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The Idiot and the White
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The Idiot and the White The Idiot and the White Hot

The Idiot and the White

Cast, Crew, Infos - Teatro

Titolo originale
The Idiot and the White
Autore
Fëdor Michajlovič Dostoevskij (1821 – 1881),
Interpreti
Gil Yoon, Dong-eun Shin, Na-young Yu, Chae-gyung Lee, Eui-wook Joung, Ria, Doyeop Lee
Compagnia
Hanguk Performing Arts Centre

Lettera da Seoul di Roberta Balduzzi

Sito nella zona della Seoul National University e di altri istituti di educazione, Daehangno è un quartiere a nord della città, noto come la “strada della cultura”, in virtù dei numerosi teatri e sale che vi sono stati fondati a partire della fine degli anni 70. Il Daehangno Arts Theater è stato aperto nel giugno 2009 e nell’anno successivo ha unito le sue forze a quelle del più longevo Arko Arts Theatre (fondato nel 1981), con cui ha creato all’Hanguk Performing Arts Centre (Hanpak). Daehangno è così diventata la mecca del teatro coreano e uno spazio culturale per i giovani. Nel mese di giugno, la sala principale del Daehangno Arts Theater ha ospitato la rappresentazione di una nuova rilettura scenica de L’idiota di Dostoevskij, diretta dal regista coreano Hyoung Taek Limb che ha recitato in diversi film, anche se la sua carriera si è poi rivolta al teatro, da lui studiato a New York, presso la Columbia University. Questa esperienza statunitense ha inciso sul suo modo di fare teatro che si è sviluppato in uno stile unico che fa propri approcci sia occidentali, sia orientali alla messinscena. Lui stesso definisce il suo stile come Asiatic yet globalized, a porre l’accento la necessità di trovare un modo per esprimere se stesso e le proprie origini superando le difficoltà legate a una lingua non sua. Hyoung Taek Limb ha iniziato così a usare il movimento, oltre a svariati stimoli artistici provenienti da tutto il mondo. Così, nel suo teatro, dialogo, danza, musica e arti marziali diventano un tutt’uno. In Corea, ha fondato la propria compagnia teatrale (Seoul Factory for the Performing Arts), con cui prosegue la propria ricerca e con cui ha portato sulla scena la sua versione del classico di Dostoevskij, co-diretto con Andrei Selivanov.

Questo incontro tra Russia e Corea, tra XIX secolo e giorni nostri, si realizza in una rappresentazione in cui la forza della fisicità e del gesto va oltre il testo. Sulla scena il narratore onnisciente è lo stesso Dostoevskij, che racconta la storia del principe Myskin, ultimo erede di una dinastia decaduta, creatura spiritualmente superiore, di cui l’autore si serve per rappresentare la propria idea di uomo pienamente buono. Dal fondo scena, un folto gruppo di attori vestiti di nero, come avvolti dalle tenebre del male, introduce la messinscena. Il narratore li descrive come anime in cerca del vero amore, ma impossibilitate a trovarlo in una società malata. Nonostante tutto, questi uomini e donne sono attratti dallo splendore spirituale del Principe Myskin, che smaschera il nucleo del loro dolore attraverso la compassione. L’idiozia di Myskin risiede proprio nel tentativo vano di redimere un mondo corrotto con la propria innocenza. Mentre rientra dalla Svizzera, dove ha curato l’epilessia, Myskin incontra Rogozin, che gli parla del proprio amore per Nastasja Filippovna. Da questa rivelazione, in una scena tinteggiata con colori forti come il rosso e il nero, si svolge l’azione nella città del principe. Myskin scopre che Nastasja Filippovna è oggetto di contesa tra uomini desiderosi della sua dote e vittima di uno svilente mercato. Il principe è attratto dalla donna a cui propone di sposarla per sottrarla a tanta umiliazione. Benché affascinata dalla bontà del pretendente Nastasja finisce per cedere a Rogozin, scelta che la porterà alla morte. Myskin non può fare altro che rifugiarsi di nuovo nel suo stato di idiozia, unica difesa contro la brutalità del mondo esterno. Durante lo svolgimento della vicenda, il regista fa irrompere sulla scena The White: il principe racconta, infatti, la storia di una ragazzina conosciuta in Svizzera, derisa da tutti i coetanei perché stupida e sporca. The White è la rappresentazione dell’idiozia del principe stesso. La sua vicenda è ambientata in un villaggio svizzero, ma quello che si vede è, in realtà, uno scorcio di tradizione coreana. Le tinte sulla scena diventano chiare. Alla fine, The White è vittima della sua stessa innocenza, che la porta a fidarsi di un gruppo di uomini e a essere stuprata. The White sparisce e con lei l’idiozia e la purezza. L’idiozia, nei panni di The White, ricompare solo in chiusura di spettacolo. Hyoung Taek Limb supera i limiti imposti dalla messinscena di un romanzo, per giunta di fama mondiale e di indiscusso spessore, in una rappresentazione in cui confluiscono recitazione, mimo, danza e musica, Oriente e Occidente. La sfida, a parte alcuni momenti deboli (in una scena, per esempio, la cantante coreana Ria si esibisce in un pezzo rock, apparentemente slegato dalla situazione), porta a un buon risultato. Contrariamente a molti spettacoli in scena a Seoul, inoltre, questo (interamente in coreano) si giova dei sottotitoli in inglese, benché la loro posizione laterale rispetto alla visione dello spettatore, non ne favorisca certo il godimento.

Si ringrazia per le foto la compagnia Seoul Factory


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opinioni autore

 
The Idiot and the White 2011-07-10 13:35:26 Umberto Rossi
Giudizio complessivo 
 
7.0
Opinione inserita da Umberto Rossi    10 Luglio, 2011
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