scopriamo che le sparizioni sono dovute a una famiglia di pescatori locali che ne usa le salme come cibo. Un caso di cannibalismo che diventa, altrettanto rapidamente, una metafora della lotta di classe - il figlio del capofamiglia pescatore si chiama, non a caso, Ma Lutte (La mia lotta) - che sta contrapponendo proletariato miserabile e alta borghesia. Fra scene da comica finale e pasti sanguinolenti il film sfocerà in una sorta di sconfitta per i poveri e trionfo dei possidenti, una vittoria che contiene i germi di una futura decadenza. Il film è godibile dalla prima all’ultima sequenza e allinea personaggi che richiamano il cinema classico, soprattutto muto, e mostra una maestria di direzione già emersa dalla opere precedenti di questo autore, ad iniziare da La vie de Jésus (1997) sino a P’tit Quinqui (2014) passando per L’Humanité che ottenne, fra grandi polemiche, entrambi i premi per l’interpretazione andati a due attori presi dalla strada (Emmanuel Schotté e Séverine Caneele) poi praticamente scomparsi dalla professione.
Il discepoloHa aperto anche le porte la sezione Un Certain Regard. Qui si è visto il film russo Uchenik (Il discepolo) che il regista Kiril Serebrennikov ha tratto dal testo teatrale Martire, del drammaturgo tedesco Marius von Mayenburg. Al centro della storia c’è un liceale attratto dagli scritti biblici sino al punto di pretendere che la realtà in cui vive si adatti ad essi. Aggredisce la madre, accusandola di essere una peccatrice per aver divorziato, contesta l’insegnate di scienze che tenta di spiegare la teoria di Darwin, insulta le colleghe perché vanno in piscina in bikini, illude un amico minorato che, attraverso la fede, può guarirlo. Tutto questo sfocia in un omicidio, nel licenziamento della professoressa progressista e nel quasi trionfo della parte più retriva del mondo scolastico, anche se l’ultima immagine ci mostra l’insegnante che s’inchioda al pavimento della palestra come una nuova Messia. E’ un film a tesi, più interessante per gli argomenti che agita che non per il modo come li esprime. Si sente abbastanza pesantemente la matrice teatrale e la quasi fissità della macchina da presa non aggiunge motivi d’interesse.