40º Sitges Festival Internacional de Cinema de Catalunya 2007

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Reportage dal 40º Sitges Festival Internacional de Cinema de Catalunya, a cura di Renzo Fegatelli.

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I premi.

Giuria ufficiale: Zoë Bell, Ruggero Deodato, Mark Palansky, Casimiro Torreiro, Eloy Azorín.

Miglior film: The Fall (La caduta) di Tarsem Singh

Miglior regia: Jaume Balagueró & Paco Plaza per il film REC

Miglior attrice: Manuela Velasco interprete di REC di Jaume Balagueró & Paco Plaza

Miglior attore: Sam Rockwell interprete del film Joshua (El Hijo del Mal) (Joshua - Il figlio del male) di George Ratliff

Migliore sceneggiatura: Chung Seo – Kyung, Park Chan-wook per il film  I’m a Cyborg but that’s Ok di Park Chan-wook.

 

Da El Orfanato a La habitación de Fermat 

 

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L'orfanatrofio

Il 40º Sitges Festival Internacional de Cinema de Catalunya è stato inaugurato da un film totalmente catalano, El Orfanato (L’orfanotrofio), già presentato a Cannes e che rappresenta la Spagna agli Oscar. Opera prima di Juan Antonio Bayona, trentaduenne di Barcellona che per anni ha frequentato da spettatore il Festival, quest’opera fa parte di una vasta produzione catalana e casigliana che ha brillantemente invaso gli schermi della manifestazione. C'era, infatti, anche Rec il film di Jaume Balagueró visto a Venezia, e l'anteprima de La habitación de Fermat (La casa di Fermat), intricante debutto di due giovani sceneggiatori, i trentenni Luis Pedrahita e Rodrigo Sopeña, ex studenti dell'università di Navarra. Sorta di thriller matematico, il film mette in scena quattro brillanti matematici che ricevono un invito esclusivo.

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La casa di Fermat

L'invito, infatti, è rivolto soltanto a scienziati in grado di risolvere un certo enigma, e loro ci sono riusciti. Richiesti di accettare un nome fittizio e di non portare con sé il telefonino, i quattro seguono una mappa che li porta, dopo aver attraversato un fiume, ad un casolare abbandonato. Quattro sconosciuti: un giovane universitario, una ricercatrice, un inventore di mezz’età e un elegante matematico, pignolo e distaccato, entrano sconcertati nel casolare, ma scoprono che all'interno c'è un vasto ambiente, accogliente e moderno. Lì incontrano Fermat, un affabile anziano che una telefonata improvvisa, durante la cena, chiama al capezzale della figlia, vittima di un incidente. Rimasti in quattro, gli ospiti si rendono conto di essere caduti in una trappola. Le pareti, infatti, cominciano a restringersi. Per fermarle devo rispondere ad alcuni enigmi che gli sono sottoposti sullo schermo di un telefonino. Dapprima è una gara per mettere in mostra le proprie qualità, poi una lotta per trovare una via d'uscita. Cosa non facile visto che ciascuno di loro si ritiene vittima di una vendetta, infatti, tutti hanno qualcosa da rimproverarsi e si credono vittime di Fermat, sin quando sorgono altri dubbi. Interpretato da Lluis Homar, Santi Millan, Alejo Sauras, Elena Ballesteros, e da Federico Luppi nei panni di Fermat, il film racchiude in novanta minuti originali riflessioni matematiche, suspense, e un serrato scontro di personaggi.

 

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Il ritorno di George A. Romero

Universalmente riconosciuto come il più importante Festival di cinema Fantastico, anche se da alcuni anni si chiama Festival Internacional de Cinema de Catalunya, questa manifestazione celebra i suoi 40 anni con una schiera di cineasti illustri. Si passa da Jesús Franco, decano spagnolo del cinema di terrore, agli statunitensi Robert Englund, William Friedkin, Alex Proyas, Larry Fessenden, all’italiano Enzo G. Castellari, a cui è riservato un omaggio, a tecnici quali Syd Mead e Douglas Trumbull e, soprattutto, a un maestro del genere: George A. Romero, che vi torna dopo 22 anni per ricevere il Gran Premio d'Onore del Festival. Il regista non arriva a mani vuote, perchè, dopo l'anteprima mondiale di Toronto, porta qui il suo ultimo film: Diary of the Dead (Diario dei morti).

