27 Novembre 2016
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15 Rome Independent Film Festival |
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Nella sezione National Feature Film Competition del Festival, il terzo film di Sebastiano Rizzo dopo La ricotta sul caffè e Nomi e cognomi. Basato sul libro di Luigi Di Cicco e di Michele Cucuzza, Gramigna, col sottotitolo Volevo una vita normale, è stato sceneggiato da Camilla Cuparo e narra l’odissea del figlio di un camorrista condannato all’ergastolo. Dura 95 minuti e si avvale dell’interpretazione di Biagio Izzo nei panni del padre, di Enrico Lo Verso in quello del docente di educazione fisica e ha come protagonista Gianluca Di Gennaro. Nato durante l’arresto del padre, Luigi avrà occasione di incontrarlo soltanto in carcere. Lo vediamo in fasce, poi bambino, quindi ragazzino e proprio l’adolescenza, quindi la crescita e l’educazione del giovane sono al centro del film. La madre e le persone che frequentano la sua casa, gli insegnano a non accettare le provocazioni che possono derivare dal fatto di essere figlio di un ergastolano. Vogliono che cresca nella legalità, in un mondo che a suo padre non è stato concesso, ma in casa si avvicendano conoscenti che praticano l’usura e che spacciano droga, e spesso irrompono agenti con mandato di perquisizione che rivoltano la casa da cima a fondo tanto che rimettere l’abitazione in ordine è una pratica frequente. Anche fuori le cose non vanno meglio. Da compagni di liceo che fanno domande indiscrete a giovinastri che gli offrono passatempi notturni a base di droga e di ragazze, il percorso non è facile. Il film mette a fuoco la solitudine della madre tra un marito che non tornerà più a casa, un figlio da educare e amici camorristi in attività, e quella del figlio costretto a non difendersi da insulti e provocazioni per non finire in prigione. Ho sentito dire che è una pellicola da far vedere nelle scuole, ma anche da distribuire nelle sale perché il racconto è scorrevole, gli attori misurati e il problema attuale, senza limitarsi all’educazione dei figli dei camorristi ma preoccupandosi del risanamento dei quartieri dove imperversa la camorra.
Nella sezione Focus USA l’esordio nel lungometraggio di Deb Shoval con Awol, (Assente senza permesso), che è lo sviluppo di un corto premiato al Sundance. In un paese della Pennsylvania rurale, Joey, (Lola Kirke), una ragazza che lavora in uno snack bar, si reca al distretto militare per informazioni sull’arruolamento. Senonché incontra Rayna, (Breeda Wool), giovane madre di due bambine, ed è subito colpo di fulmine. Dopo alcuni rapporti sessuali, Joey conosce il marito di Rayna, un rozzo camionista, e si sente esclusa. Il film descrive la difficoltà della relazione tra una madre di famiglia che non vuole rinunciare al suo status e una ragazza che deve ancora decidere cosa farà della sua vita. Il film, di 85 minuti, è stato sceneggiato da Deb Shoval con Karolina Wacliawiak.
Altra sorpresa nella sezione International Short Competition i 21 minuti di A beautiful Day (Una splendida giornata), film di produzione Usa del greco Phedon Papamichael, interpretato da James Brolin. Gene è un anziano signore benestante. Purtroppo sua moglie è morta da dieci anni: lui è malato e ha deciso di mettere fine ai suoi giorni. Lo vediamo affidare la cura delle piante al giardiniere, concedersi un alcolico che gli è stato proibito e accompagnarsi con una signora incontrata in un bar. Poi affida a un assegno tutti i risparmi che ha in banca e lo imbuca nella cassetta di una conoscente brutalizzata. E gli resta ancora un’azione prima di scomparire. Scritto da Casey Cannon, il film è denso e concreto, con pochi dialoghi e con un finale a sorpresa.
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