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Mandragola ···· Mandragola ···· Hot

Mandragola ····

ImageNiccolò Macchiavelli (1469 – 1527) scrisse Mandragola attorno al 1518, probabilmente per le rappresentazioni carnevalesche di quell’anno. Quattro anni prima, il politico – scrittore aveva dato alle stampe Il principe, il libro destinato a dargli fama duratura e ad essere usato per secoli quale manuale di gestione e appropriazione della cosa pubblica. Il suo lavoro letterario sarà, invece, segnato proprio da questa commedia in cui sono evidenti gli influssi del teatro farsesco greco, tutti i personaggi tranne Lucrezia hanno nomi di quell’origine, ed echi della lezione di Giovanni Boccaccio (1313 – 1375). Non a caso i personaggi che compaiono in questa commedia hanno una parentela stretta con quelli de Il Decamerone (1349 -1351): frati corrotti, giovani in foia, mariti vecchi destinati ad essere gabbati, servi mezzani. La storia è quella di un ricco signorotto, d’età ancor verde, che vuole ad ogni costo infilarsi nel letto della bellissima moglie di un maturo possidente ossessionato dall’idea di avere un figlio.

Riuscirà nell’impresa con la complicità di un frate e di un servo astuto, facendo credere all’ingenuo cornuto che il solo modo per avere prole sia quello di far bere alla moglie una pozione di radice di mandragola, anche se questa causerà la morte del primo che giacerà con la donna. La soluzione si trova nel catturare uno sconosciuto, lo stesso signorotto travestito in abiti modesti, infilarlo nel letto della donna e cacciarlo il mattino dopo. In questo modo gli appetiti del voglioso sono soddisfatti e, con essi, quelli della nobile signora che, alla fine, si dimostra assai poco virtuosa e modesta. Marco Sciaccaluga ha affrontato il testo muovendo su due fronti: un rispetto rigoroso della filologia e l’immersione della storia in una scena segnata da toni cupi a rappresentare un modo in decadenza, una società corrotta sull’orlo del precipizio. E’ una scelta che ha messo in seconda linea i toni farseschi, spesso usati affrontando questo testo, in favore di uno sguardo preciso e lucido sulla profonda attualità dell’opera. E' una prospettiva rafforzata dalla decisione, probabilmente motivata anche da ragioni economiche, di usare giovani attori che fanno corona a due veterani come Ugo Pagliai e Massimo Mesciulam. Come ricordare che le generazioni che si affacciano alla ribalta non sono migliori di quelle che la stanno abbandonando. E’ una lettura molto interessante per uno spettacolo d’alto livello.

valutazione: 1 2 3 4 5

Testo: Niccolò Macchiavelli (1469 – 1527); Regia: Marco Sciaccaluga; scene e costumi: Valeria Manari; musiche Andrea Nicolini; luci Sandro Sussi; interpreti: Ugo Pagliai, Gianluca Gobbi, Enzo Paci, Pier Luigi Pasino, Barbara Moselli, Massimo Mesciulam; Silvia Quarantini, Alice Arcuri.

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