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Diario dei morti

Alto e magro, i capelli bianchi legati alla nuca, grandi occhiali neri, il regista ha presentato questa sua fatica in cui si racconta di alcuni studenti di cinema che, accampati in un bosco con una roulotte, stanno girando una scena notturna di un film indipendente realizzato con una cinepresa a spalla. Di opinioni diverse, i giovani discutono animatamente prima di salire sulla roulotte, mettere in moto e dirigersi verso la città. Inevitabile la notizia di morti viventi che invadono le strade e che costringono gli studenti a cercare riparo. Incontri, nascondigli e difese sono quelli di sempre, ma la novità è data dal fatto che i protagonisti vogliono diventare professionisti del cinema e hanno idee personali. Inoltre sono decisi a riprendere tutto e le immagini registrate diventano più importanti di quelle vissute. George A. Romero ha girato un film a piccolo budget per una produzione indipendente. Abbiamo colto l’occasione per rivolgergli un paio di  domande.

Perché dopo tanti successi ha scelto una piccola produzione indipendente?

Volevo rivivere la prima notte. Tornare indietro alla mia prima ispirazione, per questo ho impiegato attori sconosciuti in un film indipendente che mi riporta alle mie radici. Mi sorrideva l'idea di ricominciare a 67 anni con un piccolo film, e l'unica maniera per farlo era quella di lavorare con studenti di cinema che hanno deciso di riprendere tutto con la cinepresa. In realtà si tratta di un’opera di zombie che parla dell'esplosione dei mezzi di comunicazione. E la storia si basa su fatti reali, lontana da qualsiasi implicazione di carattere politico. Tanto per capirci: Bush non c'entra.

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Diario dei morti

C’è un revival dei film di zombie?

E' solo questione di soldi. Si girano i film che si riescono a vendere. Sono cinico su queste cose, ma ritengo che la grande produzione di libri e di film sui morti viventi non abbia alcuna relazione con la morte. E non si possono neanche mettere in relazione col subcosciente.

 

Il fantastico piace ai giovani registi

Il 2007 ha apportato due novità al 40º Festival Internacional de Cinema de Catalunya: una nuova sala di 400 posti all'interno dell'albergo del Festival e una programmazione a seguire senza spazi tra i film. Questo perché essendo il primo e il più popolare Festival di cinema fantastico del mondo non è in grado di rifiutare l'offerta sempre più invadente di realizzazioni di fantascienza. Il risultato: circa 250 film di genere da presentare in 10 giorni in quattro grandi sale, dalle 8.30 del mattino alle 3 del giorno successivo, questo oltre le proiezioni gratuite sugli schermi sotto il tendone allestito sul lungomare. Un vero tour de force che implica una scelta e molte rinunce da parte del pubblico.

