Dicono produttori e distributori che al cinema gli anziani non tirano, nel senso che i film sulla vecchiaia non incassano. Curiosa convinzione, poiché oggi quello che si è soliti definire lo zoccolo duro del pubblico è composto prevalentemente da persone non più giovani. In ogni caso non è detto che l’età avanzata non comporti problemi e situazioni degne d’interesse. Lo prova Dustin Hoffman con il suo primo film come regista ufficiale dopo aver affiancato, nel 1978, non accreditato Ulu Grosbard nella confezione di Vigilato Speciale (Straight Time). Quartet ha per sfondo Beecham House, un bell’edificio, immerso nella campagna inglese, adattato a prestigiosa casa di riposo per anziani musicisti e cantanti.
Il bilancio dell’istituzione zoppica e per dargli un po’ di respiro si organizza ogni anno uno spettacolo in cui si esibiscono vecchie glorie del canto. Nell’anno raccontato, le cose vanno, da un punto di vita economico, particolarmente male e si spera di rimpinguare le casse facendo esibire un quartetto di cantanti lirici diventati mitici dopo un’esecuzione del quartetto del Rigoletto di Giuseppe Verdi, di cui ricorre proprio in quei giorni il bicentenario dalla nascita. Naturalmente prima di arrivare all’esecuzione ci saranno inciampi molto seri, legati all’antipatia che contrappone due membri del gruppo, ex – coniugi sebbene solo per una manciata di ore. E’ un film in cui l’interpretazione conta moltissimo e i maturi membri del gruppo - Maggie Smith, Tom Courtenay, Billy Connolly e Pauline Collins – tutte ex star del cinema britannico, offrono prestazioni da strappare l’applauso a schermo acceso. In poche parole un film delicato, che mescola abilmente umorismo e malinconia, realizzato in modo professionalmente straordinario.