30° Festival Internazionale del Film de Il Cairo - Pagina 3

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30° Festival Internazionale del Film de Il Cairo
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Dovere civico
Passiamo ora ad opere d’altra provenienza.
La mémoire des autres (I ricordi degli altri) della svizzero – cilena Pilar Anguita-McKay mette assieme uno dei filoni tipici del cinema latinoamericano con ricordi cinefili dotti che vanno dal Rashômon (1950) di Akira Kurosawa al cinema di Ingmar Bergman. Due sorelle e un fratello si ritrovano nella casa di famiglia chiamati dall’unica che vi è restata per prendere una decisione sulla sorte della madre, paralizzata e ammalata terminale. La riunione fa esplodere una galleria di ricordi legati alla morte del padre, della quale ciascuno dei figli se sente colpevole, mentre si è trattato di un incidente. Il finale spezza un lancia a favore dell’eutanasia passiva, ma è dall’intrecciarsi dei ricordi che nasce la migliore dote del film: la descrizione delle psicologie dei vari personaggi collegate alle immagini degli scenari alpini in cui il film è ambientato.
I Know I had a Better Title, but I Forgot it (So che avevo un titolo migliore, ma l’ho dimenticato) del kosovaro Arben I Kastrati ripercorre la vita di un giovane nato nel 1967, a Skopje, sino alla dissoluzione della Iugoslavia e alla feroce guerra del Kosovo. Il film è girato come un diario, con il protagonista che parla in prima persona, la struttura a capitoli scanditi dallo scorrere degli anni e dallo svilupparsi degli eventi. La prima mezz’ora funziona bene e il film riesce a mettere in campo quel misto di ironia, tragicità e nostalgia che da sempre è una delle doti migliori del cinema balcanico. Poi il meccanismo diventa ripetitivo, scivola nell’indignazione di parte e nella facile retorica dei sentimenti.
Civic Duty (Dovere civico) del canadese Jeff Renfroe è un interessante film medio sull’ossessione della sicurezza negli Stati Uniti dopo l’attentato delle Torri Gemelle. Un esperto di finanza, che ha appena perso il posto per una ristrutturazione aziendale, cova il sospetto che un suo vicina di casa sia un terrorista. Nella sua testa il dubbio diventa progressivamente certezza, sino a portarlo al sequestro del sospettato, operazione nel corso della quale ammazza casualmente sua moglie. Finale con il tizio in manicomio a meditare su complotti inesistenti. Il film ha una partenza e alcuni spunti centrali chiaramente politici, ma nuove, in realtà attorno ad un’ossessione che riguarda le paure suscitate dal pericolo del terrorismo, ma potrebbe applicarsi a qualsiasi altro argomento. Da questo punto di vista il film è ben costruito e tiene dal principio alla fine, facendo quasi rimpiangere la scelta del tema terrorista che finisce per l’essere quasi un diversivo rispetto all’asse centrale.