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Il re della montagna

Limitandosi ai film in concorso nell'Auditorio vanno citati altri due titoli della produzione di cinema fantastico spagnolo: Aparecidos (Apparsi) di Paco Cabezas e El Rey de la Montaña (Il re della montagna) di Gonzalo López Gallego, superpremiato nel 2000 col film d'esordio Nómadas (Nomadi). Sono opere meno riuscite di quelle di cui abbiamo parlato i giorni scorsi, ma pur sempre realizzati da giovani cresciuti nell'ambito di un genere che, a Barcellona, può contare da anni su una gode di una factory diretta del regista americano Brian Yuzna. Entrambe ruotano attorno a giovani coppie intrappolate in un universo fantastico da cui non riescono a sfuggire. Gli interpreti de Il re della montagna sono l'attore argentino Leonardo Sbaraglia, nei panni di un giovane che sta per raggiungere la fidanzata percorrendo in auto una strada di campagna, e da Maria Valverde che da vita a Bea, ragazza indipendente che il giovane incontra durante una sosta una pompa di benzina. Hanno una relazione fulminea nelle toilette, ma quando lei parte, lui scopre che la fanciulla gli ha rubato il portafoglio. L'inseguimento tra le montagne porta il giovane ad esporsi al tiro di misteriosi franchi tiratori che gli bloccano l'auto. Quando, finalmente, riesce a trovare rifugio in una locanda abbandonata incontra Bea che afferma di non aver rubato nulla. In ogni caso non c'è tempo per discutere in quanto l’arrivo di alcuni poliziotti costringe la coppia ad uscire dalla locanda. I tutori dell’ordine non credono alla dichiarazioni dell’uomo, mentre si scopre che la donna viaggia su una macchina rubata. Ammanettati sono avviati alla vicina città, ma misteriosi colpi di fucile uccidono un agente e feriscono l'altro. I due giovani scappano e diventano bersagli dei tiratori invisibili. Il film mette in scena una sorta di caccia all'uomo, come era di moda nel cinema fantastico degli anni Trenta e si chiude in tono minore con la scoperta che gli infallibili e misteriosi tiratori altro non sono se non due bambini che si addestrano al tiro.

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Apparsi

La coppia di Apparsi è, invece, composta di due fratelli giovanissimi che affrontano un lungo viaggio in Argentina per raggiungere il padre gravemente ammalato. Sulla via del ritorno, lui trova un vecchio diario che racconta di un viaggio di vent'anni prima pieno di misteriosi avvenimenti. La scoperta lo induce a pernottare nel motel citato nel volume, anche se la sorella non si mostra affatto entusiasta. Vorrebbero la camera 206, citata nello scritto, ma avranno la 207 e alle tre del mattino, come avvenne vent'anni prima, dalla camera a lato si udranno le grida di madre e figlia che fuggono terrorizzate. Impauriti fratello e sorella fuggono in macchina. Sulla strada assistono al sequestro delle due donne, inseguono il furgoncino e, a una pompa di benzina, riescono a liberare la bambina. Fuggono nuovamente ma sono inseguiti tallonati dal furgoncino misterioso che gioca con loro come il famoso camion di Duel (Duello, 1971) film d’esordio nel lungometraggio di Steven Spielberg. L’opera si muove tra finzione e realtà descrivendo atmosfere terrorizzanti che echeggiano, in parte, quelle del golpe compiuto dai militari argentini nel 1976. Il film è stato scritto dallo stesso regista e interpretato da Javier Pereira e Ruth Diaz.

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Per cogliere appieno l'attenzione mostrata dai giovani registi spagnoli verso il cinema fantastico vanno citati gli altri lungometraggi in programma nei prossimi giorni: Los cronocrimenes (I crimini del tempo) di Nacho Vigalongo, Km 31 di Rigoberto Castañeda, El ultimo justo (L’ultimo giusto) di Manuel Carballo, Hoy el día se repite diferente (Oggi il giorno si ripete in modo diverso) di Xavier Baig e Óscar Moreno, El barón contra los demonios (Il barone contro i demoni) di Ricardo Ribelles, Los Totenwackers di Ibón Comenzana e i film d'animazione, La crisis carnívora (La crisi carnivora) di Pedro Rivero, Nocturna (Notturna) di Victor Maldonado.

 

Ai francesi piace horror

Al Festival Internacional de Cinema de Catalunya, 40° edizione, quando il terrore non è made in Usa, assume l'aspetto di un rigoroso cinema francese. Lo dimostrano i tre film che hanno appassionato il pubblico in queste ore, opere prime di autori poco più che trentenni: Chrysalis (Crisalide) di Julien Leclercq, À l'interieur (All’interno) di Julien Maury e Alexandre Bustillo, Frontières (Frontiere) di Xavier Gens. Crisalide è il più rigoroso, da un punto di vista stilistico, con una fotografia a colori che rasenta il bianco e nero. E’ un’opera che si muove tra fantascienza, thriller e film d'azione.

