Settimana del cinema magiaro 2005 - Pagina 3

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Settimana del cinema magiaro 2005
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Quindi furono ritraspostati a Budapest e sottoposti ad un processo farsa il cui giudizio era stato deciso da tempo fra le mura del Cremino. L’ex premier, il generale Pál Malatèr e il giornalista Miklós Gimes subirono la condanna morte, gli altri imputati, che avevano chiesto la grazia, ebbero lunghe pene detentive. I corpi dei giustiziati furono sepolti, in gran segreto, nella prigione in cui era avvenuta l’esecuzione, solo nel 1987 furono riesumati e seppelliti, sempre in modo più che discreto, in un cimitero di Budapest. Nel 1989, dopo la caduta del regime, le salme ebbero un funerale solenne, a cui parteciparono migliaia d’ungheresi e decine di leader politici europei. La scelta di mettere al centro del film il primo ministro, una figura sicuramente importante e affascinante, ha avuto come conseguenza la messa in ombra degli altri condannati. La cosa che ha destato accese polemiche da parte dei parenti e dei pochi sopravvissuti. In altre parole la regista costruisce la sofferta agiografia di un martire e lo fa anche a costo di perdere definizione e disegnare un personaggio storicamente generico, quanto generoso. Il film risente di questo taglio eroico, che oscura la complessità del fronte rivoluzionario in cui convivevano posizioni diversissime, dai nostalgici del fascismo horthista, ai comunisti che avevano capito come la sola via d’uscita dalla crisi apertasi dopo la destalinizzazione era un reale allargamento della democrazia. Lo capì subito un osservatore non sospetto, Indro Montanelli, inviato de Il corriere della sera, che sconcertò i suoi lettori più conservatori parlando sin dalle prime ore di scontro fra comunisti sulle diverse idee di costruzione del socialismo. Ecco è questo che manca nel lavoro di Márta Mészáros e, per un film con ambizioni di ritratto storico e d’insegnamento ai giovani che non sanno, è un grave difetto.