Dopo Basilicata coast to coast (2010) e Una piccola impresa meridionale (2013), Rocco Papaleo con Onda su onda si impegna in una commedia ben riuscita che riesce a fare sorridere per tutta la sua durata, anche se non mancano momenti drammatici che volutamente stemperano l’eccessiva gioiosità delle situazioni. La parte migliore del film è quella girata sulla nave in viaggio per Montevideo, dove il regista riesce a creare un microcosmo credibile fatto di umanità, desiderio di vivere, un po’ di noia per la lunga traversata.
I marinai che si trasformano in buoni musicisti, il cuoco che gioca a fare il cantante, il comandante frustrato perché non gli affidano un transatlantico e, infine, il passeggero che ripercorre trent’anni dopo la rotta verso Montevideo sperando di rinverdire il successo allora ottenuto come cantante. Il suo è un viaggio della speranza, sogna di ottenere gratificazioni mai avute in Italia, spera in un rilancio, crede di potere vivere la vita che il destino non gli ha dato fino ad allora. Dice di fare il produttore, di avere uno studio di registrazione ma nulla di questo è vero. Tutti imparano a volergli bene, tranne il cuoco imbarcato da anni e che non vuole mai sbarcare proprio perché la nave lo difende da una realtà che non ha il coraggio di affrontare, E’ rude, maleducato e arriva a chiudere il suo nemico nella cella frigorifera dove gli fa perdere la voce. A questo punto la sceneggiatura crea le cose più belle, col nuovo rapporto tra i due che diventano amici, complici in uno scambio di persone che permetterà al cantante di ottenere il suo cachet ed un po’ di gloria. Sono uomini che vivono esistenze senza gioia, che in quel momento capiscono di essere molto simili e insieme potrebbero sconfiggere il loro triste destino di perdenti. All’arrivo a Montevideo il film perde molto della sua magia, puntando troppo sui toni della commedia un po’ troppo scontata, con situazioni conflittuali tra i due uomini e la responsabile del concerto che sono fin troppo prevedibili e, a tratti, melliflue. Si ha la sensazione che l’attore e regista si sia reso conto di aver fatto un film privo di speranza e che cerchi di rimediare creando varie situazioni da happy end. Questo nonostante il finale possa essere letto anche in maniera drammatica. Di quanto accade in Uruguay è meglio non dire, per non privare lo spettatore di alcune azzeccate sorprese. I vari personaggi di terra, dalla regista dello spettacolo al presentatore, sono meno riusciti e rallentano il ritmo di un film che si riprende quando l’orchestrina che deve accompagnare il cantante è sostituita dagli Ammutinati del Bounty, un complesso formato dai membri dell’equipaggio. Il regista mostra una nuova vena narrativa, confermando di essere capace di raccontare qualsiasi storia. Oltreché attore sempre più bravo, si propone come cineasta non occasionale, un autore che potrà fare molto per il cinema italiano. Alessandro Gassman è quasi perfetto, dando una maschera malinconica e dura al suo cuoco, Massimiliano Gallo è il comandante ricco di umanità e umiliato da un sogno di difficile realizzazione. La trentenne argentina Luz Cipriota, nota attrice televisiva che negli ultimi anni si è avvicinata al cinema come dimostra il buon horror Naturaleza muerta (Natura Morta, 2014) e la mediocre commedia Socios por accidente 2 (Partner per caso 2, 2015), offre una prova professionale di rilievo dando vita in maniera credibile al personaggio al centro della storia.
