Presentazione al pubblico Stazione 2012/13 del Teatro della Tosse con La più lunga ora – ricordi di Dino Campana spettacolo scritto, diretto e interpretato da Vinicio Marchioni.

Stampa
PDF

tossePresentazione al pubblico Stazione 2012/13 del Teatro della Tosse con La più lunga ora – ricordi di Dino Campana spettacolo scritto, diretto e interpretato da Vinicio Marchioni.
Tutti per uno recita il programma, e così è stato – almeno al primo appuntamento. Sala Trionfo piena per l’annuale inaugurazione del Teatro del Tosse, con un pubblico affezionato e attento a salutare il direttore Emanuele Conte e il responsabile del Progetto Artistico Fabrizio Arcuri: due fiumi in piena, seduti sul palco per presentare una stagione particolarmente ricca, tra nomi di richiamo, tanta ricerca e qualche novità organizzativa. Imporsi in una città che ha tantissimo teatro, ripetono più volte, è complicato, specie in tempo di crisi. Ecco perciò un programma con doppio titolo, corrispondente alle due anime e direzioni: Tutti per uno – appunto – e Sacro e profano. Il primo, richiami dumasiani a parte, rimanda alle tre sale del teatro, ciascuna dedicata a una tipologia ben precisa di spettacoli: nella sala Trionfo sarà possibile assistere alle grandi produzioni nazionali o internazionali, pezzo forte della stagione; la sala Campana ospiterà il Cantiere, ovvero una rassegna di giovani talenti italiani, selezionati con il preciso scopo di creare un progetto di condivisione del teatro e fornire al pubblico un primo sguardo sulla drammaturgia del domani; la Claque, infine, vivrà di musica e cabaret. Sacro e profano fa invece riferimento ai due fili paralleli che tengono unite le proposte del cartellone 2012/13, caratterizzato da una parte dall’alternanza tra messinscene non convenzionali di classici del teatro ( ad esempio Romeo e Giulietta di Valerio Binasco) e opere di grandi registi europei (tra cui il tedesco Thomas Ostermeier e il lituano Eimuntas Nekrosius, con Divina Commedia), e dall’altra da spettacoli di ricerca scritti, diretti e interpretati da giovani in cerca di affermazione. Un progetto ambizioso e articolato, dunque, specchio di un volontà ben precisa: fare della Tosse il polo d’attrazione cittadino per il teatro del presente.

A concludere l’evento, Vinicio Marchioni con il suo La più lunga ora – ricordi di Dino Campana. Romano, classe 1975, l’attore ha bruciato le tappe in pochi anni interpretando il Freddo in Romanzo criminale – La serie e passando poi al cinema in pellicole dai buoni incassi come 20 sigarette e Scialla!. Eppure la sua frequentazione con il palcoscenico, poco nota, è stata tutt’altro che sporadica. Ad un primo incontro con Luca Ronconi è seguito infatti Un tram che si chiama desiderio da Tennessee Williams, per la regia di Antonio Latella: successo di pubblico e critica, con uno Stanley Kowalski inedito che gli è valso buone recensioni e il definitivo diploma d’attore. E’ perciò con consapevolezza che Vinicio Marchioni si è avvicinato a Dino Campana. vinicio marchioniOltre due anni di lavoro su poesie, frammenti e prose di e sul poeta di Giovanni Marradi, condensati in un soliloquio – presentato qui in versione ridotta, poco più di trenta minuti - tanto breve e intenso quanto breve e intensa è la vita che tenta di ricostruire. Testo in mano, jeans e scarpe da ginnastica, il regista-autore-interprete entra di quinta su un palco spoglio, con un’unica sedia posta al centro. Le prime parole sono appena distinguibili, il tono è basso. La voce si modula su ritmi irregolari, secondo una progressione accidentata, poiché è Campana a parlare, a ripercorrere, nell’instabilità del ricordo e in prima persona, le varie fasi di una biografia tormentata: il rapporto con la madre Fanny, gli studi fallimentari di Chimica a Bologna e Firenze, i primi segni di squilibrio e i ricoveri, le vicissitudini dei suoi Canti Orfici (perduti e riscritti), il vagabondaggio in Argentina e la morte in manicomio, a soli quarantasette anni. Il monologo, così compresso per le esigenze della serata, è difficilmente valutabile dal punto di vista dell’efficacia drammaturgica. E così l’effetto de La più lunga ora, al netto della prova di Vinicio Marchioni, risulta quello di un insieme in parte interlocutorio di flash, di quadretti raffiguranti situazioni note, disposti cronologicamente fino a far coincidere la fine dello spettacolo con la morte del protagonista, accennata con poche parole laconiche prima che le luci si spingano e partano convinti gli applausi. Restano però, in conclusione, le suggestioni di una parabola artistica effimera e irripetibile, la discreta pulizia d’esecuzione di un attore capace di un’affabulazione sottile e le note di Sognando, vecchia e dimenticata canzone di Mina. Uno squarcio sonoro inaspettato. Una sorpresa: la prima – si spera – di una stagione teatrale da scoprire.