41° Settimana del Cinema Magiaro 2010 - Pagina 5

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41° Settimana del Cinema Magiaro 2010
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Espresso
Espresso
Nel 1997 Tamás Sas ha diretto Presszó (Espresso), un film che destò qualche interesse poiché raccontava varie storie mantenendo la cinepresa all’interno di un bar e sfruttando, al massimo, ciò che si vedeva oltre la vetrata del locale. Nonostante queste limitazioni fisiche il film era ricco di eventi e di psicologie molto ben costruite. Dieci anni dopo il regista ritorna nello stesso locale, rinnovato negli arredi, per recuperare alcuni personaggi del vecchio lavoro e raccontare altre storie. Presszó10 év (Espresso 10 anni dopo) mette in scena quattro amiche, una è la figlia del vecchio gestore finito in carcere e ora è la proprietaria del bar, che raccontano conversando fra loro o con clienti occasionali le loro storie, gli intrecci amorosi di cui sono vittime o complici, i sogni che ancora animano le loro vite. Come nell’opera precedente il film funziona in crescendo sino al finale tragico. L’operazione ha un basso tasso di novità, né pretendeva di averlo, ma si fa apprezzare per l’abilità con cui il regista organizza le immagini in uno spazio notevolmente limitato. Altro pregio la bravura delle interpreti, tutte d’altissimo livello indipendentemente dall’età più o meno verde.
Quello del bunker
Quello del bunker
La situazione da cui parte Dezső Zsigmond per la realizzazione di Bunkerember (Quello del bunker) è una di quelle che, se sviluppate con fantasia e intelligenza, avrebbero potuto portare a un film di grande rilievo, Purtroppo così non è stato sia per la pochezza stilistica del regista sia per la scarsa fantasia dei suoi mezzi. Siamo in piena guerra fredda con conseguente psicosi atomica e un giovane contadino decide di costruirsi un rifugio antiatonico. La decisione si trasforma ben presto in vera e propria ossessione, per colpa dell’abbandono di moglie e figlio, la distruzione della casa in cui abita, la perdita del lavoro. C’è abbondante materia per un discorso serio sulle conseguenze drammatiche della psicosi, spesso gonfiata ad arte, della guerra e, di conseguenza dello straniero visto come sicuro portatore di minacce. Purtroppo la regia, oppressa anche da una sconcertante banalità espressiva, non tenta neppure di imboccare questa strada limitandosi a percorrere le vie della solita commedia paesana con tanto di capostazione alcolizzato e villane infoiate succubi delle grazie del giovane. Un’occasione sprecata e un film banale.
Poligamia
Poligamia
Poligamy (Poligamia) di Dénes Orosz è una commedia sentimentale non priva di una certa grazia, ma del tutto prevedibile. Dopo anni di convivenza un dirigente televisivo è stufo della routine familiare e inizia a sognare nuove compagne. Ovviamente sono le proiezioni dei sogni maschili nei confronti dell'immagine femminile: la maliarda assatanata, la buona cuoca, l’orientale, e via elencando. Un discorso che avrebbe potuto svilupparsi in maniera originale e interessante, ma che naufraga nell’ovvietà più desolante.
Ciribiribin
Ciribiribin
Con Csiribiri (Ciribiribin) János Rózsa, specialista di film sull’infanzia, segue le ultime fatiche della cantante Judith Halász, una sorta di Cristina D’Avena in versione magiara. Il regista è molto bravo nel far emergere, durante il primo concerto, la commozione delle mamme, più ancora di quella dei figli, sintomo di una trasversalità in cui s’intrecciano ricordi e vissuti di varie generazioni. Un filo rosso che, purtroppo, il resto del film abbandona limitandosi a registrare canzoni ed entusiasmo del pubblico.