16mo Altin Koza Film Festivali 2009 - Pagina 2

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16mo Altin Koza Film Festivali 2009
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Il rosario sbagliato
Il rosario sbagliato
Molto interessante anche un’altra opera prima: Uzak İhtimal (Il rosario sbagliato) di Mahmut Fazil Coşkun. Un giovane muezzin è assegnato alla moschea del quartiere di Galata, a Istanbul. Va ad abitare in un appartamento della comunità e scopre di avere come vicina di casa una giovane che sta assistendo un’anziana suora. Il fascino della grande città, le pulsioni dell’età, la grazia della ragazza lo fanno innamorare della quasi – religiosa, per giunta cattolica. E’ un film tenue, interpretato magistralmente da Görkem Yeltan e Nadir Sarıbacak, premiati entrambi con i riconoscimenti per le migliori interpretazioni. E’ un piccolo film, delicato nella descrizione dei sentimenti, preciso nella costruzione delle psicologie e negli ambienti. In sostanza un quadro malinconico delle barriere religiose che separano gli esseri umani, ne costringono i sentimenti, umiliano la vita.
Latte
Latte
Fra gli altri titoli presenti nella competizione da ricordare Sűt (Latte) di Sem¡h Kaplanoğlu. E’ il quarto titolo diretto da questo regista e conferma una poetica di prim’ordine. Il film fa parte di una trilogia anatolica aperta da Yumurta (Uova, 2007). Ancora una volta la regia affronta tre temi: il conflitto fra cultura e vita rurale, quello fra innovazione e tradizione e le relazioni fra genitori e figli. Al centro del racconto una madre, giovane vedova, e un figlio appena diplomato che trascorre lunghe ore leggendo e scrivendo poesie. Il sogno del ragazzo - affetto da una forma di epilessia che gli eviterà il servizio militare, ma che lui vivrà come una minorazione - è diventare un vero poeta, pubblicato e riconosciuto nel mondo della cultura. Nel frattempo deve badare alle cose della vita di tutti i giorni: la fabbricazione e la vendita del formaggio e la cura degli animali. Quando la madre incontra un vedovo e decide di riaccasarsi, per lui è un vero trauma che lo spinge sino a un tentativo di omicidio. Lo fermerà un grande pesce, misteriosamente apparso ai suoi piedi. Sembra un simbolo di salvezza cattolica ma questa interpretazione, lo riconosciamo, è alquanto azzardata. Il film è girato con voluta lentezza, immagini molto belle e ritmo narrativo quasi inesistente. E’ un tipo di cinema destinato a suscitare pareri contrastanti, così come appare tutt’altro che univoca la lettura del finale: il giovane recupera la realtà andando a lavorare in miniera, ma la luce che brilla sul suo casco assume, a tratti, i connotati di un vero sole. E' un film su cui riflettere e da leggere con pazienza e animo aperto.
Il vaso di Pandora
Il vaso di Pandora
Vari altri titoli hanno ottenuto riconoscimenti per aspetti artistici specifici, fra questi una citazione particolare merita Pandora’nin Kutusu (Il vaso di Pandora) di Yeşim Ustaoǧlu, una regista di grande forza e prestigio. Il suo secondo film, Güneşe yolculok (Viaggio verso il sole), una delle prime opere turche ad affrontare il dramma delle persecuzioni cui è sottoposto il popolo curdo, ha destato molto interesse e raccolto allori in vari festival. Questo suo ultimo lavoro mette al centro il dramma dell’Alzheimer e lo fa con toni che evitano sia il facile sentimentalismo, sia il melodramma. Un’anziana che vive in campagna si ammala di questa terribile forma di demenza senile, le figlie, che abitano da qualche tempo in città, tentano inutilmente e commettendo errori su errori, di assisterla. Solo un nipote saprà capirla e accompagnarla con dolcezza verso una fine in bilico fra l’eutanasia e il ricongiungimento con la natura. Il film è costruito molto bene e girato con abilità, sfruttando al meglio la duttile arte della novantenne attrice francese Tsilla Chelton. Ne emerge un racconto toccante e realistico, un quadro in cui il dolore per la malattia si mescola a un forte senso di accettazione della morte.