Il cinema francese è il più forte d’Europa, lo dimostrano film apparentemente di genere come Tutti i nostri desideri, un’opera che Philippe Lioret ha diretto tenendo d’occhio alcuni topos tipici del cinema melodrammatico. Questo regista ha iniziato una lunga carriera come tecnico del suono, ha diretto documentari e film narrativi tenendo sempre in gran conto il lavoro degli attori. La sua penultima fatica, Welcome (2009), rappresenta il punto più alto della sua produzione, con le immagini dell’anziano istruttore di nuoto abbandonato dalla moglie e quella, dolorosissima e socialmente terribile, del giovane curdo che vuole attraversare a nuoto la Manica per arrivare in Inghilterra e strappare a ragazza che ama al ricco pretendente cui l’ha assegnata il padre.
Quest’ultimo film unisce temi molto melodrammatici, come le ultime settimane di vita di una donna giudice che copre improvvisamente di avere un cancro, e una forte perorazione contro le nefandezze compite da banche e società finanziarie quando reclamizzano e concedono i cosiddetti prestiti al consumo. Questi ultimi sono crediti dall’importo relativamente modesto destinati a sconfinare nello strozzinaggio quando il debitore non è in grado di saldare le rate concordate. Claire è una giovane magistrata del Tribunale di Lione che vive una tranquilla vita borghese sino al momento in cui la sua esistenza è sconvolta da due fatti che le capitano improvvisamente. I medici le diagnosticano un tumore inoperabile al cervello e incontra una donna madre di due bimbi che vanno a scuola con i suoi figli. La poveretta, quasi disoccupata e divorziata da un uomo che ha fatto perdere le tracce, la capita davanti chiamata in causa da una finanziaria che pretende le rate non ancora saldate di una serie di prestiti, alcuni dei quali contratti dall’ex-coniuge. Poco importa che lei abbia già pagato ben più di quanto ha ricevuto: il gioco degli interessi e dei carichi di mora reclamano altri soldi. Stretta fra l’incalzare della malattia e lo strazio per la donna che dovrebbe condannare, troverà un appoggio in un giudice più anziano e da sempre disgustato dalle malefatte di banche e istituzioni finanziarie. Assieme invieranno una petizione alla Corte di Giustizia europea che l’accoglierà, ma solo quando la giudice avrà lasciato questa vita. Il film non teme di scivolare nel melodramma, ma lo fa con una lucidità e un rigore che colpiscono e fanno dimenticare la prevedibilità di certi snodi narrativi.