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L’ambientazione è quella di una Parigi futuribile, siano nell'anno 2025, e il racconto usa un taglio da film noir per illustrare un futuro minaccioso. Al centro della storia ci sono due destini paralleli: quello di Manon, una ragazza che tenta di recuperare la memoria perduta, e quello di David, un ufficiale della polizia europea che dà la caccia a un contrabbandiere sospettato di aver assassinato sua moglie. E’ un universo in cui è sempre più difficile capire chi è chi e ove tutti finiscono col passare attraverso un centro di ricerche dove si fabbricano identità e si conservano memorie. Interpretato da Albert Dupontel, Estelle Lefébure, Marie Guillard e Marthe Séller, l’opera propone un’algida e complessa visione del futuro. Con All'interno usciamo dall'universo misterioso del film precedente per entrare in un mondo pieno di sangue e paura. All’inizio assistiamo ad un incidente d'auto dove una giovane donna incinta perde il marito.

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In un ospedale, alla vigilia di Natale, le dicono di tornare il giorno dopo per il parto. Rimasta sola a casa, subisce l'intrusione di una misteriosa figura femminile. La sconosciuta vuole appropriarsi del nascituro e, a colpi di forbice, ferisce la gestante che si difende e si barrica in bagno. La visita notturna dei genitori finisce nel sangue, così come quella di alcuni agenti di polizia, su di giri a causa del veglione natalizio. Alla fine non resta che un violento corpo a corpo tra le due donne (Béatrice Dalle Alysson Paradis) e una confessione che mette a nudo le motivazioni dell'assalitrice. Sono 85 minuti di suspense, girati in maniera quasi realistica per illustrare in modo implacabile la lotta di una madre per difendere il figlio che porta in grembo. Tutto il sangue che circola in All’interno potrebbe riempire una sola scena di Frontiere, un film che, partendo da alcune scene di taglio realistico, sfocia nello splatter più sfrenato. Cinque giovani di origine magrebina approfittano dei tumulti seguiti a manifestazioni contro le elezioni, vinte dai conservatori, per mettere a segno un colpo che frutta migliaia di euro. Uno di loro, moralmente ferito, è abbandonato al pronto soccorso, mentre gli altri quattro si dividono i soldi e si danno appuntamento in una locanda fuori città.

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Frontiere

I primi ad arrivare sono un giovanotto timido e un fanfarone che n Non sanno di essere entrati in un covo di ex nazisti. Il fanfarone si lascia circuire da una bella donna e finirà appeso ad un uncino, in una sorta di mattatoio per esseri umani, mentre il timido tenterà un'inutile fuga. La sorella del morto e il capo dei rapinati dovrebbero subire la medesima sorte, sennonché il leader ottuagenario dei nazisti, notando che la ragazza è incinta, decide di adottare il nascituro e far sposare la madre con il proprio figlio. La donna è di tutt’altro avviso e si batterà con le unghie e i denti, portando lo scompiglio fra i fanatici hitleriani e offrendo al film la possibilità di chiudere con un insolito finale. Ne sono interpreti Karina Testa, Samuel le Bihan, Estelle Lefébure, Aurélien Wilk. Un testo che si configura come opera di un rampollo di Tarantino o dell'Eli Roth di Hostel.

 


ImageAi registi Usa piacciono gli incubi.

