Antalya: 43mo Arancia d’Oro Film Festival – 2° Eurasia Film Festival - Pagina 3

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Antalya: 43mo Arancia d’Oro Film Festival – 2° Eurasia Film Festival
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Purgatorio

Veniamo ora ad alcuni titoli decisamente poco riusciti. Araf (Purgatorio) di Biray Dalkiran piacerebbe agli antiaboristi estremi. Racconta, con immagini allucinate e virate in vario modo, gli incubi di una donna che ha perso il figlio che portava in grembo per un aborto spontaneo, ma che stava decidendo se portare a termine o meno la gravidanza. Bambine dalle occhiaie vuote, feti insanguinati, incubi da senso di colpa, c’è tutto per sostenere la sacralità della vita, il compito primario delle donne quali fattrici e via discorrendo. Lo stile è greve, pieno di insopportabili effetti speciali e la teoria di fondo, aberrante, sostiene che la follia della donna porta alla pazzia anche il compagno, complice nell’uccisione della figlia non nata. Poche cose buone da dire sia di Aura di Orhan Oğuz e di Iki Süper Film Birden (Due superfilm assieme) dell’esordiente Murat Şeker. Il primo segna il ritorno a quel cinema di campagna che si credeva scomparso da anni. Un uomo, ingiustamente accusato di tradimento, è esiliato e costretto a vivere, in mezzo alle montagne, con la donna dalla salute fragile, sottratta alla comunità che mal la sopportava. Quando la moglie si ammala, lui tenta di portarla a braccia nel villaggio più vicino. Lo aiutano, forzatamente, due contrabbandieri – guerriglieri che stanno cercando di portare all’estero un prezioso gioiello di grande valore archeologico. La donna muore e il terzetto fa marcia indietro per seppellirla nel posto dove abitava. I personaggi sembrano usciti da un fumetto degli anni cinquanta e ci sono effetti che vorrebbero essere truci, ma che sconfinano nel ridicolo per i litri di vernice rossa gabellata per sangue. Da dimenticare, peccato per un regista che, in passato aveva firmato opere non banali come: Herþeye Rağmen (Malgrado tutto, 1987) e Donersen Islik Cal (Se ritorni fa un fischio, 1992).
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Gli uomini della neve
Il lavoro di Murat Şeker vorrebbe essere una commedia stile cinema sul cinema, ma risulta solo la solitaria elucubrazione di un regista che vorrebbe prendere in giro ciò che non sembra neppure conoscere a fondo. Un regista al primo film, che vuole girare senza sceneggiatura né attori noti, non riesce ad ottenere i finanziamenti che gli servono. Finisce per accettare la regia di un porno, ma non arriva a tempo sul set in quanto rapito da un gangster che ha girato una videocassetta compromettente per un ricco uomo d’affari. Il prezioso materiale è finito, per un errore, nelle mani dell’aspirante cineasta ed ora il malavitoso lo rivuole indietro. Il pubblico ha riso su alcune battute che occhieggiano situazioni e personaggi dello spettacolo turco, ma le immagini e la storia affogano nella noia e nell’inutilità più totali. Poco interessante anche un’altra opera prima, Kardan Adamlar (Gli uomini della neve) di Aytan Gönülşen, un film che, un tempo, si direbbe saggio di professionalità, nel senso che trova la sua unica giustificazione nella dimostrazione delle capacità del regista di manovrare la macchina da presa per costruire una storia accattivante e quasi claustrofobica nonostante l’ambientazione all’aria aperta. Due amici finiscono dispersi in una zona innevata per supponenza (hanno imboccato una strada chiusa non rispettando le disposizioni della polizia) e incapacità (impantanano la macchina su cui viaggiano). Dopo alcuni giorni passati a girovagare senza meta fra neve e fiumi gelati, muoiono assiderati. Il film racconta la loro odissea, i sogni di salvezza, i ricordi della vita normale e la tensione che cresce fra i due. Lo fa con abilità, ma senza un reale costrutto, più per dimostrare la capacità del regista che per raccontare una storia o comunicare emozioni.
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Il documento deve essere blu

Nella sezione internazionale si sono distinti due film rumeni che ruotano attorno al 22 dicembre 1989 e all’arresto e uccisione del dittatore Nicolae Ceauþescu. Hirtia ve fi albastra (Il documento blu) di Radu Muntean, già in concorso al Festival di Locarno e qui vincitore del primo premio della sezione Eurasia, racconta, in flash back la morte di un soldato che si unisce ai rivoltosi nei giorni del grande caos e, ironia della sorte, è ucciso come uno dei sostenitori del regime. Il film ha il pregio di fornire un quadro variegato e approfondito del grande caos seguito alla caduta del tiranno, i salti della quaglia fatti da molti, l’incapacità dei rivoltosi a dare un senso immediato e preciso alle loro scelte. Un film interessante più che bello. Assai meglio A fost sau n-a fost? (letteralmente C’è stato o non c’è stato, ma il titolo internazionale è: 12:08 Est di Bucarest) di Corneliu Porumboiu, vincitore della Camera d’Or all’ultimo Festival di Cannes e qui coronato dall’alloro dei critici, affronta temi legati alla memoria di quella rivolta e lo fa con il taglio di una commedia amara. Il direttore di una miserabile televisione di provincia invita due partecipanti ai moti, in occasione del diciassettesimo anniversario della rivolta, e chiede loro di rispondere alle domande degli ascoltatori. Il risultato è devastante, la maggior parte degli interlocutori mettono in dubbio l’eroismo dei due, mentre un ex funzionario della polizia politica, oggi importante industriale, arriva sino a minacciare querele. E’ il quadro della società emersa da quelle fragili speranze e finita annegata nell’alcol o corrotta dalla corsa al denaro facile e, spesso, sporco. Un film amaro in cui i toni da commedia di tingono abbondantemente di nero.