The Neon Demon (Il demonio al neon) del regista di origine danese, ma attivo negli Stati Uniti, Nicolas Winding Refn è un film ambiguo e sbagliato. Ambiguo perché volendo rappresentare la violenza e la ferocia che segnano il mondo della moda e, in particolare quello delle indossatrici, lo fa rincorrendo a stereotipi e immagini patinate di quello stesso mondo.
Sbagliato perché non sfiora neppure il cuore della ferocia che permea quell’ambiente. La storia raccontata è presto detta nonostante le numerose deviazioni e ripetizioni. Ingelosite dal successo rapidamente ottenuto da una nuova, giovanissima indossatrice arrivata a Los Angeles dalla Georgia, alcune veterane del campo si associano per ucciderla e arrivano a mangiarne il corpo. Tutto questo disteso in quasi due ore di proiezione in cui abbondano le immagini di sedute fotografiche e sfilate. Un discorso aggrovigliato in cui non mancano ripetizioni, incongruenze e dialoghi quanto meno improbabili. E’ un prodotto di difficile digestione, basato su una contraddizione in termini da cui il regista non riesce a districarsi e che ridimensiona notevolmente la fama passata di un autore che, in questo caso è risultato sgradito anche ad alcuni fra i suoi sostenitori più accaniti.