53° Festival Internacional de Cine de Gijón - Pagina 4

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53° Festival Internacional de Cine de Gijón
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Land of MineUnder sandet (titolo internazionale Land of Mine, Terra Minata, 2015) di Martin Zandvliet è un film danese che non lascia indifferenti sia per i temi trattati che per la crudezza di certe immagini legate al ferimento o alla morte di giovanissimi prigionieri tedeschi alla fine della seconda guerra mondiale. Contestato in Danimarca da parte di quanti sostengono che certi capitoli della storia è meglio non conoscerli per fare credere che i cattivi siano stati solo da una parte, è un’opera corale in cui esiste una grande forza emotiva, un desiderio di espiazione da parte di chi questo annunciato massacro deve gestire. Il protagonista è un sergente ligio agli ordini, forse incapace di ragionare col proprio cervello, questo sino a quando accade qualcosa che lo trasforma radicalmente. Il regista quarantatreenne è anche uno scrittore di successo, originariamente è stato un montatore cinematografico che, nel corso degli anni, si è trasformato in regista sensibile. Ha iniziato come editor per diversi autori, nel 2002 ha realizzato il suo primo documentario, Angels of Brooklyn (Angeli di Brooklyn), con cui ha ottenuto vari riconoscimenti. Dopo diversi cortometraggi e una lunga attività come sceneggiatore e assistente alla regia ha diretto il suo primo lungometraggio nel 2009, Applaus (Applausi) interpretato da Paprika Steen, ha trionfato al festival di Karlovy Vary dove ha vinto il premio Label Europa Cinemas, il riconoscimento per la migliore interprete femminile e quello per la migliore sceneggiatura. Con quest’ultimo film dimostra di avere raggiunto una maturazione stilistica che gli permettere di trattare temi difficili senza mai sfiorare il melodramma. Roland Møller né stupendo protagonista, un attore che alterna al cinema teatro e televisione. Danimarca, maggio 1945, la seconda guerra mondiale è finita da poco ma due milioni di mine rimangono sparse lungo la costa occidentale, potenziale scenario di uno sbarco alleato mai avvenuto. Per disinnescare questi ordigni sono usati circa 2.600 soldati tedeschi prigionieri, per lo più adolescenti reclutati nel periodo finale della guerra. Il sergente Rasmussen è a capo uno dei gruppi formati da reclutati molto giovani, anche quattordicenni, privi di qualsiasi esperienza in materia. Il compito, pericolosissimo, è di ritirare con le proprie mani le mine sepolte sotto la sabbia della spiaggia. Sono ragazzi sopravvissuti alla guerra, ma che ora devono affrontare un impegno non meno pericoloso. Come molti dei suoi compatrioti, il sergente odia i tedeschi dopo aver subito cinque anni di stenti durante l'occupazione, ma è sconvolto dalla morte  di  un giovane costretto a lavorare mentre era ammalato. Da quel momento qualcosa cambia e il sottufficiale diventa un severo padre ma che sa capire i loro problemi.
AFERIM web 4Aferim! (idem, 2015) di Radu Jude tratta in maniera indiretta il grave tema della schiavitù dei gitani che durò dal quattordicesimo fino alla metà del diciannovesimo secolo, una situazione poco conosciuta e quasi scomparsa dal dibattito pubblico, ma che ha causato un grande impatto emotivo e ha influenzato buona parte della vita sociale della Romania. E’ un film non nuovo per i fruitori di Festival – ha vinto tra l’altro l’Orso d’Argento per la regia all'ultima Berlinale – ma che riesce ancora ad affascinare. Bianco e nero, una vicenda lontana nel tempo, una storia formalmente poco interessante. Eppure, il film che ne scaturisce è qualcosa di realmente coinvolgente. Il regista riesce ad emozionare con uno stile quasi documentaristico e immagini che accolgono il passaggio dei personaggi, le loro paure, l’odio, l’amore senza raccontare queste emozioni ma facendole veramente vedere. Trait d’union tra le varie sequenze è il lungo peregrinare di un uomo di legge che, assieme il figlio, passa da un luogo all’altro per catturare uno schiavo gitano accusato di furto da un maggiorente locale. La realtà ben presto si scopre diversa, ma il senso del dovere da parte del uomo di legge lo costringe ad accettare anche cose che urtano la sua coscienza. Siamo nel 1835 e un maturo funzionario, che potrebbe essere visto come una sorta di sceriffo romeno, va alla ricerca di uno schiavo scappato dopo che il padrone aveva scoperto la relazione che intratteneva con sua moglie. L'uomo di legge sa che il futuro di suo figlio dipende dalla cattura del fuggitivo, infatti i rampollo potrebbe essere aiutato dal boiardo al cui servizio sono entrambi. Il suo viaggio attraverso le regione selvaggia è costellato da avventure e incontri con altri schiavi che, per salvare se stessi, sacrificano il fuggitivo. Il film è il risultato di una ricerca intorno al tema dei gitani massacrati senza ragione ed è un’opera per la televisione, girata in bianco e nero ricca di accenni alla letteratura popolare romena. Bello, ben fatto, ma non sempre riesce a parlare al cuore.