Non si può scrivere di fantacinema dal 40º Festival Internacional de Cinema de Catalunya senza citare le produzioni di lingua inglese che arrivano da America, Australia, Gran Bretagna e Nuova Zelanda. Pur tralasciandone molti, non si possono non citare gli statunitensi An american crime (Un crimine americano) di Tommy O'Haver, First snow (La prima neve) di Mark Fergus, Dead silence (Il silenzio morto) di James Wan, Roman di Angela Bettis; The Last Winter (L’ultimo inverno) di Larry Fessenden (una coproduzione USA - Islanda), WAZ di Tom Shankland, Slipstream (un tipo di letteratura fantastica) di Anthony Hopkins, quest’ultimo è un testo di difficile collocazione e di incerta distribuzione all'estero. Va detto che a Sitges non sono mancati le ultime fatiche di Woody Allen, Cassandra's Dream (Il sogno di Cassandra) e Brian De Palma (Redacted) cui hanno fatto compagnia altri titoli di prossima uscita quali Stardust (Polvere di stelle), e soprattutto, la versione final cut di Blade Runner restaurato a quaranta anni dall'uscita. In ogni caso vale la pena spendere qualche riga sui titoli nuovi e di produzione indipendente. Un crimine americano è un’opera sballata anche se nato da una storia vera. Dopo due film di taglio romantico, Ella Enchanted (Il magico mondo di Ella, 2004) e Get over it (2001), Tommy O'Haver riscrive, insieme a Irene Turner, una tragica vicenda degli anni Sessanta. Per motivi di lavoro la coppia di un circo lascia due bambine alle cure di una donna, madre di quattro figli. L’accordo è che i genitori inviino venti dollari a settimana per vitto e alloggio, visto che la donna è sola e povera. Non solo, ma ha anche vari amanti e una paranoia per le regole. Una delle bambine morirà e la donna finirà in prigione per vent’anni. E’ un film che affronta, in modo spietato, il tema dei maltrattamenti ai minori ed è costruito in modo che la vittima appaia ora viva e salva, ora morta. Ne sono protagonisti Catherine Keener, Ellen Page, James Franco e Bradley Whitford. Di ben altro livello formale Prima neve dell’esordiente Mark Fergus. Il film è interpretato da Guy Pearce e ha al centro la figura di un giovane venditore convinto di avere il mondo in tasca. Il racconto si tinge di nero, quando un indovino rifiuta di dirgli ciò che ha letto sul palmo della sua mano. Dopo ripetute insistenze il veggente gli dirà che lo aspetta tutto il male possibile e che ciò accadrà dopo che sarà caduta la prima neve. E' l'inizio di una tensione che percorre tutta la storia e che mette in risalto la curiosità e l'incertezza del protagonista verso il futuro annunciato. Il giovane allontana da casa la moglie e cerca indizi contattando amici d'infanzia fino a quando ne incontra uno che è in stato di semilibertà che rimprovera una cosa accaduta tempo prima. La soluzione è la cosa meno importante, ciò che conta è l'atmosfera densa e serrata di un racconto che offre 100 minuti di suspense ad alta tensione.

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James Wan, regista dei primi due episodi della serie Saw e produttore del terzo e quarto capitolo, con Silenzio mortale ha realizzato un thriller del tutto diverso dai film che lo hanno reso famoso. Il racconto ruota intorno ad una cantilena: Fai attenzione a Mary Shaw, che non aveva figli, ma soltanto pupazzi. Se la vedi apparire nei tuoi sogni, gridare è l'unica cosa che non devi fare. E’ questo il leit-motiv di un thriller terrorizzante ed accompagna l'apparizione di un pupazzo, consegnato in scatola chiusa, in una casa dove l'inquilino è trovato morto. E’ uno strumento usato dai ventriloqui, ma in un primo momento nessuno lo mette in relazione col morto. Dopo complicate indagini viene alla luce il fatto che Mary Shaw aveva un teatro ove teneva decine di questi pupazzi producendosi in spettacoli nei quali questi fantocci sembravano parlare veramente. A qualcuno, però, non piacevano le critiche che la donna faceva mediante la bocca dei pupazzi e, una notte, fa incendiato il teatro causando la morte della proprietaria e l’incenerimento dei suoi pupazzi parlanti. E’ ovvio che, ora, l'unico pupazzo sopravvissuto sta tentando di vendicare l’anziana teatrante. Il film è interpretato da Ryan Kwanten, Amber Valletta, Donnie Wahlberg, Michael Fairman e si configura come una favola assassina che scorre a suon di musica per 90 minuti. Angela Bettis, texana trentaquattrenne e attrice per Franco Zeffirelli in Storia di una capinera (1993), ha esordito nella regia un piccolo film di 92 minuti girato in digitale. In un caseggiato di operai siderurgici vive anche Roman, giovane ingombrante e taciturno che trascorre le ore serali bevendo birra e spiando una vicina dalla finestra. Quando la ragazza lo incontra in giardino lui le offre una birra e i due stringono amicizia.

