30° Festival Cinéma Méditerranée di Montpellier - Pagina 2

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30° Festival Cinéma Méditerranée di Montpellier
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Un fidanzato per Yasmina
Un fidanzato per Yasmina
Ricordato, per dovere di cronaca che il premio della giuria della critica è andato a Pranzo di Ferragosto di Gianni di Gregorio di cui abbiamo parlato in occasione della Mostra di Venezia, ove ha ricevuto il riconoscimento quale migliore opera prima, veniamo a Un novio para Yasmina (Un fidanzato per Yasmina) della spagnola Irene Cardona che ha ottenuto il miglior assenso del pubblico. E’ un’opera che mescola abilmente un tono da commedia all’italiana a temi di grande importanza politica e sociale, come l’integrazione fra le culture degli immigrati e quelle dei nativi. Una giovane mussulmana lavora in un centro per aiutare i magrebini. Ama un vigile urbano spagnolo, ma le due famiglie, quella di lei e, ancor più, quella di lui, non approvano l’unione. Gli islamici pretenderebbero che lui abbandonasse il cattolicesimo per diventare mussulmano, mentre i parenti del poliziotto sono convinti che la ragazza voglia sposarsi solo per ottenere la cittadinanza iberica. Rottura fra i due innamorati e famiglia tradizionalista che scaccia la donna costringendola a chiedere asilo alla direttrice del centro in cui lavora. E’ nel nuovo focolare che matura l’idea di percorrere davvero la strada del matrimonio fasullo, quale scorciatoia per ottenere la cittadinanza. Detto fatto, dopo un tentativo fallito ecco presentarsi l’occasione incarnata da un intellettuale disincantato e ribelle che campa alla giornata. L’uomo accetta l’accordo ma dopo un po’ scopre che, forse, Yasmina è la compagna che fa per lui. Commedia agrodolce, si è detto, girata molto bene ed interpretata con perizia, un prodotto ben confezionato, professionalmente impeccabile che, a ragione, ha incontrato il favore della maggioranza degli spettatori.
Punto
Punto
In programma c’erano anche due film turchi: Üç maymun (Tre scimmie) di Nuri Bilge Ceylan e Nokta (Punto) di Derviş Zaim. Di entrambi abbiamo già parlato, del primo in occasione del Festival di Cannes, ove ha riportato il premio per la migliore regia, del secondo dal Festival di Antalya ove ha vinto il Premio della Critica. A proposito di quest’ultimo titolo c’è da aggiungere una notazione che il regista ha ricordato e che ci era sfuggita nelle recensioni precedenti: la struttura a piani sequenza – 8 in tutto – corrisponde al tentativo di rendere omologo il racconto ad una delle più alte qualità della calligrafia araba: quella, raggiunta solo da pochi maestri, di scrivere ogni parola senza sollevare il pennello di scrittura dalla carta. Proseguiamo il discorso sui film che hanno ottenuto riconoscimenti con Kino Lika (Cinema Lika) del croato Dalibor Matanic che ha ottenuto il riconoscimento a disposizione del pubblico giovane.
Cinema Lika
Cinema Lika
E’ un’opera tratta da un libro di Damir Karakas, che nel film compare come attore, costruita in bilico fra il cinema di Emir Kusturica e quello jugoslavo vecchia maniera, con tanto di situazioni sul filo del grottesco - ributtante, come la sequenza in cui la grassa bottegaia, che non riesce a trovare nessuno che l’ami, decide di suicidarsi facendosi divorare da un maiale coricandosi nuda nella melma di uno stabbio. Il centro della storia, composta da tre vicende che hanno per protagonisti vari abitanti di un villaggio, è nel giovane, promettente calciatore che, giocando con un trattore, travolge e uccide sua madre. Non avrà più pace e, nonostante il sostegno del padre, finirà per rinunciare ad ogni possibilità di successo. Attorno contadini avari sino all’autodistruzione, veterinari ipernazionalisti, contadini in permanente stato alcolico, donne insoddisfatte e dal corpo sfasciato. Un mondo grottesco e miserabile, agitato dal referendum per l’adesione del paese alla Comunità Europea, quasi una prova sia delle spaccature che segnano il paese, sia delle speranze, quasi messianiche, che moti assegnano all’evento. L’obiettivo dovrebbe essere quello della costruzione di un mosaico da cui fare emergere arretratezza, sensualità, caos politico e tendenza alla violenza, ma l’obiettivo è lontano dall’essere centrato, quantomeno in modo preciso e organico. Il film ha più l’aria di un ammasso casuale di situazioni che quello di una disegno ordinato e lucido per cui si stentano a capire le ragioni che hanno determinato l’appezzamento dei giovani spettatori.