29 Marzo 2019
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31° Cinélatino, Toulouse |
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Dura cento minuti ed è girato in un interno uno dei film più interessanti del concorso Coup de Coeur di cinelatino, 31es rencontres de Toulouse. La camarista, (La domestica), film d’esordio dell’ex attrice di teatro messicana, Lila Avilés, (1982), si svolge all’interno di un albergo di lusso di Città del Messico che domina la città dall’altezza dei suoi 42 piani. La protagonista è Evelina, (Gabriela Cartol), Eve per i colleghi, con i quali ha pochissimi contatti. Seria, meticolosa, discreta, la giovane ha un piccolo che lascia alla cura di conoscenti perché vive sola e spesso in albergo le prolungano l’orario. Seleziona e conserva con affetto cose di poco valore volutamente lasciate da clienti Vip in partenza, oggetti che entrano a far parte di un universo interiore che in parte creano un equilibrio con lo snervante lavoro quotidiano. Considerata la migliore, è candidata per l’assegnazione definitiva delle pulizie del 42° piano, quello dei Vip. Il film illustra la routine del suo lavoro mettendo in risalto comportamenti a volta eccentrici di ospiti particolari, il rispetto e la dedizione della cameriera e la sua volontà di migliorarsi frequentando un corso di studi serale. E non mancano incombenze quotidiane durante le quali i colleghi tentano di venderle prodotti di consumo, di coinvolgerla in gruppi chiassosi o di chiederle sostituzioni. Lei resiste: perfetta nella sua abnegazione si prodiga nell’attesa della ricompensa finale, che tuttavia andrà a una collega maneggiona. Cento minuti tra camere d’albergo in un racconto teso e pieno di punti curiosi che nel finale vedono vacillare la volontà della protagonista che si scopre sola e indifesa.
Del 1983 è invece l’argentina Maria Alché, anche lei attrice, protagonista di La niña santa di Lucrecia Martel, a Toulouse con la sua prima regia, Familia sumergida (Famiglia sommersa), già presentato al Festival di Locarno. Marcela, madre di tre adolescenti, vive un momento di confusione in seguito alla morte della sorella Rina. E deve far fronte alle intemperanze dei figli, mitigare la delusione di quella abbandonata dal fidanzato e assistere al trasloco della più grande. Quando il marito si assenta per motivi di lavoro, nella baraonda familiare si presenta l’amico di un amico delle figlie, un giovane discreto e servizievole che le ripara la lavastoviglie, le da una mano nel sistemare la camera della sorella e mostra interesse per i libri della defunta. L’accompagna anche nella visita a una coppia di parenti con i quali bevono e ballano. E il vino è all’origine di un breve flirt tra i due. Di nuovo a casa, Marcela accoglie uno stuolo di parenti completato dal ritorno del marito con i quali rivangano vecchie storie di famiglia, rispolverate da punti di vista contrastanti tra un brindisi, un pasticcino e vecchie musiche. È nuovamente la baraonda familiare dove il pro e il contro si avvicendano senza recare danni. Novanta minuti per un esordio promettente e per la misurata interpretazione di Mercedes Moràn.
Film d’esordio anche quello della trentatreenne Lucìa Garibaldi, Uruguay, Los tiburones (Gli squali) su una quindicenne, Rosina, che nel desiderio di uscire dall’adolescenza provoca Joselo, un giovane pescatore. Nel villaggio si è sparsa la voce della presenza di squali e approssimandosi la stagione estiva si tende a non dar risalto alla notizia. Rosina, figlia di un imprenditore locale, ne approfitta per circuire Joselo, ma davanti a tanta insistenza il giovane non riesce a concentrarsi. Per vendicarsi, la ragazzina gli porta via il cane al quale è molto legato e, nel finale, progetta un piano avventuroso slegando la sua barca e lasciando penzolare una rete con pezzi di carne e sanguinacci che dovrebbero attirare gli squali. Il film si chiude col giovane che si tuffa a mare per recuperare il battello. Determinante l’interpretazione di Romina Bentancur nei panni dell’adolescente inquieta e solitaria il cui desiderio di emanciparsi ne fa una predatrice.
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