Cinque anziani - due coppie e un single imperterrito che si scoprirà essere stato, in un lontano passato, l’amante delle sue donne - decidono di andare a vivere assieme in una bella villa alla periferia di Parigi. Naturalmente i problemi non sono pochi, ad iniziare da quelli di salute. Una delle donne è affetta da una malattia incurabile che le lascia pochi mesi di vita, suo marito è in preda all’Alzheimer e scivola progressivamente nella demenza. Nell’altra coppia, perennemente in tensione, la moglie vuole trasformare il giardino in piscina, contro la volontà del compagno. Lo scapolo attempato, fotografo di talento, frequenta regolarmente una prostituta e chiede al giovane studente tedesco di etnologia, ingaggiato per aiutare nel ménage familiare, di procurargli quel Viagra che il medico rifiuta di prescrivergli a causa delle condizioni del suo cuore.
Quella descritta dal giovane regista francese Stéphane Robelin in E se vivessimo tutti insieme? è un dolce percorso verso la fine della vita, un itinerario non privo di lievità e foriero di qualche sorriso, ma sostanzialmente melanconico. E’ un’operazione cui ha fornito un contributo determinante un manipolo di attrici e attori - Geraldine Chaplin, Jane Fonda, Claude Rich, Pierre Richard, Guy Bedos – di grande esperienza, disposti a mettersi in gioco non nascondendo rughe e corpi in disfacimento. Solo per questo il film va apprezzato come una sfida umanamente sublime al ricordo di una bellezza passata. Come spesso capita al migliore cinema francese la miscela fra malinconia e ironia approda a un risultato di ottimo livello. Un film che lascia l’amaro in bocca e la leggerezza nel cuore.