La scelta di una riunione familiare - pranzo, cena, matrimonio, cerimonia funebre – come sfondo di un film non è nuova ed è stata abbondantemente utilizzata. In genere si tratta di situazioni originariamente immaginate per il palcoscenico, per restare alle stagioni più recenti si va da I nostri ragazzi (2014) di Ivano De Matteo, desunta da Het Diner dell’olandese Herman Koch (1953), a Il nome del figlio (2015) di Francesca Archibugi, che ha alle spalle la commedia Le Prénom (Il nome, 2010) dei francesi Alexandre de La Patellière (1971) e Matthieu Delaporte (1971).
In questi casi il valore cinematografico è condizionato da sceneggiature con forti componenti teatrali. Appartiene alla stessa categoria Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese (1966) e questo nonostante nasca da unascrittura cinematografica autonoma e non da un copione teatrale. Due coppie e un amico, che si rivelerà omosessuale, si ritrovano per una cena nell’appartamento dei due più benestanti (le è una terapeuta, lui un chirurgo estetico), per cenare e guardare dalla terrazza della casa un’eclisse di luna. Per gioco decidono di mettere i telefonini sul tavolo e ascoltare, tutti insieme, in viva voce le comunicazioni e leggere gli SMS che arriveranno a ciascuno. Ovvio che, così facendo, si scoprano tradimenti, amanti (maschi e femmine) e segreti vari. Alla fine della serata, in cui si è sfiorata la rissa, tutto rientrerà nella normalità e i presunti amici preferiranno la strada dell’ordinaria ipocrisia a quella di affrontare le varie verità. Film come questo debbono buona parte della riuscita alla bravura degli interpreti che, in questo caso, sono tutti eccellenti con citazioni particolari per Giuseppe Battiston, Marco Giallini e Alba Rohrwacher. E’ un classico film da camera in cui dialoghi e interpretazioni hanno la meglio sui fatti, un testo realizzato con grande professionalità e ricco di notazioni sottili quanto importanti.
