Sguardo sul cinema rumeno - Pagina 3

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Medalia de onoare (Medaglia al valore) di Calin Peter Netzer funziona quasi da ponte fra il cinema che guarda al passato e quello che affronta i problemi dell’oggi. Un ex combattente della seconda guerra mondiale, oggi settantacinquenne, riceve dal ministero della guerra la comunicazione che è stato insignito di una medaglia al valore per un’azione compiuta nel 1944, durante la guerra contro i nazisti dopo che la Romania aveva cambiato fronte passando dall’alleanza con le potenze dell’Asse a quella con l’Unione Sovietica. Da qualche anno in pensione, l’uomo vive fra le mille difficoltà che segnano la vita di tutti i giorni. Suo figlio è emigrato in Canada, si è sposato con una ragazza di colore e intrattiene rapporti solo con la madre. La vita coniugale è segnata da mutismo fra i coniugi, un rancore inspessito dagli inciampi della vita quotidiana: il riscaldamento che non funziona, la difficoltà di saldate puntualmente le spese d’amministrazione, i vicini che parlano quasi solo con sua moglie. In quest’universo grigio il riconoscimento ministeriale diventa, una sorta di rivincita, un momento di ritrovata dignità. Sennonché, pochi giorni dopo arriva una seconda lettera che segnala come la prima comunicazione sia inviata per errore: la medaglia non è sua ma di un quasi omonimo. Sembrerebbe un piccolo incidente, ma l’uomo si è inorgoglito, ha trovato una ragione d’identità, non vuole restituire il pezzetto di metallo e, quando è costretto a farlo a forza, ne compra un altro da un rigattiere e lo sfoggia con orgoglio al pranzo organizzato per la visita del figlio, ritornato brevemente a casa. E’ una cerimonia in cui l’imbarazzo si taglia con il coltello, tutti sembrano felici, anche se quasi non gli parlano, solo il nipotino, che egli vede per la prima volta, da importanza alla medaglia, ma lo fa solo per giocarci. L’anziano, triste e deluso, è costretto a trincerarsi dietro un mesto sorriso di circostanza. E’ una storia molto semplice, trattata con finezza e grande attenzione psicologica. Vi traspare molto di più di un semplice aneddoto, bensì il quadro di una condizione umana umiliata ieri, messa da parte oggi. Questo vecchio illuso è parente stretto dei milioni di esseri umani prima schiacciati dal socialismo reale, poi travolti dal capitalismo selvaggio. Un film che tratteggia un quadro di grande umanità e lo fa con misura e delicatezza. Una piccola divagazione per segnalare come recentemente il cinema israeliano abbia utilizzato una situazione molto simile a questa per realizzare Footnote (Nota a piè di pagina) firmato da Joseph Cedar.

Veniamo ora alle opere che si rivolgono direttamente alla società di oggi. Schimb valutar (Cambio) di Nicolae Margineanu muove da una città di provincia e ha per protagonista un giovane che perde il posto per la chiusura della fabbrica in cui è impiegato. Rifiuta di ritornare a lavorare nei campi con il suocero e convince la moglie a vendere ogni cosa ed emigrare in Australia. Per riuscirci occorre trasformare in dollari i leu ottenuti dall’alienazione dei beni di famiglia, cosa che può essere fatta solo a Bucarest. Qui è subito derubato e costretto a rimontare da zero la scala sociale. Ci riesce grazie all’aiuto di una prostituta dal cuore d’oro, ma al prezzo di trasformarsi in truffatore e ladro. Quando, imbottito di valuta, sta per salire sull’aereo per Sidney, un banale incidente rimetterà tutto in discussione. Il film vale, soprattutto, per la straordinaria e lucida descrizione del degrado morale, economico e ambientale di un paese ex-comunista, piombato nelle fauci del capitalismo selvaggio. La descrizione dei tuguri in cui vivono migliaia di rumeni, la ferocia della vita di tutti i giorni, l’alluvione di crimini che costellano la quotidianità, tutto questo concorre a dare al racconto il valore di un quasi documentario e alla storia una funzione d’esempio, uno fra i tanti, della barbarie in cui è piombato il paese. Lo stile è quasi televisivo, con luci che imitano quelle naturali e personaggi che nulla hanno di eccezionale se non il peso delle disgrazie che li opprimono.

Sulla stessa linea si colloca Pescuit sportiv (Pesca sportiva) di Adrian Sitaru, un'opera che guarda, forse con eccessiva insistenza, ai film basati su un estraneo che si inserisce in una coppia, apparentemente felice, facendone esplodere le contraddizioni. Qui a far saltare l’equilibrio è una giovane prostituta, casualmente investita dall'auto dei due, un professore di matematica idealista e la sua amante, che stanno andando a fare un picnic. La presenza dell'estranea rovescia l’apparente sicurezza della coppia e il suo comportamento, prima si offre all'uomo poi pretende di toccare la donna, rompe il fragile equilibrio che regna nella coppia e la spinge sin quasi alla rottura. Il film è girato in soggettiva saltando dallo sguardo di un personaggio a quello di un altro, una scelta espressiva che, alla lunga, finisce col disturbare un poco senza ottenere un effetto stilisticamente pregevole.

Assai più equilibrato il risultato cui approda Marti, dupa Craciun (Martedì, dopo Natale) di Radu Muntean che radiografa, con toni quasi da cinema – verità, una crisi coniugale. Paul e Adriana sono sposati da dieci anni e hanno una figlia di otto, vivono senza troppi problemi economici, anche se il marito fa un lavoro un po’ misterioso. Un giorno lui s’innamora di una giovane dentista, perde la testa e, dopo qualche mese, confessa tutto alla moglie, proprio alla vigilia di Natale, con tanto di pranzo festivo, albero e regali in salotto. Il film non dice altro, non si schiera per nessuna delle parti, descrive con toni appassionati il nuovo amore, ma non ne fa oggetto di scandalo erotico. E’ un ritratto di normalità in un interno che la dice lunga sugli sbandamenti delle nuove generazioni e sulla perdita di punti di riferimento, anche personali.