25° Torino Film Festival 2007 - Pagina 3

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25° Torino Film Festival 2007
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Neandertal
Neandertal del tedesco Jan-Christoph Glaser ha al centro un ragazzo che soffre di una neurodermatite che lo costringe a vivere nell’ombra e a sfuggire ai rapporti con le ragazze. Dopo un ricovero in ospedale, causa un aggravamento della malattia, scopre che la sua famiglia si basa sulla menzogna visto che il padre è l’amante della migliore amica della moglie. Disgustato va a vivere in una sorta di comune ove incontra un personaggio strambo che riesce a guarirlo facendogli mangiare cibi misteriosi. Purtroppo il nuovo amico non è così forte e sicuro di se quanto vorrebbe far credere e finisce col suicidarsi. Il film traccia il difficile percorso verso la piena consapevolezza di un giovane diciassettenne in una piccola cittadina di provincia e lo fa con precisione di dettagli psicologici, ma anche con un certa ripetitività e prevedibilità di situazioni. Un’opera onesta, ma di non grande interesse.
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Volo libero
Vogelfrei (Volo libero) è un film lettone scritto e diretto da quattro registi - Janis Kalejs (infanzia), Gatis Smits (giovinezza), Janis Putnins (maturità), Anna Viduleja (vecchiaia) - che hanno firmato altrettanti episodi collegando le età dell’uomo al ritmo delle stagioni. E’ la storia immaginaria della stessa persona di cui i registi rappresentano i vari momenti della vita. In questo modo lo seguiamo, quando, ancora bambino, scopre le prime emozioni giocando con i coetanei in un bosco, lo vediamo, giovane vigoroso, imporsi come giocatore di hockey su ghiaccio, diventare timido uomo d’affari e, infine, raggiungere la vecchiaia ritornando a foreste e animali selvatici. E’ una sorta di mosaico con tessere non tutte di uguale livello; l’ultima, ad esempio, è largamente la migliore delle altre. Un esperimento interessante, ma che non va oltre il college di mediometraggi stilisticamente non del tutto compatibili.
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L'elefante e il mare
The Elephant and the Sea (L'elefante e il mare) del malese Woo Ming Jin racconta due storie distinte che percorrono, contemporaneamente, ma senza incrociarsi, il panorama di un villaggio povero e inquinato. Un giovane sopravvive facendo piccoli lavori, il principale dei quali è il cambio delle gomme alle auto cui ha procurato forature nei pneumatici. Un maturo pescatore ritorna a casa dopo quattro giorni e scopre che, nel frattempo, sua moglie è morta di un morbo misterioso e la sua casa è stata posta sotto quarantena. Sono due solitudini, quella del ragazzo che non riesce a trovare una qualsiasi collocazione e quella dell’uomo gettato nella disperazione dalla perdita di ogni legame. Il film, girato in elettronico, è cadenzato da lunghi silenzi, scarsità di fatti, nel senso tradizionale del termine, grande ricchezza di sensazioni e notazioni ficcanti. Non a caso molti lo hanno paragonato al cinema di un altro grande regista malese: Tsai Ming Liang cui lo collega l’indifferenza del paesaggio, i tempi sospesi del racconto, la preferenza alla immagini rispetto alle parole. Non un film memorabile, ma una delle opere più interessanti ospitate dal concorso di quest’anno.
Assai meno valido La Naissance des Pieuvres (La nascita delle piovre) della francese Céline Sciamma che ci infligge l’ennesima radiografia dell’adolescenza femminile, con tanto di pulsioni lesbiche, curiosità sessuali, pruriti vari. Protagoniste tre ragazze che ruotano attorno ad una scuola di nuoto sincronizzato e che si contendono i maschi più appetitosi non rinunciando a qualche incursione nell’amore omosessuale. Un film banale al limite dell’insopportabile.