Festival Internazionale del Film di Cannes 2013 - Pagina 8

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Festival Internazionale del Film di Cannes 2013
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grandebellezza-1La grande bellezza di Paolo Sorrentino è il solo film italiano ammesso quest’anno in concorso, si può subito dire che è un onore meritato, visto che si tratta di un’opera formidabile. E’ una sorta di seguito ideale di sue famosi classici italiani La dolce vita (1960) di Federico Fellini e La terrazza (1980) di Ettore Scola, entrambi premiati al Festival di Cannes, il primo, con la Palma d’Oro, il secondo con il riconoscimento come miglior sceneggiatura e miglior interpretazione femminile (Carla Gravina). Come in quei due gradi classici protagonista è la razza padrona della capitale. Ciò che cambia e individua in queste opere una sorta di trittico ideale della storia e del clima del nostro paese sono l’approccio morale e la tensione politica. Il grande regista romagnolo è riuscito a fotografare il ceto intellettuale capitolino cogliendone i visi e la volgarità, ma mantenendo anche un orizzonte di speranza ben simboleggiato dalla purezza della giovanissima Valeria Ciangottini che si contrappone al mostro marino, il grande autore degli anni ottanta affonda il bisturi in un ceto politico slabbrato, ma ancora capace di sognare la rigenerazione. Il film di oggi abbandona ogni prospettiva positiva annegandola in una melassa ripetitiva e priva di un qualsiasi orizzonte, sia personale, sia collettivo. A esemplificare questa condizione è Jep Gambardella (un Toni Servillo oltre ogni elogio), autore quarantacinque anni or sono di un’opera prima (L’apparato umano) vincitrice del premio Bancarella e accolta con entusiasmi dai critici. Dopo quell’exploit non ha scritto più nulla, meglio scrive pettegolezzi per una pubblicazione che lo paga profumatamente. Il fatto è che è riuscito a diventare, come afferma lui stesso, un sorta di re della mondanità, un personaggio la cui partecipazione non è sola richiesta da chi organizza feste, ma che è anche in grado di decretarne il successo o il fallimento. Il film non ha una struttura lineare, ma affianca numerosi brani di party, incontri con personaggi alla moda o della grande nobiltà, spettacoli e performance teatrali stupidamente originali. E’ un vasto affresco popolato da religiosi gourmet, monache sante usate da astuti porta parola, attempate spogliarelliste ancora in grado di mostrare una precisa dignità, gestori di night eroinomani, irreprensibili borghesi che si rivelano latitanti di Mafia, poeti afasici, drammaturghi frustrati. E’ un affresco imponente che ricorda i quadri di Pieter Bruegel (1525/1530 – 1569) in cui decine di figure impegnate nelle attività più diverse concorrono a formare un grande ritratto del mondo. Qui, senza un preciso filo narrativo, a emergere è una città – trasformata nel finale in muri e ponti privi di vita – che è simbolo del decadimento di un’intera civiltà. Il regista guarda al mondo che lo circonda senza la minima speranza: ormai tutto è stato consumato e non rimane che il ricordo, forse esso stesso fallace.

behind-the-candelabra 1Behind the candelabra (Dietro i candelabri) di Steven Soderbergh porta sullo schermo il difficile rapporto fra il pianista Valentino - Lee¬¬ - Liberace (1919 – 1987) e il giovane Scott Thorson. I due si incontrarono quando il musicista era all’apice del successo economico sia in televisione, sia negli spettacoli dal vivo. Fu una relazione dapprima idilliaca poi sempre più tempestosa terminata con una causa civile intentata dal giovane nei confronti del compagno. Il film, che è stato rifiutato da quasi tutte le grandi società di produzione nonostante il prestigioso nome del regista, è finito nelle mani di un’azienda video e, in un primo tempo, destinato solo la mercato home. E’ un testo pregevole sia per la presenza d’interpreti famosi che hanno accettato di essere pesantemente truccati al punto da essere quasi irriconoscibili. Vi compaiono, fra gli altri, Michael Douglas (Liberace), Matt Damon (il giovane amante), Dan Aykroyd (l’agente del musicista). Gli anni in cui si colloca la vicenda avrebbero permesso di farne un ritratto di un’America sul punto di essere travolta dai grandi movimenti di contestazione e di rivolta studentesca, ma il regista ha preferito la strada della versione biografico – personale lasciando la società fuori dalla porta. E’ una scelta che esalta la ricostruzione ambientale e gli snodi psicologici, ma li lascia come isolati in mezzo al nulla. Un testo di ottima fattura e grande professionalità, ma che finisce col lasciare un retrogusto d’incompletezza e d'occasione mancata.
un chateaux en italie 1C’è poco da scrivere a proposito di Un château en Italie (Un castello in Italia) in cui la regista e attrice Valeria Bruni Tedeschi racconta la nascita, la crisi e la riconciliazione (temporanea) con l’attore Louis Garrel. Il tutto immerso nell’agonia di suo fratello, ammalato di AIDS, e nella crisi economica di una famiglia un tempo ricchissima e ora costretta a vendere i beni per sopravvivere. Fra questi, scusate se è poco, un quadro di Pieter Bruegel. Il film propone temi d’interesse alquanto limitato e li appesantisce con interpretazioni – disastrosa quella del giovane Garrel – che irritano non poco. La sceneggiatura zoppica, il racconto ogni tanto sbanda con virate del tutto ingiustificate, in poche parole un film ben poco interessante.
sarah-prefere-courseLa sezione Un Certain Regard ha proposto un’interessante opera prima canadese: Sarah préfére la course (Sara preferisce la corsa) di Chloé Robichaud. E’ il ritratto di un’atleta ventenne che si trasferisce da Québec City a Montreal per continuare l’attività agonistica nella corsa degli 800 metri con la speranza di entrare nella nazionale e partecipare alle Olimpiadi. Correre è la sua sola passione, quasi per nulla attratta dagli uomini, amica di un’altra atleta, pochissimo attratta da feste e vita mondana, Sarah subirà un vero trauma quando si scoprirà che, forse, soffre di uno scompenso cardiaco che le impedisce di praticare sport. Dispera decise di rischiare pur di non lasciare la sola cosa che ama: si leva l’apparecchio che le hanno dato in ospedale per monitorare il suo cuore e partecipa ugualmente ad una gara di selezione. E’ un piccolo film condotto con grande maestria, ed è il quadro di una psicologia giovanile che trova una sola strada per esprimersi. Davvero un piccolo gioiello.