Festival Internazionale del Film di Cannes 2016 - Pagina 6

Stampa
PDF
Indice
Festival Internazionale del Film di Cannes 2016
Pagina 2
Pagina 3
Pagina 4
Pagina 5
Pagina 6
Pagina 7
Pagina 8
Pagina 9
Pagina 10
Pagina 11
Pagina 12
Pagina 13
Tutte le pagine

American HoneyAndrea Arnold è una sceneggiatrice e regista assunta alla fama, dopo una non breve carriere di attrice in programmi per bambini della televisione britannica, per aver diretto alcuni film accolti e premiati da importanti rassegne cinematografiche, come quelle di Cannes e Venezia. Prima di American Honey (Miele americano) ha firmato altri tre lungometraggi: Red Road (2006), Fish Tank (2009) e Cime tempestose (Wuthering Heights, 2011). Questo quarto titolo è nato un articolo pubblicato nel 2007 sul The New York Times e conferma l’interesse della regista per l’analisi delle psicologie dei personaggi che affronta. Qui è di scena un gruppo di giovani d’ambo i sessi ingaggiati da una manager rapace per vendere abbonamenti di settimanali (forse inesistenti) a ricchi o a persone poverissime. La capacità di reddito e le condizioni economiche non contano a patto che i sottoscrittori siano disposti a pagare, meglio se in contanti, i dollari richiesti. Per raggiungere l’obiettivo ed evitare di vedersela con un altro venditore in una terribile notte del fallito, ragazzi e ragazze sono disposti a mentire, inventarsi malanni e condizioni tragiche di parenti o, è il caso delle fanciulle, a prestarsi a approcci sessuali che, qualche volta, sfociano in vere e proprie rapine a mano armata. E’ un ritratto dell’America profonda dei suoi paesaggi desolati e della freddezza dei quartieri ricchi. Un panorama in cui si agitano piccole e grandi miserie, follie religiose e pratiche truffaldine. E’ protagonista del film un gruppo di ragazzi e ragazze che sperano, senza neppure troppo entusiasmo, nella ricchezza a portata di mano, ma che finiranno per fornire matteria di sfruttamento a una donna feroce, crudele, amorale. Il film è molto lungo, quasi tre ore di proiezione, con parti fastidiosamente ripetitive e offre il solo morivo d’interesse: l’immagine crudele di un’America lontana dai riflettori del cinema o delle luci della televisione.
Mal de PierresUn’altra attrice passata alla regia, la francese Nicole Garcia, ha portato sullo schermo il romanzo Mal di pietre (2006) della scrittrice sarda Milena Agus (1955) traendone una lettura più melodrammatica che femminista. Lo scenario è spostato da Cagliari, alla Provenza francese e a una grande clinica svizzera, il tutto a cavallo fra la metà del secolo scorso e la fine dello stesso. In questo lasso di tempo seguiamo Gabrielle, irrequieta e sensuale, il cui comportamento desta scandalo quando dichiara d’amare, non corrisposta, l’insegnante di lettere del villaggio. I genitori, per porre fine alle chiacchiere, la sposano con un bracciante spagnolo, fuggito da poco dalle persecuzioni franchiste, che accetta di prenderla in moglie senza amarla o pretendere di essere amato. I rapporti fra i due coniugi mimano una sorta d’amore mercenario, con tanto di passaggio di denaro, sino al momento in cui la donna perde il figlio che porta in grembo a causa dei calcoli di cui è afflitta (il cosiddetto mal delle pietre). Spedita in un sanatorio svizzero vi conosce un ufficiale dell’armata impegnata nella guerra d’Indocina, qui in cura per una grave ferita a una gamba. Altro grande amore e nuova gravidanza. Solo anni dopo, quando ha già dato alla luce un figlio ora adolescente e particolarmente dotato nel suonare il pianoforte, scopre che si è trattato di un sogno e che a mettertela incinta è stato il marito mentre lei dormiva. La storia gronda melodramma da ogni inquadratura e la regista non fa nulla per arginarne gli effetti più viscerali, limitandosi a citare – nelle note distribuite alla stampa – il ruolo di questa donna quale persona che si trova all’incrocio fra un’epoca arcaica e una in cui urgono maggiori libertà. Peccato che di tutto questo nel film non ci sia quasi traccia.
CaniLa sezione Un Certain Regard ha presentato un bel poliziesco, opera prima del rumeno Bogdan Mirica. Câini (Cani). Il film racconta una serie di omicidi su cui fa luce e giustizia sommaria un anziano poliziotto, malato terminale di tubercolosi. In una landa di confine fra Romania e Ucraina  una banda di contrabbandieri prospera da anni trafficando merci e droga. Quando muore il vecchio padrone della terra e il giovane erede arriva con l’intenzione di venderla i vecchi criminali decidono di darsi da fare per impedire questa possibilità. Morti a ripetizione, pestaggi, schizzi di sangue e sventramenti non fermeranno il poliziotto locale dallo scoprire la verità. Ottima la costruzione, scarse originalità e valore metaforico.