Sguardo sul cinema rumeno - Pagina 2

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Sguardo sul cinema rumeno
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Un approccio stilistico che ritroviamo in numerose opere di questi anni come, ad esempio, Politist, adjectiv (Poliziesco, aggettivo, 2009) di Corneliu Porumboiu un cineasta che aveva già all’attivo un titolo di grande forza inserito anche nei cartelloni delle nostre sale: A Fost sau n-a fost? (letteralmente C’è stato o non c’è stato, ma il titolo internazionale è stato 12:08 Est di Bucarest, 2006). Questa sua nuova fatica è uno straordinario ritratto dell'adeguamento di un giovane agente alle regole burocratiche e al rispetto delle gerarchie. Cristi è un poliziotto che prende sul serio il lavoro, ma non dimentica le ragioni umanitarie. Un informatore gli segnala che alcuni liceali fumano hashish, cocciuto e umano inizia a pedinare uno degli studenti e si rende conto che si tratta di una bravata giovanile e che il vero colpevole, se mai ne esiste uno, è il fratello maggiore di uno dei ragazzi che utilizza frequenti viaggi in Italia per contrabbandare fumo. A questo punto la logica vorrebbe che si lasciassero stare i ragazzini per prendere in trappola il fornitore, ma il capo della polizia pretende arresti immediati e con una lezione di semantica, da qui il titolo, degna di una cattedra universitaria, costringe l'agente a organizzare una retata con tanto di telecamere, progettata come se si trattasse di arrestare qualche pericoloso delinquente. E' un film apparentemente semplice, in realtà ricco di riflessioni sulla vita e la società rumene. Certo il ritmo è lento e vi sono momenti che ostacolano alcune parti del racconto, come i pedinamenti seguiti quasi in diretta, ma il risultato è di grande interesse.

Già che siamo in argomento ricordiamo il film precedente di questo autore opera che gli ha fruttato la Camera d’Or al festival di Cannes 2006. E un testo che affronta temi legati alla memoria della rivolta che causò la fine di Nicolae Ceauşescu (1918 – 1989) ma lo fa con il taglio di una commedia amara. Diciassette anni dopo la caduta del dittatore, il responsabile di una miserabile televisione di provincia invita due partecipanti ai moti chiedendo loro di rispondere alle domande degli ascoltatori. Il risultato è devastante, la maggior parte degli interlocutori mette in dubbio l’eroismo dei due, mentre un ex funzionario della polizia politica, oggi importante industriale, arriva sino a minacciare querele. E’ questo il quadro della società emersa da quelle fragili speranze e finita annegata nell’alcol o corrotta dalla corsa al denaro facile e, spesso, sporco. Un film amaro in cui i toni da commedia si tingono abbondantemente di nero.Il nuovo cinema rumeno nasce dal travaglio subito dal paese con la fine drammatica del regime real - socialista e questo dato si riflette in numerose opere che fanno riferimento a quei giorni. Oltre a numerosi documentari e al già citato A est di Bucarest, va ricordato almeno Hirtia ve fi albastra (Il documento blu) di Radu Muntean che racconta, in flash back la morte di un soldato che si unisce ai rivoltosi nei giorni del grande caos ed è scambiato per uno dei sostenitori del regime e come tale ucciso. Il film ha il pregio di fornire un quadro variegato e approfondito della confusione seguita alla caduta del tiranno, i salti della quaglia fatti da molti, l’incapacità dei rivoltosi a dare un senso immediato e preciso alle loro scelte. Un’opera più interessante che bella. Sulla stessa lunghezza d’onda si colloca Caravana cinematografica (Cinema mobile) di Titus Munteam, che racconta una storia in cui risuonano echi di testi classici come L’ispettore generale (Revizor, 1936) di Nikolaj Vasil'evič Gogol' (1809 - 1852) e richiami stilistici alla commedia di costume italiana. Siamo nel 1959, in un piccolo villaggio di campagna arriva un giovane funzionario culturale ambizioso, ottuso e frustrato con l’incarico di proiettare, mediante un cinema mobile, l’ennesimo film bellico di esaltazione del regime. Questi ha passato la giovinezza in un orfanatrofio e vive l’incarico come una rivincita dalle umiliazioni che ha dovuto subire. Tuttavia il suo compito è ostacolato da vari inciampi che vanno dalla cronaca disorganizzazione della burocrazia (nessuno ha tenuto conto che gli abitanti del paesino lavorano in una città vicina e ritornano solo il sabato per cui non c’è quasi nessuno), alla sottovalutazione delle continue interruzioni nell’erogazione dell’energia elettrica e l’inclemenza del tempo, perché in quelle ore infuria una vera e propria bufera. Tutto questo induce il piccolo burocrate a scorgere da ogni parte sabotatori e anticomunisti. Ad esempio, quando un mandriano debole di mente, manda le sue mucche a cozzare contro il camion - cinema facendolo finire in un fosso, il funzionario non accetta il fatto come un banale incidente di percorso, ma vi scorge una trama sovversiva da denunciare alle autorità. Allo stesso modo quando alcuni rulli di pellicola finiscono accidentalmente in acqua, non pensa a una normale sbadataggine, ma a una trama controrivoluzionaria. L’unica cosa che lo intenerisce sono i begli occhi e il corpo sinuoso della giovane bibliotecaria la cui immagine mentre si aggiusta le calze lo induce a masturbarsi mentre scorrono le immagini di ciò che resta del film patriottico. In qualche modo la missione educatrice è portata temine, ma, prima di ripartire per il capoluogo di provincia, il piccolo burocrate fa fermare il camion davanti alla casa in cui abita la giovane, scende e la violenta. Poco dopo arriva la notizia che, nonostante le assicurazioni da lui fornite ai dirigenti locali, una commissione d’inchiesta è già in viaggio per scovare i sabotatori che si annidano fra i poveri paesani. E’ un film molto amaro, una di quelle opere che coprono con sorriso e gag la denuncia di un’epoca terribile che nessuno rimpiange. Il modello narrativo è, in tutta evidenza, la commedia italiana, anche se la malinconia e la pena superano notevolmente la voglia di ridere. Stilisticamente il film non eccelle in originalità, ma ha una forza morale e politica che merita grande attenzione.