11º Festival Internacional de Cine – Las Palmas de Gran Canaria 2010 - Pagina 2

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11º Festival Internacional de Cine – Las Palmas de Gran Canaria 2010
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La mia Tehean in vendita
La mia Tehean in vendita

Granaz Moussavi, trentasei anni, iraniana che vive in Australia dal 1974, è autrice di corti e di documentari. Con My Teheran for sale, (La mia Teheran in vendita) ha girato il primo lungometraggio. Ed è tornata a Teheran filmando con una camera digitale in clandestinitá. Il film si apre con una festa rave nei dintorni della capitale dove immancabili arrivano i guardiani della rivoluzione. Fermano la musica, separano le donne dagli uomini, li insultano e li caricano su un autobús. Marzieh (Marzieh Vafamehr), giovane attrice di un teatro clandestino, si era appartata con Saman, iraniano residente in Australia. Erano in un capanno fuori la discoteca e sono sfuggiti alla cattura. C’è del tenero tra i due. Lui la vuol portare in Australia, e lei spende il tempo in lunghe code all’ambasciata australiana, in visite mediche, e in richieste di documenti. Marzieh possiede un piccolo appartamento dove ospita Saman e dove spesso accoglie la bambina di una vicina. Saman telefona alla madre per dirle che ha trovato la donna della sua vita e che presto anche lei la conoscerá. Inatteso arriva il rifiuto del visto per l’espatrio. Lei risulta positiva all’Aids. Tenta di spiegare che deve esserci stato uno scambio di cartelle, ma lui l’insulta, impreca e va via infuriato. Lei non ci sta: se non può ottenere il visto per l’Australia, tenterá di uscire clandestinamente dal paese. E per farlo vende l’appartamento. Scritto, diretto e prodotto dalla Moussavi, insegnante di cinema a Sydney e autrice di 4 libri di poesie, il film è spesso ripetitivo. Anche il racconto risulta alquanto scombussolato. Ciononostante suggerisce atmosfere e situazioni che spiegano la sofferenza degli intellettuali a Teheran, il desiderio di una vita e di una societá diverse, la condizione senza futuro delle donne. E vanta l’ispirata interpretazione di Marzieh Vafamehr.

 

La donazione
La donazione

 
L’applauso piú lungo e piú caloroso è andato a un film canadese, La donation di Bernard Émond. Terza parte di una trilogía dedicata a fede, speranza e caritá, narra appunto il comportamento severo e caritatevole di un vecchio medico di campagna. Unico in un ospedale al centro di tanti piccoli villaggi, il Dr. Rainville (Jacques Godin) si assenta per un viaggio e lascia tutto nelle mani della dottoressa Jeanne Dion (Élise Guilbault). Prima, peró, le parla dei pazienti e delle situazioni piú difficili. Dovrebbe restare per un mese, ma il medico si ammala e lei deve prolungare il soggiorno. Quando l’anziano muore, Jeanne deve prendere una difficile decisione perché il medico le lascia casa e consulta medica se lei accetta di sostituirlo. Sollecitata da una suora, sorella del medico, affascinata dai paesaggi e cosciente dell’importante ruolo che svolge in quella comunitá rurale, Jeanne chiede tempo per poter decidere. Mio fratello, le dirá la suora, ci ha messo dieci anni prima di accettare. Primo film in concorso a potersi definire di taglio tradizionale, La donation evoca la bellezza di paesaggi desolati, di grandi cieli e di grandi solitudini. E descrive il piacere dell’onestá e della caritá parlando di tre professionisti seri, esperti nella loro professione e pronti a rendersi utili in una landa desolata dove soprusi e incidenti sono fatti quotidiani. Siamo al centro di un racconto morale che il regista realizza con un tocco poetico, poche frasi e alcuni silenzi, e con interpretazioni molto calibrate.