Joy Mangano (1956) è un’inventrice e donna d’affari americana nota soprattutto per aver creato e messo in vendita il Miracle Mop (Moccio Miracolo), una scopa che termina in una matassa di fili di cotone dotata di un marchingegno che consente di strizzarla senza toccare la parte terminale e staccare quest’ultima per metterla in lavatrice.
Il regista David O. Russell ha dedicato a questa donna il film Joy che ripercorre difficoltà e inciampi che ha dovuto affrontare prima di arrivare al successo e alla ricchezza. Il racconto può essere diviso in due parti. La prima è dedicata alla vita familiare e agli ostacoli che la protagonista incontra sin dai primi momenti ad opera di una madre perennemente coricata a letto per vedere telefilm, un padre che ha divorziato da sua madre e che ora è stato compassionevolmente accolto in cantina, un ex – marito che divide la precaria abitazione con il suocero. Per tacere delle due figlie che lei deve allevare da sola, passando da un lavoro ad un altro, con i soldi che non bastano mai e la casa che va a pezzi. La seconda parte, decisamente più fiabesca e meno interessante della prima, focalizza le trappole e le difficoltà in cui la protagonista si imbatte prima di avere la piena padronanza della sua invenzione e riuscire a imporla sul mercato delle vendite televisive di cui ben presto diventerà una delle animatrici più apprezzate. Qui il tono da favola a lieto fine prende il sopravvento sulla descrizione di un mondo, quello dei piccoli inventori che devono misurarsi con le grandi aziende, che prometteva bene e che da qualche frutto, ma non tutti quelli che sarebbe stato logico aspettarsi. In questo modo il quadro di una donna di successo diventa progressivamente più dolciastro e si avvicina all’agiografia più smaccata mettendo da parte le zampate politiche e sociali promesse all’inizio.