Se le buone intenzioni bastassero per giudicare positivamente un film, l’opera prima del documentarista Alessandro Lunardelli sarebbe sicuramente da considerare un buon inizio ma, purtroppo, siamo di fronte ad un prodotto imperfetto in cui troppi sono i momenti di scarso interesse.
Un’azienda di passamaneria in crisi perché la grande distribuzione non rinnova i contratti, i biglietti pagati a caro prezzo per Barcellona - Inter da donare ad uno che conta che li rifiuta perché già li ha. Questo l’inizio di una storia che sembrerebbe volere sviluppare l’idea di disagio che si vive anche nell’imprenditoria da piccola azienda familiare e che subito viene posta nel dimenticatoio. Il mondo fino in fondo si occupa, invece, della presa di coscienza di un ragazzo della sua omosessualità, ma in maniera confusa e senza un appoggio valido fornito da una sceneggiatura spesso mal scritta. Protagonisti due fratelli, uno trentenne regolarmente sposato e bene inquadrato nel lavoro, l’altro diciottenne che deve ancora inserirsi. In un momento di forte crisi, per non perdere quanto pagato per i biglietti, decidono di trascorrere un po’ di tempo in Spagna per vedere anche la squadra di cui sono tifosi. Questa scelta poco è giustificata dalle prime scene in cui sembrava che la loro attività fosse in situazioni molto critiche, ma il peggio deve ancora venire. Si scontrano con un affascinante cileno che ammalia il più giovane, tanto che lui decide di abbandonare tutto per seguirlo. Tuttavia l’amore è solo suo, tanto che l’altro parte per la Patagonia per raggiungere i ghiacciai e difenderli dagli sfruttatori. Nella più completa confusione narrativa si inserisce una ragazza, anche lei ecologista, che lo coinvolge in azioni di disturbo contro i potenti ma che è anche la compagna dello pseudo omosessuale rivoluzionario. La storia, pur basandosi su pochi elementi, non è mai completamente chiara e scelte, con quella di utilizzare il tango per caratterizzare il Cile, sembrano decisamente forzate. Bravo, forse perché ha il personaggio più semplice da rendere, Luca Marinelli mentre Filippo Scicchitano non riesce a rendere le complessità del ragazzo che decide di abbandonare tutto per seguire il suo amore forse impossibile iniziando a lavorare come barista al final del mundo. I registi all’opera prima, spesso, cercano di trattare temi importanti ma difficilmente ne hanno le autentiche capacità; tutto sommato è più da apprezzare Claudio Amendola che si è cimentato con una commediola senza pretese come La mossa del pinguino (2013) non volendo salire in cattedra quale portatore di importanti messaggi sociali.
