Nel 1965, tre anni prima di essere assassinato, il pastore protestante e attivista dei diritti civili Martin Luther King (1929 – 1968), Premio Nobel per la pace 1965, organizzò una marcia pacifica a Selma, in Alabama, per reclamare il diritto al voto dei neri, presupposto per poter essere ammessi a far parte delle giurie dei tribunali. Sino a quel momento, infatti, l’iscrizione nelle liste elettorali era subordinata ad una esame da parte degli ufficiali comunali, prova originariamente destinata a verificare la capacità del candidato di saper leggere e scrivere, ma che, con il passare del tempo, era diventata una sorta di sbarramento insuperabile per la gente di colore.
Quella sfida pacifica e disarmata causò violenze da parte delle forze dell’ordine e degli attivisti segregazionisti con numerosi arresti che colpirono lo stesso King. La sceneggiatrice e regista afroamericana Ava Marie DuVernay (1972) ha rievocato quegli eventi in Selma - La strada per la libertà che ha il notevole pregio sia di ripercorrere il clima, anche politico di quegli anni, sia di collocare i protagonisti del conflitto in una luce tutt’altro che agiografica. Una prospettiva in cui lo stesso leader di colore diventa una figura umanissima piena di dubbi e incertezze, in conflitto non banale con le esigenze d’amore e vita familiare della moglie Coretta. Una approccio che coinvolge anche le altre figure storiche attive in quegli anni ad iniziare dal titubate Presidente Lyndon Baines Johnson (1908 – 1973) salito alla massima carica statunitense dopo l’assassinio di John F. Kennedy (22 novembre 1963) e perennemente in bilico fra ragioni morali e opportunità elettorali. Il film ha il robusto andamento di un pregevole testo biografico, nel miglior senso del termine, e offre, oltre che al ritratto di un grande personaggio, anche il senso del clima di un’epoca travagliata da forti contrasti alimentati anche dalla guerra del Viet Nam (1960 – 1975), iniziata da poco ma già foriera di lutti e ribellioni giovanili.