Festival di Haifa 2005

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ImageA Haifa vince la regista che sa legare la cornice al dramma. Il cinema italiano ha ottenuto, alla 21 edizione del Festival Internazionale del Film di Haifa un risultato importante. Le conseguenze dell’amore di Paolo Sorrentino ha raccolto il premio della critica internazionale (FIPRESCI) e Vento di terra di Vincenzo Marra la menzione d’onore della principale giuria della manifestazione. Sono due riconoscimenti che si aggiungono ai molti già raccolti da questi film: David di Donatello e Nastro d’Argento dei giornalisti italiani per il film di Paolo Sorrentino, Festival d’Annecy, Buenos Aires, Torino e Gijón oltre ai tre premi ottenuti alla Mostra di Venezia 2004 per quello di Vincenzo Marra.

E' un nutrito palmares che li qualifica come le produzioni più importanti della stagione scorsa. Quello di Haifa è uno dei due grandi festival cinematografici che si tengono in Israele, l’altro è a Gerusalemme. La differenza fra i due segnala una maggiore attenzione al cinema giovane in favore della manifestazione ospitata in questa città, contro una tendenza al clamore spettacolare – ricerca d’attori e registi noti, film già conosciuti e premiati in altre rassegne – che caratterizza l’iniziativa della capitale. Diversa la scelta della direzione di Haifa che quest’anno, ad esempio, ha avuto come unica presenza divistica l’americano Willem Dafoe, in giro di promozione del suo primo film come sceneggiatore, Before It Had a Name (Prima che abbia un nome) diretto e interpretato da sua moglie Giada Colagrande. Ancora una volta la nota dominante è stata la riflessione sul cinema con una retrospettiva completa dell’opera del regista greco Theo Angelopoulos che ha tenuto un’affollatissima ed entusiasmante lezione. Il maggiore riconoscimento assegnato dalla giuria di Haifa, l’Ancora d’Oro, è andato a Bulutlari beklerken (Aspettando le nuvole) della giovane regista Yesim Ustaoglu che si era già fatta notare nel 1999 col premiatissimo (Berlino, Ankara, Bitola, Setubal, Istanbul, Gerusalemme, San Paolo, Valladolid) Günese yolculuk (Viaggio verso il sole), uno dei primi film turchi dedicati al dramma della repressione anticurda. La politica e l’impegno civile sono presenti in forza anche in questa sua ultima fatica in cui si raccontano due solitudini disperate. L’anziana Ayshe, greca d’origine, ha dovuto fingersi turca per sfuggire alle terribili persecuzioni del 1916, quando l’esercito ottomano ha deportato la popolazione d’origine ellenica con modi che causarono migliaia di morti per fame e freddo. La donna, arrivata alla soglia della morte, riesce a trovare le risorse e le forze per andare a Salonicco a rivedere il fratello, con il quale non ha più contatti sin dall’infanzia allorché furono separati proprio a causa della repressione turca. Il parente, tuttavia, non la riconosce o finge di non ricordarsi di lei e, in un primo tempo, l’allontana con fastidio. In realtà è terrorizzato dal fare i conti con tragiche memorie che ha sepolto con fatica. Questa triste vicenda si accompagna a quella di Tanasis, combattente comunista della guerra civile greca degli anni cinquanta, che ritorna, quasi in incognito, sui luoghi natali, dopo un lungo esilio in URSS. Siamo negli anni settanta, in un piccolo villaggio di pescatori sul Mar Nero, non molto lontano dalla Georgia Sovietica, l’anticomunismo si respira con l’aria, i pochi militanti d’opposizione sono perseguitati e repressi. Il film traccia il quadro di due vite bruciate dalla storia e dalla crudeltà degli altri, due eroi silenziosi e ignoti, macinati da vicende crudeli e ignorati dall’atteggiamento trionfale delle parti contrapposte. Il film è stilisticamente molto bello con immagini giocate sulle atmosfere brumose e gelide di un inverno che non è solo nei tratti del paesaggio. In questo la regista conferma una gran capacità nel coniugare le psicologie con l’immagine della natura che fa da sfondo alla vicenda. Un altro elemento importante è l’attenzione verso gli emarginati, coloro che si vengono a trovare ai margini della società per ragioni politiche. Sono caratteristiche che è possibile cogliere nelle opere precedenti di questa regista, tutti dedicati a figure in gravi difficoltà o in fuga da responsabilità schiaccianti, come il poliziotto torturatore che è al centro di Iz (La traccia, 1994), primo lungometraggio della regista. Nei suoi film, poi, lo scenario gioca un ruolo fondamentale quale riflesso e complemento indispensabile alla costruzione dei personaggi. Siano le stanze cupe il cui si svolge il film d’esordio, gli angusti locali in cui sono costretti a vivere i due giovani protagonisti di Viaggio verso il sole o le colline brumose di Aspettando le nuvole, il tutto costruito in modo funzionale ai caratteri e alla psicologia dei personaggi. In questo emerge la maestria di una regia capace di approfondire in modo creativo i collegamenti fra la cornice esterna e lo sviluppo drammaturgico del film.