01 Dicembre 2008
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26° Torino Film Festivall 2008 |
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I premi |
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Helen di Christine Molloy e Joe Lawlor è un film piuttosto originale, ma non completamente riuscito. Una studentessa scompare misteriosamente in una campagna inglese da cartolina, una sua collega è scelta dalla polizia per ricostruirne gli ultimi movimenti, ma, progressivamente, si identifica con l'altra sino ad assumerne la personalità, anche se la sua biografia e condizione sociale sono completamente diverse da quelle della scomparsa. La base di partenza è abbastanza stuzzicante, ma il film realizza solo in piccola parte le promesse che lascia intravedere allinizio.
Mein Freund Aus Faro (Il mio amico di Faro) della tedesca Nana Neul oscilla fra il film di rivendicazione omosessuale e quello giovanilista. Una ventiduenne, che lavora alla confezione dei pasti per i passeggeri di una compagnia aerea, ha modi e aspetto talmente ambigui da poter essere scambiata per un maschio. E' quanto capita ad una giovane studentessa che si innamora di lei sino al momento in cui deve prendere atto, inorridendo, della realtà. Separazione e partenza della lesbica per nuovi lidi. Se la rivendicazione del diritto all'amore fra persone dello stesso sesso è un dato più che legittimo e apprezzabile, l'intera storia è costruita e girata come un fumetto patinano a destinazione di un pubblico di ragazzini. Un film piuttosto banale, nonostante il ricorso ad argomenti che si vorrebbero scottanti e anticonformisti.
Il programma conteneva molti titoli, citiamone due fra quelli che sono parsi più interessanti. The escapist (I fuggiaschi) del francese Rupert Wyatt è una produzione anglo-irlandese che racconta la fuga di prigione di un gruppo di detenuti. Apparentemente è un film carcerario come se ne sono visti tanti, in realtà oltre i luoghi comuni e i personaggi codificati sviluppa una storia al limite del fantastico, lintera operazione è un drammatico sogno, in cui la regia innesca caratteristiche psicologiche di grande rilievo. Latmosfera tutta maschile e claustrofobica assume, in questo modo, una dimensione più ariosa e sorregge una tensione tuttaltro che banale. Interpretato da una pattuglia di attori che rappresentano il meglio della tradizione britannica, il film conferma la serietà professionale e la solidità di unindustria che sa utilizzare le doti di un artigianato maturo come leva per distinguersi a livello internazionale.
Sono doti che ritroviamo anche in Etz Limon (Il giardino dei limoni) dellisraeliano Eran Riklis di cui avevamo già apprezzato sia Gmar Gavia (Finale di coppa, 1992) sia Ha-cala Ha-surit (La sposa siriana, 2004), Ancora una volta il punto di partenza è un fatto apparentemente banale una vedova che vive coltivando limoni si vede imporre dai servizi segreti israeliani lo sradicamento delle piante perche potrebbero essere utilizzate come nascondiglio da ipotetici attentatori alla vita del Ministro della Difesa che ha una residenza nei pressi per svolgere un discorso in favore della comprensione fra le genti. Un tema che potrebbe prestarsi a derive populiste, ma che la regia riesce sempre a mantenere sui binari di una lucida analisi dei comportamenti e delle ragioni delle forze in campo. Un film molto ben costruito e politicamente apprezzabile.