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L’uomo la invita a casa, lei si lascia baciare e lui la spinge sul pavimento per fare l'amore, ma la soffoca. Per giorni nasconde il cadavere nel bagno, sotto un cumulo di ghiaccio. Quando una giovane pittrice, molto su di giri, lo invita a cena lui accetta. E' l'inizio di un flirt, ma il giovane continua ad essere innamorato della morta. Dopo giorni di incontri e di qualche piccola incomprensione, l'artista lo invita a casa dove lo attende una sorpresa. Il film è interpretato da Lucky McKnee, Néctar Rose, Kristen Bell e Ben Boyer e ha una struttura semplice, rigorosa e coerente. Dipana un'atmosfera di mistero che nasce dall'educazione avuta dall'operaio e che si riflette nella sua mente ingarbugliata. L'ultimo inverno del noto sceneggiatore, regista, attore e produttore Larry Fessenden e assai meno interessante. Il racconto è ambientato in una regione sperduta dell'Alaska e narra gli strani avvenimenti che si producono intorno a una stazione di ricerche. La storia si apre parlando dei guasti prodotti dai cambiamenti climatici e finisce con la distruzione della base e con la morte di quasi tutti i suoi occupanti. Ciò non avviene a causa del clima, ma della paranoia del capo interpretato da Ron Perlman. Waz, sta per la formula: w-delta-z, invece parla delle indagini condotte da due agenti, gli interpreti sono Stellan Skargsgard e Melissa George, che indagano su un killer seriale. Girato in larga parte in Europa, fingendo una New York notturna, deserta e desolata, il film costruisce una sorta di macabra detective story che tiene in sospeso lo spettatore sin quando sarà svelato il tipo di relazione che intercorre tra l'agente e il suo informatore.

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L’esordio dietro la cinepresa dell’attore Anthony Hopkins, autore di Slipstream, è stato decisamente deludente. Il film ruota attorno alla figura di uno sceneggiatore, interprete lo stesso Hopkins, che, durante la lavorazione di un film, sembra vivere in un sogno durante la lavorazione. Gli attori si ribellano perché i loro ruoli sono stati rimaneggiati, ma lo scrittore sembra immerso in un altro universo e lascia che tutto vada in malora. Lo scrittore, costantemente in bilico tra la realtà e vita interiore, finirà vittima di un incidente mentre tenta di capire il comportamento della sua partner. Tra gli attori ospiti da citare Christian Slater, John Turturro, Fionnula Flanagan e Stella Arroyave.

 I premi.

Giuria ufficiale: Zoë Bell, Ruggero Deodato, Mark Palansky, Casimiro Torreiro, Eloy Azorín.

Miglior film: The Fall (La caduta) di Tarsem Singh

Miglior regia: Jaume Balagueró & Paco Plaza per il film REC

Miglior attrice: Manuela Velasco interprete di REC di Jaume Balagueró & Paco Plaza

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La caduta

Miglior attore: Sam Rockwell interprete del film Joshua (El Hijo del Mal) (Joshua - Il figlio del male) di George Ratliff

Migliore sceneggiatura: Chung Seo – Kyung, Park Chan-wook per il film  I’m a Cyborg but that’s Ok di Park Chan-wook.

Miglior fotografia: Toyomichi Kurita direttore della fotografia del film Sukiyaki Western Django di Takashi Miike

Migliore scenografia: Takashi Sasaki sceneggiatore del film Sukiyaki Western Django di Takashi Miike 

Miglior trucco: À L'Intérieur di Julien Maury e Alexandre Bustillo

Migliori effetti speciali : Mushishi di Katsuhiro Ôtomo

Migliore musica originale: Kuniaki Haishima per la musica di Mushishi di Katsuhiro Ôtomo

Miglior cortometraggio: Saliva di Esmir Filho