35° Cairo International Film Festival 2012 - Pagina 3

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35° Cairo International Film Festival 2012
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tora_bora_1Tora Bora è firmato da Walid Al Awadi, uno dei pochi cineasti attivi in Kuwait, racconta di una madre e un padre che arrivano in Pakistan, tappa verso l’Afghanistan, per tentare di recuperar il figlio. Il giovane, vittima della retorica talebana, si è arruolato con i combattenti mussulmani che operano nella zona di Tora Bora che è stata per anni il fortilizio in cui si era rifugiato e continuava ad operare Obama Bin Laden. Ben presto il giovane idealista scopre la violenza di cui sono impastati questi combattenti e tenta di staccarsene, ma finisce loro prigioniero. Quello che s’imbarcano è un vero calvario percorso attraverso villaggi di pastori, presidi medici avanzati, campi profughi. In tutte queste situazioni i Talebani irrompono con ferocia inusitata, un po’ come erano rappresentati gli indiani nei vecchi western hollywoodiani. Il film è percorso da un’ingenuità e da uno schematismo quasi irraggiungibili. Solo un ingenuo all’ennesima potenza potrebbe chiudere gli occhi davanti ai crimini di questi guerrieri di Allah che hanno per nemici, fra gli altri, soprattutto le donne e l’educazione dei giovani. Se questo è vero non è meno vero che coloro che li avversano hanno anche loro non pochi scheletri negli armadi. Si veda, a solo titolo d’esempio, la sottile esaltazione dei servizi segreti pakistani, qui visti come una sorta di banda di angeli vendicatori e soccorritori dei deboli, laddove sono noti i rapporti a doppio filo che legano quest’istituzione con il terrorismo jihadista. Allo stesso modo i sentimenti, i personaggi e le situazioni appaiono tagliati con l’accetta, figurine di un albo propagandistico più che personaggi dotati di un qualche spessore.

a_breach_in_the_silenceBrecha en el silencio (Breccia nel silenzio) dei venezuelani Luis Alejandro e Eduardo Rodriguez è un film importante per l’argomento trattato, le molestie sessuali nel chiuso della famiglia, e per lo stile con cui espone la storia. Ana è una diciannovenne sordomuta che la madre ha fatto assumere nella fabbrica d’abbigliamento in cui lavora, ma che sfrutta ferocemente sequestrandole il salario, obbligandola a fare la serva al servizio di fratello e sorella e gravandola di tutte le faccende domestiche. A questo si aggiungono le ripetute violenze sessuali del padre, un meccanico più interessato all’alcol che ai motori. Un giorno il fratellino assiste casualmente a una di questi stupri e ne è sconvolto. Per giunta l’uomo inizia ad indirizzare le sue sordide attenzioni anche verso la sorella minore. La madre, autoritaria e attratta da rituali masochisti, non vede nulla sino al momento in cui le cose toccano un punto di non ritorno. Ora la sola soluzione è la fuga da casa e i tre giovani scappano arrivando sino al mare in cui si immergono in un allegro gioco che è anche rito liberatorio. I registi raccontano questa storia con immagini molto lavorate, intrecciano i tempi narrativi mescolando presente e passato, ne risulta un testo di grande interesse anche se appannato da un finale eccessivamente ottimista. Un particolare interesse emerge dallo sguardo con cui i due cineasti affrontano il quadro di esistenze strette fra la miseria economica, la disperazione e la bestialità sessuale.

unknown_land posterI grandi eventi storici e politici coinvolgono spesso le grandi città, ma hanno echi poco esplorati nelle parti più lontane del territorio. Così è stato anche per il vasto movimento andato sotto l’etichetta di primavera araba, una rivoluzione che ha coinvolto molti paesi dell’area – Tunisia, Libia, Egitto – ma che è stata osservata soprattutto per gli accadimenti che hanno coinvolto le capitali, al massimo le maggiori città. Unknow land (Terra sconosciuta) è una coproduzione fra Grecia, Cipro e Yemen affidata a Manuel De Coco e ambientata nell’isola yemenita di Socotra, al largo del Corno d’Africa. Il film contrappone tre piani: lo smarrimento di un naufrago approdato casualmente su una spiaggia dell’isola, le cronache della primavera araba carpite da una radio e i meravigliosi paesaggi cui da vita una natura arcaica e primordiale la cui flora annovera ben 825 specie di piante, il 37 per cento delle quali si trovano solo qui. E’ un’affascinante riflessione sulla vita, la religione e le forze primordiali. E' un testo curatissimo nelle immagini e complesso nella proposta. Un film privo di dialoghi – i momenti topici della storia sono affidati a una foce fuori campo – che ricorda molto il cinema del nostro Franco Piavoli (1933) che ha firmato opere come Il pianeta azzurro (1982) e Al primo soffio di vento (2002). In altre parole è un film poetico e intenso.