Con Mia madre Nanni Moretti ha firmato il suo film più personale, non solo perché profondamente intriso di elementi autobiografici, sua madre morì mentre lui stava montando Habemus Papam (2011), ma perché interamente costruito intorno ad un paio di dicotomie: finzione e realtà, lavoro e sentimenti. Una regista decisamente nevrotica e insicura (una straordinaria Margherita Buy che incarna un evidente alter ego del regista) sta girando un film socialmente impegnato che ruota sullo scontro fra gli operai di una fabbrica da poco ceduta ad un investitore americano e il nuovo proprietario.
E’ un momento difficile della sua vita, quando ha appena abbandonato il compagno con cui viveva, ha un rapporto teso con la figlia che spesso abita con il padre da cui lei è separata e, soprattutto, mentre sua madre sta passando in ospedale le ultime settimane di vita (l’interpretazione di questa figura da parte dell’ottantenne Giulia Lazzarini va oltre ogni lode). Le è accanto il fratello (Nanni Moretti), un ingegnere che ha preso una lunga aspettativa e, poi, si è licenziato per stare accanto alla madre morente. Questo comportamento finisce per mettere la donna ulteriormente in crisi, facendola sentire ancor più sentimentalmente colpevole nei confronto della madre. Un ulteriore elemento di disturbo viene dalla nota star americana, interpretata da John Turturro, ingaggiato per la parte dell’investitore americano. Nel film è un attore sul viale del tramonto che racconta bugie sulla sua carriera, dimentica le battute e, s’intuisce, comprende ben poco dell'opera a cui sta partecipando. E’ un groviglio di insicurezze e lacerazioni che il regista utilizza per allineare vari momenti emotivamente forti, venati di autoironia (il regista è uno stronzo e voi gli date retta qualunque cosa dica, esplode Margherita Buy) anche se più contrapposti che fluidamente collegati gli uni agli altri. Piccolo difetto per un film potente e toccante, capace di suscitare alcune serie riflessioni sul rapporto fra la finzione e la realtà (il cinema sociale e il mondo reale) e sul difficile legame fra sentimenti e vita professionale.