12º Festival Internacional de Cine Las Palmas de Gran Canaria 2011 - Pagina 4

Stampa
PDF
Indice
12º Festival Internacional de Cine Las Palmas de Gran Canaria 2011
Pagina 2
Pagina 3
Pagina 4
Pagina 5
Pagina 6
Tutte le pagine

 

Candidata a Capitale Europea della Cultura nell'anno 2016, Las Palmas, 400.000 abitanti, è città che ha dato i natali a Perez Galdós e Alfredo Kraus e una perla del turismo che punta sull'arte, sull'università, sul teatro e sul cinema. Ne fa parte questo festival che vanta dieci sezioni e quattro giurie, con alcuni film, poi, che concorrono in due sezioni: l'ufficiale e quella riservata ai nuovi registi. E’ il caso di Théo Court - 31 anni, di origini cilene ma nativo di Ibiza, dopo studi di filosofia a Madrid e scuola di cinema a Cuba e del suo primo lungometraggio - prodotto da Cile, Messico, Santo Domingo – che dura ottanta minuti e s'intitola Ocaso (Declino).  Suo maestro dichiarato: Andrei Tarkovski e, per sua ammissione è solidale col cinema dell'argentino Lisandro Alonso per la ricerca di un cinema anonimo, che parla di personaggi nascosti e isolati. Non cita Carlos Sorín, i cui ultimi film, mostrano molte analogie con i suoi, ma forse sono troppo carichi di parole per il cinema estremo che lui predilige. In realtà, questo cineasta resta in bilico tra cinema e pittura realizzando a scene che sembrano dilatare i tempi reali. Si comporta, infatti, come un entomologo che osservi la natura, nel suo caso le ventiquattro ore della vita di un vecchio maggiordomo in una casa di campagna in rovina. Interpretato da Rafael Vázquez, anni prima aveva lavorato nella fattoria, dove sorge la casa, il film mostra campi avvolti nella nebbia che nascondono la magione ormai abbandonata dove l'ex domestico esegue i rituali quotidiani prima di congedarsi. In una serie di scene, che per il regista fingono una galleria di quadri ispirati da pittori classici e barocchi, vediamo Rafael prepararsi il caffè, lavarsi, recarsi a un ruscello per attingere acqua, raccogliere ramoscelli secchi, preparare le verdure per una zuppa e cogliere dall'albero alcuni cachi. Intento dichiarato del regista: trasmettere la solitudine del protagonista, e tracciare il profilo di un uomo al quale non resta che la fedeltà al suo passato, alla professione esercitata e a un mondo ormai scomparso. Per farlo ha girato il film nella fattoria che trent'anni prima era stata dei suoi nonni, e riesce nel suo intento poetico e sociologico, rendendo l'immagine del tramonto di un'epoca e di un uomo ormai superato dalla modernità. Come spesso accade per certe scelte estreme, Ocaso ha trovato fan entusiasti e qualche spettatore che ha lasciato la sala durante la proiezione. Certamente, aver voluto eliminare dal film qualsiasi intrigo narrativo, lo pone quasi certamente fuori da qualsiasi possibilità di sfruttamento commerciale. Cosa che sembra essere l'ultima preoccupazione del regista che considera il film come una lode al silenzio, quasi a dimostrare che il cinema sonoro era un punto di arrivo e che il cinema parlato non ha fatto che complicare le cose. Eco involontario al limitarsi alla musica di sorgente di Ocaso, alcuni film asiatici in concorso, già visti a Cannes e a Venezia, che pur nelle loro lentezze e nei rari dialoghi sembrano in confronto opere saccenti.